lunedì 30 novembre 2015

Luna in brodo di giuggiole


M 50&50


Quando ho saputo che saremmo andati a pranzo ad Alessandria, all’Osteria della luna in brodo, un bel locale in pieno centro storico, in zona pedonale, ho sperato di poter utilizzare il titolo “la luna in brodo di giuggiole” che ho voluto, comunque, dare a questo post.

Già nel 1612, nel Vocabolario degli Accademici della Crusca, troviamo quest’antica espressione di provenienza toscana, andare in brodo di giuggiole, che in senso figurato significa andare in sollucchero, uscire quasi di sé dalla contentezza, purtroppo, però, Domenica ventinove, non è stata proprio questa la mia sensazione, o per lo meno, non mi sembra giusto usarla per identificare tutto il percorso enogastronomico, forse, chiari di luna, avrebbe potuto essere più appropriato, ma non corretto fino in fondo, perché, in fondo, in questa Osteria ci sono stato bene, il fatto che abbia gradito più i piatti freddi, in apertura e quello di formaggi in chiusura, piuttosto che primi e secondi caldi che non mi hanno “scaldato” può essere un mio limite, il limite che in Piemonte rischia di essere una costante, partono bene, poi il calo fisiologico su primi e secondi e, a raddrizzare, i formaggi, in fondo si parte bene e bene si chiude, peggio sarebbe il contrario…

I formaggi, ben presentati e ben accompagnati, sono la soluzione ottimale per chiudere al meglio un degustazione ad euro venticinque che, oltre ad una barbera scaraffata, comprende svariati antipasti, un bis di primi piatti, un piatto di carne (o, meglio, uno di formaggi) ed un dolce.

La luna in brodo di giuggiole quindi, per accoglienza, servizio e disponibilità, per la gradevolezza degli ambienti colorati e ben illuminati, per la collocazione dei tavoli, ben distanziati e armoniosamente apparecchiati, per la carta dei vini dai prezzi accessibili, per le gradite bollicine in versione rosè e per la proposta degustazione ad un prezzo invitante e concorrenziale.

Il tutto esaurito nel locale è un’ulteriore conferma della validità dell’offerta che a mio parere si fonda su due pilastri imprescindibili di un’autentica trattoria piemontese, l’offerta degli antipasti freddi, arricchita da buoni salumi e da un buon cestino del pane e, soprattutto, da due carrelli dei formaggi, che, assieme a qualche buona bottiglia, valgono comunque il viaggio e danno un valido motivo per ritornare…e se il bonet sembra più un tortino al cioccolato che non entusiasma, per onestà intellettuale bisogna ricordarsi e ricordare a chi legge che per un buon cioccolato non si deve cercare di fare una spesa modica ma la spesa a Modica.

Il fatto che non sia stato necessario optare per una contrattura delle scelte in carta per potersi concedere qualche strappo allo regola in termini di scelte liquide siano esse bollicine, rossi o distillati è, di per sé, cosa buona e giusta, inusuale e gradita, torneremo, magari in pieno inverno, ordineremo un brodo, di giuggiole…e aspetteremo fiduciosi il tuffo della luna.

M 50&50


il salame del Giarolo

Culatello

Sant'Ilario

Peperoni e acciughe al verde

Tacchino farcito

Insalata russa

Agnolotti al ragù e rabaton mandrogni

Spaghetto ai carciofi

Un riassunto dai due carelli dei formaggi

Brasato

Millefoglie

Bonet


M50&50

2 commenti:

  1. ...è vero, anche a me, i primi piemontesi ( anche se onesti ..e quindi beati gli ultimi.. cioè i dolci) non entusiasmano, molto meglio gli antipasti e i formaggi ,che comunque valgono già la cifra ....Modica.
    Se poi il bonet è come dici, millevolte meglio il millefoglie....

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  2. Tranne contrattura e strappo hai colto tutto ;-)
    Comunque una bella pausa in un bel centro storico...

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