Ma perché i bambini urlano, piangono, ridono, gesticolano, corrono senza apparente motivo, lanciano gli oggetti e muovono gli arti nei modi più scomposti? Secondo me quell’anima che ha deciso di entrare in quel corpo sta facendo delle prove, sta verificando il funzionamento di quel macchinario complicatissimo. E poco per volta prenderà la necessaria confidenza per utilizzarlo come lo riterrà opportuno. Prima però dovrà verificare quali sono i limiti dello strumento; quindi: decibel al massimo, estensione alternata degli arti superiori al limite dello slogamento e salto con quelli inferiori fino al punto di crack da caduta, meglio ancora se dentro una pozzanghera, per vedere l’effetto che fa; capocciate per testare quando resiste il cranio e via così fino a quella che normalmente viene definita con infinita ironia involontaria “età della ragione” .
A 50 anni , oggi, sto rifacendo quel test per verificare se questo strumento complicatissimo continui a funzionare decentemente. Mobilità, elasticità, impianto idraulico, visceri capricciosi, vista , udito , tatto . Quest’ultimo da sempre carente in senso filosofico. Ci sono anche i capelli, tutti, e su questo dettaglio potrei infierire sui coetanei che decenni fa puntavano il dito più sul cambiamento di colore che sulla quantità di esseri viventi presenti sulla loro calotta cranica. Per come l’ho trattato devo dire che questo involucro e quello che c’è dentro non sono messi poi così male. Vizi e trasgressioni hanno fatto più bene che male. E’ evidente. Mentre è successo nei periodi dove i ritmi di lavoro sono stati più intensi che il meccanismo si sia inceppato più volte, facendo accendere la spia rossa di allerta: smettila, devi smetterla, guarda che non è il lavoro lo scopo di questa tua vita, lavorare non è cosa per te.
Lavorare , la contraddizione ; ma quanti mestieri ho cambiato ? Allora, se vogliamo contare solo quelli regolarmente retribuiti dovrei escludere il barman da discoteca, l’addetto stampa del Centro Sportivo Esercito e il maestro di tennis. Anche se eliminare il barman dal curriculum mi spiace, perché è appunto quel passaggio, all’età di 14 anni , che ha segnato il mio virtuoso rapporto con l’alcool, mai interrotto, salvo per una quarantina di giorni di venti anni fa, maledetta fu la vongolina cruda degna di una quarantena Tipo A . Minimo storico di alcool e minimo storico di peso, 52 chili: si, è debilitante e depressiva la carenza di alcool. Da quel quarantunesimo giorno una buona parte del cammino è stato in discesa, in dettaglio l’articolazione del gomito rispetto al bicchiere, e dunque spiace un po’ rinnegare il ruolo di barman, per altro certificato da un inutile documento depositato alla Camera di Commercio. Per il resto, parecchie cose a dire il vero : il baby giornalista su carta stampata (Olivetti lettera 22) e radio ( Sennheiser 1978) , il rappresentante, il piccolo industriale, il direttore commerciale, il sommelier, il consulente alberghiero, il maitre. Insomma, come mi disse un sindacalista, potrei essere uno spot involontario per il Ministro Brunetta.
Vivere una lunga parte della vita vicino alle montagne, e poi, al contrario, vicino al mare, porta a subire sbalzi mentali importanti, perché la montagna ferma l’orizzonte, il mare no, la montagna la puoi intendere protettiva quanto incombente, sul mare sei senza rete, a meno che decidi di fare il pescatore piuttosto che il Guardiano del Faro. Il velista no, non esageriamo con le provocazioni, sono dieci anni che mi prendo il vento in faccia da fermo, sugli scogli, ma non cambio posizione, è lui che dovrà finalmente cambiare direzione.
Il blogger è un mestiere ? Direi di no, di soldi non ne ho visti, però potrebbe essere un tramite per raggiungere altri obiettivi. Si, lo so, qui ricomincia il tormentone del libro. Si, perché lo scrittore potrebbe diventare un nuovo mestiere, sempre che non mi scoccio dopo il secondo o il terzo. Sempre che l’editore leggendo questo post non cambi idea. Ci dovremmo essere ormai, il socio nicchia ma conferma, questo libro umanistico è nato dall’essenza di quanto rimasto nella mente dopo venticinque anni di viaggi attraverso le migliori tavole e le migliori cantine di Francia. Molto vino è passato nei bicchieri, molte persone ho conosciuto, alcune ragazze mi hanno sopportato e poi abbandonato, altre invece mi hanno apprezzato . L’ultimo dito di vino rimasto in fondo al bicchiere e l’ultimo sguardo della persona che l’ha condiviso con me è raccontato sinceramente , al netto della piacevole o nefasta alterazione che l’alcool può portare, questo perché è nell’alterazione di quella che molti chiamano normalità che io riesco a sopravvivere. Quella variabile del 20% di modificazione della realtà, quella che si riflette in quello che scrivo. Spesso è il nostro punto di osservazione che ci impedisce la visione migliore. Bisogna metterci attenzione in quello che osserviamo, e purtroppo il filtro ottico di un bicchiere di acqua minerale non riesce a deformare abbastanza l’immagine da renderla a mio avviso sufficientemente affascinante quanto angosciante, come un quadro di Bacon. Ma fortunatamente piuttosto che nell’angoscia è più probabile che tutto sfoci in un clima grottesco e ilare, perché dietro ad ogni persona , anche la più torva, io ci vedo una sfaccettatura divertente nella sua personalità, che alla fine è quello che cerco, perché sto cercando il divertimento.
Oggi compio 50 anni e da questo momento ( ma in realtà la partenza lanciata è già avvenuta da parecchio) la mia priorità sarà il divertimento mentale, un gioco infinito di contraddizioni che devono andare a concludersi in una sonora risata. A volte rido da solo, come se le cose che dico e che scrivo le abbia scritte o dette un altro. La scrittura di quel libro è risultata per me spontanea quanto sorprendente; a volte rileggendo alcuni capitoli mi chiedo se non sono stato strumento di scrittura automatica, come se una guida mi avesse mosso le mani sulla tastiera indipendentemente dalle mie intenzioni. Faccio fatica a riconoscermi in molti passaggi, forse proprio quelli in cui la mente vorrebbe negare una verità, probabilmente proprio quelli più didattici , quelli noiosi, quelli da quinta elementare e terza media superate bene, nonostante il menefreghismo: ” il soggetto sarebbe bravissimo , però non si applica”, si signora maestra, esattamente, ma solo in quei passaggi importanti per chi vuole imparare la lezione a memoria e invece da me volutamente diluiti nel brodo umanistico.
Quello che trapela con una certa evidenza, l’aspetto prioritario per chi cerca conferme o sorprese su quali siano veramente i migliori 50 vini di Francia, questo lo troverà certamente in quel testo, ma non è questo il punto. Sicuramente ce ne sono altri che godono di ottima fama, ma quelli che sono entrati in quella sequenza sono solo quelli che mi hanno lasciato un segno indelebile nella mente, dovuti al carisma del vignaiolo, alla bella compagnia di una serata piuttosto che alla peggior notte passata con tre gin tonic a fianco della tastiera per scongiurare o stimolare la voglia di gettarmi dal faro.
Il rapporto controverso con l’universo femminile, l’amicizia con uomini veri, le tante delusioni nate dall’incontro con persone superficiali , distratte, o più ciniche e cattive di quanto faccio finta di sembrare . I mille rapporti personali esauriti velocemente e gettati nel cesso perché li ho ritenuti inutili, perché preferisco il futile all’inutile. Aneddoti e circostanze che al contrario hanno lasciato un tratto netto, una sottolineatura nel cervello. Il passaggio dal mondo “reale” a quello apparentemente virtuale, che sto pagando con questa mia permanenza ormai decennale sul web, scrivendo messaggi in una bottiglia per poi gettarli dalla torre del faro, i getti di luce nella notte alla ricerca di un riscontro, l’incontro giornaliero virtuale con quei nick name che non sai neppure se in realtà esistano realmente, e sotto sotto neppure mi interessa saperlo; ed infine il momento tragico in cui quel nick name si rivela essere veramente una persona, ma che non sarà mai comunque come l’immaginazione mentale l’aveva prefigurata, perché pretendo sempre tanto, ma se gli altri ti dicono sempre che sei già tanto come fai in conseguenza logica a non pretendere tanto? Il dubbio, il crollo delle certezze, le domande, le aspettative, il sollievo, le conferme.
Quando stappi una bottiglia di vino non sai mai cosa ci può essere veramente dentro, così come quando conosci una persona. E’ per questo che preferisco una bottiglia di vino ad una qualsiasi persona, perché se quella bottiglia non mi piace non mi servirà neppure elargire una menzogna subito svelata da uno sguardo inequivocabile, condizione imbarazzante con una persona, meglio la bottiglia , lei non pretende neppure che gli si rivolga una parola e io sono ben lieto di non farlo se non ne vale la pena. -gdf -