giovedì 27 settembre 2012

Go to Jerez


- del Guardiano del Faro -

Eccola! Quella che ti ha fatto impazzire a vent’anni, quella che avresti sposato subito, quella che gli eventi della vita te l’avevano fatta perdere di vista da almeno una dozzina d’anni anche se abita a cinque chilometri da te. Arriva in pareo dalla spiaggia e mi si para davanti con un bel sorriso in compagnia del ricco marito, sempre stata ambiziosa, non poteva accontentarsi. Rivista cinque minuti in uno dei posti e nelle condizioni più improbabili, l’albergo in ottobre era praticamente vuoto, eravamo li in quattro a bordo piscina in una condizione surreale. Un saluto, un abbraccio emozionante e poi mai più, di nuovo mai più, a oggi mai più vista. Altra proiezione mentale forzata fino a questo punto, ma va bene così, anche se con il groppo in gola mi sono levato anche questo fantasma dalla mente.

Si va avanti dunque, ci si evolve, si esce arricchiti dalle vecchie esperienze esaurite e si riparte, respiro lungo e profondo e si riparte, per esempio per Jerez, por la Costa però, via Gibraltar, Algeciras e Cadiz. Bastano pochi chilometri per cambiare clima, panorama e anche  l’architettura dominante si esaurisce nei pressi di Estepona. Lo stile “Marbellì”, sorta di fusion tra motivi architettonici arabi e andalusi lascia spazio a strutture più aderenti al panorama che si snoda tra il verde. Gli ultimi grandi club di golf che si appoggiano alla verdissima Sierra Bermeja sono gli ultimi simboli di uno sviluppo di turismo first class dall’accento inglese. Insegne fascinose come Sotogrande, San Roque e Valderrama  nascondono le ultime urbanizzazioni che godono di un clima umido e piovoso, vittime consapevoli dei capricci meteorologici creati dall’incontro del Mediterraneo con l’Oceano Atlantico, dalla vicinanza visuale di Europa e Africa, dal passaggio oltre le Colonne d’Ercole.

Il bellissimo golfo che unisce la Linea de la Concepcion ad Algeciras è compromesso da una edilizia che si è affrettata a fornire alloggio ai frontalieri che lavorano per gli inglesi di Gibilterra e a quelli impiegati nei distretti industriali della zona interna. Per chi non fosse interessato ad andare a farsi tirare i capelli dalle dispettosissime scimmie di Gibilterra è un sollievo trovare l’indicazione liberatoria, verso Tarifa, l’estremo sud della Spagna , con le sue spiagge selvagge, il suo vento tagliente e il profilo delle onde punteggiate dai colori dei costumi dei surfisti in azione.

Più giù di così non si può, è inevitabile risalire verso nord, nord ovest, in direzione Cadice. Prima però sarà il caso di fare una sosta in un qualche Hostal provvisto di cucina e di una cassetta di scampi freschi da aprire in due e cuocere velocemente  a la plancha. E insieme a questi meravigliosi crostacei pescati davanti a Sanlucar de Barrameda cominciare a prendere confidenza con un primo calice di Jerez Fino Manzanilla , what else?

A questo punto le strade si dividono, e gli appeal alternativi raggiungibili sono entrambi di altissimo rilievo, perché proseguendo lungo costa in mezzora si arriverebbe in Algarve, verso quel meraviglioso ristorante di Albufeira che si chiama Vila Joia, l’unico due stelle Michelin mai apparso sul suolo portoghese prima del 2011. Sarebbe un obiettivo assolutamente appagante, ma in mezzo c’è il Guadalquivir e il Parco nazionale di Donana a spingermi verso nord, quindi da Cadiz la direzione quasi obbligata sarà quella che indica la via verso Jerez de la Frontera.


La laguna salmastra bianca come  dopo una nevicata è il sottofondo monocromatico dove le basse vigne si inseriscono come scarabocchi su un foglio bianco. Il sole splende, l’aria è secca, il cabriolet aperto, il braccio appoggiato, in radio ci sono i Simply Red, è Jericho, sempre quella; é dal ’84 che da queste parti in radio passa Jericho, il programmatore è sicuramente un romantico. Le colline dolci e ampie si susseguono, i filari allineati rimettono ordine nel paesaggio e nei pensieri che rimandano la mente ai motivi storici, così particolari e unici, così come è questa zona e così come sono i vini che esprime: unici...



- gdf 2012 -

mercoledì 26 settembre 2012

Auguri Bryan

...Diretto da Funchal in aereo non si poteva, e non credo si possa normalmente fare, ma forse meglio così, meglio arrivarci diversamente a Malaga, gradatamente, le prime volte in macchina e poi finalmente in aereo, ma solo quando le autopiste tolsero, ahimè, il fascino alle carreteras. 

Tutta colpa di quel caro amico che conobbi nel 1982 mentre facevo finta di fare il servizio militare negli alpini a Courmayeur, e lui ancor più calato in quel ruolo palesemente fiction, molto più di me, con quel fare molto british, le sue giacche drop lungo di Simon Ackerman e le sue Church’s scamosciate.

In look diverso si andava a pescare trote in agosto in Val Veny, in macchina, risalendo la lunga e pianeggiante vallata affiancata dalla corrente tumultuosa della Dora di Veny. Per attenuare il baccano provocato dalle acque chiuse i finestrini e infilò una nuovissima cassetta nello stereo 8, a suo dire adeguata a quella condizione selvaggia, quasi scozzese. C’era un falcone sulla copertina, il leader - Brian Ferry - era il principe dei dandy. Erano i Roxy Music. L’atmosfera era perfetta per mandare lontano la mente.

Per far passare il tempo mi diceva delle sue prossime frequentazioni invernali, tra campi da golf e campi da tennis, ma non era Avalon, era l’Andalusia la sua terra promessa. Marbella era il suo obiettivo invernale, per il suo clima tiepido e l’aria secca che nelle belle giornate consentiva uno sguardo sui Monti dell’Atlante, in Marocco, direttamente dalla buca 18 del Golf Club dell’Hotel Los Monteros... - gdf -

 

martedì 25 settembre 2012

I dieci migliori vini italiani | Ten Best Italian Wine



 - del Guardiano del Faro -

Non era la prima volta che entravo al Relais Louis XIII. Ma di esperienza ne avevo pochina per potermi permettere di affrontare ad armi pari  un forbito dialogo nella lingua di Molière con quel formidabile sommelier che nella profonda cantina bunker difesa da sistemi di allarme collegati con la Gendarmerie custodiva preziosi flaconi che risalivano fino al 1789. C’erano anche dei quadri del medesimo periodo laggiù, e anche di un periodo successivo, quello degli impressionisti più famosi, quelli che non c’erano né al Louvre e neppure all’Orangerie.



Per contro, di cucina pensavo di capirne un po’ di più che di vini o di vera arte in quegli anni, e quindi che ci fosse in cucina Manuel Martinez con appuntate al petto due stelle Michelin o qualcun altro non mi dava particolare emozione. Ma evidentemente la mano di M&M non passò inosservata a Claude Terrail, e quindi M&M venne chiamato a suonare il piano a la Tour d’Argent per molti anni prima di rientrare nei fascinosi ambienti del numero 6 de Rue Grands Augustins.

Questo per dare un senso al discorso, che ovviamente vuole allacciarsi senza veli superflui alla manifestazione, all’evento, all’impresa teatrale che grazie al naso e ai palati più nobili d’Italia ha eletto i migliori 50 vini d’Italia, con un focus ben puntato sulla comunicazione internazionale, come dire: voi in Italia lo sapete, ma all’estero forse no, e allora ci pensiamo noi a dirglielo.

In quel momento l'italian wine-web ha avuto un sussulto, ho sentito tremare parecchie scrivanie, poi si è andati tutti a dormire e così non ci son stati pugni spari grida e botte, e anche grazie ad un buon sonno non gli ha sputato in un occhio quasi nessuno - in fondo ci saranno i link -  ma certamente la carta stampata magnificherà l'evento epocale fregandosene e sottovalutando la ribelle marea montante web.


Il sommelier del Relais Louis XIII, secondo me per lusingarmi e non per altro, mentre mi mostrava le meraviglie di cantina, mi invitò a fine giro a bere un calice di Cognac da bottiglia soffiata e con tanto di  fregio Napoleonico, originario probabilmente  da uve Ugni  Blanc, da noi chiamato Trebbiano.

Il suo scopo, in carenza di comunicazione affidabile se non quella cartacea, era di carpire ai clienti stranieri che si sedevano al tavolo le migliori informazioni possibili relative ai vini che venivano prodotti nei rispettivi paesi. Chiaro che con gli italiani si divertiva di più che con i belgi, gli olandesi o con gli inglesi, e che quindi li ascoltasse comunque tutti les italiens.

Il suo progetto? Perché ci vuole un idea, uno svolgimento, degli interpreti ed infine un obiettivo per mettere in piedi un progetto, possibilmente sensato. Il suo progetto, abbastanza avanti devo ammettere oggi, era di realizzare una carta dei vini dove ci dovessero entrare ( a Parigi ) dieci vini di ogni paese che facesse parte della Comunità Europea. Sto parlando del 1987. Quest’uomo aveva una mente telescopica.

E fu così che mi mise davanti al naso un bloc notes ed una penna e mi chiese quali, secondo me, fossero i migliori dieci vini italiani. Non specificò la tipologia, tanto per lui era uguale, lui voleva sapere solamente quali fossero le eccellenze secondo me. Poi se le sarebbe avvicinate lui con la sua lente focalizzante.

Siccome ho la mente abbastanza schematica, e sono pure ragioniere come aggravante, pensai addirittura a diversificare i dieci nomi per categorie. Ma quali potevano essere dieci vini italiani da mettere in carta a Parigi nel 1987?  Con quel poco che avevo messo insieme di esperienza azzardai una selezione di cui mi tenni copia, e che qualche anno fa riaffiorò dalla polvere di un cassetto.


Oggi  posso solo andare a memoria, ma sicuramente la bollicina era una: la Riserva del Fondatore Giulio Ferrari. Dei bianchi degni dell'Europa? Un bel problema, allora come oggi, ma andavano forte i friulani, forse perché gli alto atesini non erano molto interessati a farci scoprire le loro appuntite meraviglie, e  quindi sicuramente sarà stato  Jermann : Vintage Tunina. Rossi? Facile: Gaja, Conterno, Conterno, Giacosa, Sassicaia e Biondi Santi. Dolci?  Toscana, Vin Santo, forse già Avignonesi, e poi un Picolit, ma ora non ricordo qual’era il nome più gettonato, ed infine un vecchio Marsala.

Oggi per fortuna la scelta sarebbe molto più ampia, il clima si è riscaldato, il vino adesso lo fanno anche gli inglesi, tante cose insomma; farei veramente fatica a spiegare a quel sommelier che il miglior vino italiano nel 2012 è un bianco abruzzese.


- gdf 2012, il vostro cameriere on-line -

Non sono bravo a mettere i link nella elegante maniera con cui servo il Martini, quindi li potrete trovare comunque senza troppa fatica cercando da Ziliani, sul Gambero Rosso, su Intravino, su Scatti di Gusto, da Lucianone Pignataro e chissà dove ancora. Non ci sfugge niente a noi sul wine-web... Ma il Direttore, bruta logia vaca porca, il nostro palo, ma  dov'è ?

lunedì 24 settembre 2012

Bordighera | Magiargè


- del Guardiano del Faro -



Dieci, ma anche quindici anni fa, questa cittadina e i suoi dintorni rappresentavano la migliore soluzione per chi volesse passare un eccellente week end gourmand nello spicchio di Riviera dove maturano i datteri. Due stellati più altri tre o quattro nella direzione della frontiera – in meno di dieci chilometri - oltre ad una bella collana di piccoli indirizzi degni di figurare in quasi tutte le guide. Oggi? Zero stelle e quasi più nulla di analogo. Il bello deve ancora venire?  Aspettiamo Novembre, quando cadono le foglie morte.

La ritirata delle  grandi tavole ha lasciato spazio ancor più ampio ad una ristorazione che ha più probabilità di sopravvivere, quella che non fa sanguinare il portafogli.



Le guide, con le loro icone: chiocciola, bib gourmand, ruota della buona cucina e ogni altro simbolo che identifichi quella che in parole povere rappresenta la cucina regionale a buon rapporto qualità prezzo sono da lungo tempo concordi nell’identificare questo, anzi questa Magiargé ( andate a leggerne la storia ) nel locale che grazie ad una costanza nel tempo ha resistito a tutte le intemperie dell’ultimo decennio e che regge grazie a questa filosofia da 17/18 anni.




Cucina maggiorenne che qualche maligno definisce cucina furba, ma come ben sappiamo noi che andiamo per ristoranti con un occhio che deve sapere anche leggere oltre il piatto, questa è una cucina più intelligente che furba, perché abbigliata di territorialità, perché sceglie materie prime non troppo onerose, perché sceglie ricette facilmente eseguibili da chiunque regga in mano le padelle, perché non rinnega le vecchie e le nuove scelte ( o rinunce )  di cantina, perché sa far coincidere il calore e l’atmosfera da trattoria all’interno dei locali ma sa anche uscire allo scoperto durante le calde serate estive.




La prima volta che entrai qui rimasi stupito innanzitutto da una carta vini che appariva sovradimensionata rispetto alla proposta di cucina. Non solo sul versante italiano ma anche su quello francese, perché Mauro Benso ( il proprietario) è stato ben consigliato dallo chef de Cave del Grand Hotel di Paris, che gli aveva infilato in carta perle  rarissime in Italia, come Guffens Heynen o Denis Mortet, già tre lustri fa.




Ma qui la cantina va un po’ per conto suo, rarità e prezzi anche, perché la lista  è compilata su due colonne. Puoi scegliere la bottiglia e bertela al tavolo con due piattini adeguati, oppure te la porti via beneficiando di un discreto sconticino, che tenuto conto della collezione di vecchi millesimi potrebbe anche diventare un buon affare per chi non ha bevuto abbastanza a pranzo e vuole proseguire degnamente la giornata altrove.

Inoltre le specifiche che potete vedere nelle immagini relative danno informazioni non richieste ma molto utili a chi ha esigenze, abitudini, o fantasie che vanno oltre la semplice richiesta di una intera bottiglia di vino, sempre più difficile da vendere ai clienti "normali".




Ma adesso è il momento di prendere in mano una bottiglia d'olio per irrorare un buon brandacujun, un altrettanto ben riuscito cappon magro ed un dentice al forno con mirto e ratatouille.





















 - gdf 2012 Bordi -


In quel tempo al Maurone Benso stava cambiando la vita quando decise di aprire questa osteria, a me anche, tante intemperie in mezzo, era proprio quell'anno in cui si ascoltavano questi qui



sabato 22 settembre 2012

Bianco o Rosso?

- gdf 2012 -

Ma ti può venire fame se ti trovi ad Antrodoco? E tu dici, ma che ci facevi ad Antrodoco? Mah, va così, perché quando decidi di affidarti a tom-tom devi anche accettare che ti faccia passare da Antrodoco se stai andando verso l’Umbria. E pensi, meglio così, tanto oggi è saggio saltare il pranzo, così faccio media con la cena e il pranzo di ieri. Ma lo sappiamo come va a finire, verso le dodici viene un poco di fame, siamo fatti così, stiamo sempre ad ascoltare il nostro viscere dispettoso, ma ad Antrodoco pare non ci sia quasi nulla che inviti a fermarsi per una pausa pranzo. Non si pretende di trovare tavole degne di apparire sulle guide, che infatti non rilevano abitualmente la località, ma almeno una qualche osteria di camionisti dove mettere le gambe  sotto al tavolo per un’amatriciana. Amatrice non è molto distante, Rieti neppure, e neanche Rivodutri. Rivodutri, un pensiero per arrivare a La Trota, ma sono già le 12 e 30 quando la signorina tom-tom esclama: tra duecento metri svoltare a sinistra. 



Mi scusi signorina tom-tom, ma dove caspita si va girando alla prossima  a sinistra? Replica: svoltare subito a sinistra! E mo' son cz miei, perché - forse per risparmiarmi qualche chilometro - mi sbatte su per le rampe di un valico il cui nome ancor oggi mi rimane ignoto. A dire il vero salendo verso il valico con vista Terminillo qualche trattoria ci sarebbe anche, ma sono chiuse, tutte.

Tumefatto dalla discesa, coerente alla salita, si arriva dalle parti di un luogo che si chiama Gizzi quando sono ormai le 13.30, con lo stomaco vuoto e a pezzi. Non si capisce se stai in Umbria, nel Lazio o magari in Abruzzo. Il tempo cambia, confuso anch'esso dalla geografia, e butta giù un nubifragio che invoglia a rifugiarsi nel primo luogo che si incontrerà. Sapete come si dice in questi casi: adesso basta, nel primo posto che trovo aperto mi fermo!




Preferite mangià fori o venite di dentro?
Proviamo di fuori, poi caso mai continuasse a diluviare veniamo "di dentro"
La specialità della casa sono le grigliate di carne alla brace. Brace profumata di legna ( col clima autunnale... ) che invita a fidarsi dell'oste che spiega che metà dei piatti indicati in carta non sono disponibili in settimana. Però per le carni alla griglia nun c'è problema. Sono almeno una decina le carni da grigliare.

Accento particolare il suo, gli chiedo, ma dove siamo? In Lazio? In Umbria? In Abruzzo? 
Allunga un braccio in una direzione che lui vede chiaramente e aggiunge: Lazio! L'Umbria sta laggiù, laggiù in fondo, saranno almeno due chilometri.

Si può fare del pollo ruspante alla griglia?
Certo dottò, er pollo ieri stava ancora a cantà quaddietro! Un po' de vino? Bianco o rosso?
Mah, che dice, bianco?
Dottò, co'a carne ce vole er rosso.
E vada per il rosso.
Un po' de pecorino de quà? E i nostri carciofini casarecci? I crostini coi porcini de montagna? E quelli de carciofini no?

Che fai, gli dici di no? In dieci minuti riesce a mettere ogni cosa sul tavolo. In attesa del pollo che ieri stava ancora à cantà, poraccio. Però bono, propio bono er pollo. E molto buona anche la torta di ricotta e cioccolato appena fatta dalla mamma, che si rivela essere buona pasticcera oltre che valida serial-griller. Che ve lo dico a fare, siamo riusciti a spendere quasi cinquanta euro a testa anche qui, a Gizzi. Però, che pollo alla griglia!

venerdì 21 settembre 2012

Gemellaggio Castelbianco / Chorey les Beaune


- del Guardiano del Faro -


E’ un periodo dove le visioni francesi mi si accavallano su situazioni italiane, forse sarà il caso che ritorni a far un tour dalle mie  parti. La Borgogna chiama, e io rispondo. E’ la mente che lo chiede e che mi manda nitide visioni giornaliere e sogni  notturni con lepri che corrono tra le vigne di Meursault. Da queste parti invece non credo ci siamo molte lepri, sicuramente cinghiali e caprioli, questo si, e anche pollastre e conigli, ma lepri da rendere royale?

Castelbianco sta in una vallata prossima ad un'uscita dell’Autostrada dei Fuori, quella di Albenga per la precisione. L’Ermitage sta invece all’uscita di Beaune, la seconda salendo, quella per andare a Nuits St.Georges. Il relais di Castelbianco si chiama Osteria Scola mentre quello di Chorey les Beaune porta l'insegna de l’Ermitage de Corton. La differenza è sostanziale, e ancora più evidente lo sarà guardando gli edifici, però a me sembravano quasi uguali. Sarà grave?



Mai arrivato fin qui, mi sento colpevole di inefficienza territoriale, speriamo che Cremona ci passi sopra. Gabriele, l’atletico maitre proprietaire non fa nulla per farmi rientrare in  me. “Si, mi ricordo, il gdf  di Passione Gourmet, quel blog italiano di ristoranti francesi. Ecco, se è questo il messaggio che passava in quei tempi allora aveva ragione Bonilli quando scriveva che quel blog si occupava quasi solo di cucina francese, meglio ancora se borghese o contemporanea. Era colpa mia, lo ammetto. Umanistico si, ma anche francesista. Ma si può essere umanisti e avanguardisti? Forse si, qualcuno ci sta provando.



Ristorante di campagna su due piani, edificio singolo e isolato, ampio parcheggio, giardino, sala borghese, cucina di territorio e spunti marini con  particolare  attenzione alle presentazioni, cantina divertente, relax totale, sette camere di sopra, esattamente come all'Ermitage  Anche la cappella di porcino con foie gras caramellato sembra messo li apposta per rimandarmi lassù, pure il vino rosso dell’Etna borgogneggia pericolosamente, così come le note  tartufate mandate a chiudere la tartare de boeuf.



Di manzo, di manzo, però fuori ci sarebbe anche un pollaio che se lo vedesse Blanc dovrebbe pensare solo alla salsa, e la potrebbe fare con l’aglio di Vessalico. Pure una nage con il merluzzo? E anche il tortino di cioccolato coulant. Allora, gemelliamo?


Solo qualche piatto tra quelli provati, così, per lasciare spazio all'immaginazione


Fragranti grissini e ottima focaccia con farina Buratto del Mulino Marino di Cossano Belbo


Piccoli barbagiuai...


... e almeno altre sei tipologie di pane, buoni o molto buoni. Originale quello alla cipolla e Barbera...


Strutturato e intenso ( anche di colore ) Franciacorta rosè Barone Pizzini.


Ricotta di pecora brigasca con gelatina di moscato all'uvetta e prosciutto crudo

L'elogio al fiore di zucca e zucchino...praticamente un piatto unico e pure vegetariano al 100%


Fresco e piacevole Verdicchio Monte Schiavo


Cappella di porcino al forno con medaglione di foie gras caramellato


Merluzzo a la nage, con brunoise di verdure...


Tartare di manzo con crema di funghi e tartufo nero


Il siciliano che borgogneggia...


Il tortino di cioccolato colante con le composte di arancia e albicocca...



E l'abbinamento consigliato da Gabriele, questo come gli altri vini, proposti con competenza dal giovane patron.


E per chiudere un messaggio a Gabriele: senti un po' in cucina se hanno intenzione di cimentarsi in una vera lepre à la royale prossimamente, possibilmente classica. Novembre è a due pagine di calendario, e questo rito pagano andrà comunque consumato,insieme ad una scorta di vini che potrebbe di nuovo lasciare il segno.

http://www.scolarist.it/


-gdf Corton-

giovedì 20 settembre 2012

La dieta Grai


- del Guardiano del Faro -

Me l’ha ordinata il dottore. O per essere più precisi, il dottore indicò e il farmacista ordinò: YESS! The Pharmacist,  collaboratore di questo blog, che ci capisce anche di vino oltre che di pasticche dimagranti. E’ andata così ( più o meno )  dico al dottore: ma  perché anche se faccio dieci chilometri al giorno a piedi non mi si levano dai piedi e dal giro vita questi due chili? 

Dice lui: è perché se in mezzo ai dieci, ma fossero pure quindici i chilometri, ti bevi quattro Tennent’s come se fosse acqua ti sei già  mangiato due piatti di spaghetti camminando. Quattro Tennent’s  da 33 cl a nove gradi alcolici faranno più di 800 o 900 calorie. Hai voglia ad andare su e giù per le scale del faro, perché poi quando arrivi su hai di nuovo sete  e te ne berrai altre due con questo caldo.

Accidenti, sa delle Tennent’s!  Maledetti barman, tenessero la bocca chiusa. E incalza: guarda, se invece delle birre - perché se non sono Tennent’s saranno Ceres -  ti bevi un paio di prosecchi é meglio, è la birra che ti gonfia. Tu dirai, il dottore mi consiglia di bere vino? Si, perché ti voglio vedere a buttar giù un litro o un litro e mezzo di quel p****o di Prosecco. Più di due bicchieri non ce la fai a berli, e il secondo già con la bocca storta da urinoterapia.

Dottore, per cortesia, si limiti! Siamo on-line!

No, bevessi Corona, ma sicuramente ti fanno schifo quelle birrette; per uno come  te che vivi ancora negli ottanta Corona è The rhythm of the night.

Dei gin tonic delle cinque fa finta di non sapere, anche perché ne beve più di me. La chiudo così prima di prendere altri schiaffi e me ne vado in farmacia.

Non sono malato, ma  neanche Malatto, simpatico giornalista di Repubblica con l'hobby della gastronomia che ha pubblicato una divertente guida ai ristoranti della Liguria ( più di una buona metà riconducibili alle sue frequentazioni belinensi e dintorni a dire il vero) con tanto di valutazioni Himalayane ma che  non vanno o andranno oltre il Turchino e a tutte le mie possibili calorie da birra doppio malto; quindi penso di potercela fare a smaltirle, prima le sue e poi le mie, anche senza diuretici .

E così ho fatto un accordo con il mio farmacista. Dice che tutti i prodotti che dovrebbero accelerare il metabolismo fanno poco o nulla se insieme non ti metti a dieta, e allora tanto vale. E allora abbiamo ordinato 24 bottiglie di Giorgio Grai, la mia dieta mensile. 300 euro per 24 bottiglie del mitico Giorgio Grai. E allora no?

Dopo una settimana sto già meglio, il mio foro preferito della cintura mi guarda con meno disprezzo, forse stavolta li azzero questi maledetti due chili. Il metodo classico è delicato e fine come la seta, il sauvignon affilato e verticale, il pinot bianco elegante e complesso. Poi, quando rinfrescherà un po’ sarà il momento dei rossi. Rimane il problema della quantità, perché di un metodo classico così potrei anche farcela a berne un litro e mezzo al giorno.


-gdf 2012-