venerdì 31 maggio 2013

Riscoprire i Balzi Rossi - seconda parte -


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Il piatto qui sopra parla chiaro ed  è in grado di riassumere il concetto, almeno così mi pare. Sul lato cucina non c'è molto da riscoprire, nel senso che questo profumato e freschissimo trionfo di crostacei al vapore si rivela già visivamente, così come poi si esprimerà al palato. Piatto "ricco" ma leggero, fresco e materico, dove le verdure, le erbe, i crostacei e l'olio da Taggiasche si prendono tutto lo spazio necessario. Tra le altre alterazioni che mi ha portato la lunga permanenza al faro, c'è anche l'iper sensibilità alla freschezza del crostaceo, che già a 50 chilometri dal mare non mi da le stesse sensazioni. E non parlatemi di crudo: di iodio ne ho fin dentro le ossa.

Piatto costoso ma appagante assai, così come le varie proposte alla carta, mentre a menù le piacevoli sorprese non mancano: innanzitutto per il buon rapporto qualità prezzo. La similitudine di stile di cucina con altri due classici ristoranti liguri di Ponente (La Conchiglia di Arma di Taggia e il San Giorgio di Cervo), si ritrova nella proposta congiunta e presentata al tavolo dal piccolo pieghevole che indica in 70 euro il costo per un menù a base di crostacei di prima qualità, con una bottiglia di vino inclusa. A questo punto passerei a tavola, che è poi quello che a quasi tutti quelli che guardano i blog gastronomici interessa, quando invece, un'introduzione per capire il chi, il come, il dove, il quando e il perché, secondo me continua ad essere fondamentale per capire qualche cosa in più, ancor prima di sapere quanto è buono quel trionfo di crostacei!

Andiamo a vedere questo menu:

Pani, focaccine e grissini, tutto molto fresco e buono
Involucro vintage per i fragranti grissini...

Un calice di Franciacorta per accompagnare...



... gli stuzzicanti canapé al burro d'acciuga, di foie gras e soncino e al peperone e capperi...

Il gamberone di Sanremo appena gratinato su insalata di carciofo crudo

La panzanella di astice

La bottiglia in accompagnamento

Lo scampone al vapore su crema e punte di asparagi

Gli gnocchetti al ragù di gamberi e pomodoro fresco al basilico

Il cappon magro tiepido di pesce bianco e crostacei...

E adesso qualche alternativa alla carta:

La panzanella di gamberi, astice e scampi

Le lasagnette al pesto, gratinate.

Il baccalà con bottarga di tonno,fagioli di Pigna e vinaigrette di pomodori arrostiti

Il crumble di lamponi con granita al Campari...

Il classico e soffice parfait al Grand Marnier con gelato di cioccolato amaro al profumo d'arancia

La piccola pasticceria

Con un calice di straordinario Porto Tawny


Menù degustazione: 60/70 euro b.c.
Alla carta: 70/110

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giovedì 30 maggio 2013

Riscoprire i Balzi Rossi - prima parte -


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La terrazza dei Balzi Rossi, da Levante


Capitano tante cose nella vita di tutti. Sono cose "normali", la storia delle persone e dei loro cambiamenti all’interno di un mondo in cambiamento, ogni giorno, come il rinnovamento cellulare. Qualcuno arriva, qualcuno parte, qualcuno resta. Ogni tanto però credo sia bene fermarsi, guardarsi allo specchio ancor prima che intorno, per vedere come si sta con se stessi, ancor prima di come si sta al mondo, o come ti percepiscono gli altri all’interno dello stesso mondo. In tanti piccoli mondi che periodicamente si incontrano o si lasciano. E allora, fermi tutti per un istante.
 
Pina, Valentina e Rita: i Balzi Rossi al femminile. La foto è di Lorenza Vitali


Anzi, ferme tutte: click! Il momento è particolarmente bello perché queste tre donne hanno rappresentato, rappresentano e rappresenteranno i tre periodi attraverso i quali questo famosissimo locale ha vissuto la gloria e la decadenza, ma che ora ha ritrovato nuove energie per ricollocarsi ai piani alti della ristorazione italiana.
 
Ancora la terrazza, da Ponente

Bàussi Russi e cioè: Sassi Rossi
I Balzi Rossi è un ristorante che ha superato ampiamente il quarto di secolo di vita. La partenza fu prodigiosa, anche perché Giuseppina Beglia arrivava qui con due stelle Michelin appese al collo, che diventarono prudentemente una all’inizio, ma che tornarono due in breve tempo. Vado a memoria, rovistando nel mio data base cerebrale da Misclenologo, ma non mi viene in mente nessun’altra donna chef italiana che abbia ottenuto due volte due stelle Michelin in due locali diversi. L’altro era il “Gino” di Camporosso, non distante da qui, dalla frontiera Ponte San Ludovico, tra Ventimiglia e Menton.



Partenza bruciante, proseguita in maniera folgorante nella seconda parte dei ruggenti anni ’80, con la liretta che veniva periodicamente svalutata su quasi tutte le altre, Franco Francese incluso. Andavamo a dormire il venerdì sera con un cambio e ci svegliavamo tutti il lunedì con un 5-7% in meno in tasca. E allora,  perché non far piovere un metro dopo la frontiera tanto entusiasmo e tanto denaro buono dall'estero? Dalla Provenza, dalla Costa Azzurra, da Montecarlo; ma anche tedeschi e svizzeri affollarono con continuità questo gioiello della ristorazione italiana, spesso individuato tra i primi 10 o 20 nelle classifiche di quel periodo, sommando le valutazioni delle diverse guide. Difficile arrivare qui se non in auto, e quindi il piazzale ombreggiato dai pini marittimi, nonostante le gibbosità provocate dalle loro radici ribelli, è sempre stato uno dei meglio frequentati, in assoluto. Ma anche l'altro giorno qualche perla non mancava. Non è una Mercedes.

Un angolo del salotto


Pina, quando le guide iniziarono a giudicarla in maniera più tiepida, si era convinta che non era la sua cucina ad essere cambiata, ma era stato il punto di vista della critica ad essere cambiato. Un po’ di verità e di ragione, come sempre, sta da tutte e due la parti. In questi casi meglio fidarsi di quel vecchio proverbio francese che più o meno dice questo: bien faire et laisser dire. Ma, dico io, anche fermarsi un momento per guardarsi dentro non fa male a nessuno, e fatto ciò, cercando anche all’esterno le forze e l’entusiasmo per ripartire con rinnovate energie.

E questo sta accadendo, e sta accadendo tutto al femminile, perché il marito di Pina se ne è andato per sempre qualche anno fa, mentre il figlio se ne è andato dall’altra parte del mondo a reinventarsi un’altra vita. Le donne sono rimaste in casa. Tre generazioni in una foto: la tradizione e la continuazione della medesima; non un icona a trittico, ma tre belle donne che si sono tirate su, anche le maniche, e hanno lavato via e ripulito i Balzi Rossi da quella patina opaca che si era depositata implacabilmente su questo luogo.


E a ridare aria alla casa sono più brave le donne, si sa, e poi, vuoi mettere l’entusiasmo che può provare la nonna a insegnare e tramandare tutta la sua esperienza alla nipote? Questo sta accadendo qui, dove la luce del sole e il colore del mare torna ad entrare prepotentemente dalle finestre, dove la nonna è ringiovanita di vent’anni per tenere testa alla nipote, e dove la figlia, che è anche mamma, si è presa carico della sala, tornata luminosa e colorata dai suoi quadri. L’arte non fa mai male, aiuta a pensare e ad immaginare punti di vista diversi da quelli precostituiti.



Oggi è da avanguardisti tornare ai Balzi Rossi, è andare contro corrente, contro i preconcetti e le dicerie. So per certo che una buona parte delle ultime due generazioni di appassionati di cucina non conosce questo luogo, ed è un vero peccato. Veramente: vi perdete qualche cosa voi che state storcendo il naso mentre leggete e guardate questo che sembra un omaggio ai Balzi Rossi, perché il mondo è andato avanti; e anche qui è accaduto.


Lorenza Vitali soccombe di fronte al fascino della  Costa Azzurra




Balzi Rossi - fine prima parte - 

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mercoledì 29 maggio 2013

Chef italiani TRE stelle Michelin tra i disagi del web


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Per dire tutta la verità sotto una forma demenziale o surreale ci vogliono argomenti seri, di cui sappiamo esserne pregno il mondo del wine&food web. E siccome in questo periodo ho pubblicato quasi solamente post seriosi e oggettivi mi devo impegnare per starci dentro, per questo motivo e per quant'altro. Devo prendermi una pausa e andare a curiosare su Google per scoprire che cosa capita a mia insaputa. Accendo la luce del faro alla massima potenza e comincio ad andare a curiosare dentro le case degli altri.

Si, avrei avuto altre cose mie da pubblicare oggi, ma ogni tanto bisogna rimettere in ordine le cose sul web, perché, lo sapete, basta che una o più fonti “autorevoli” dicano o scrivano la stessa notizia e questa, come una pioggia fine ma persistente, ricadrà su molti siti minori che senza verifica ripeteranno -grazie alla raffinata tecnica del copia e incolla- la medesima notizia o non notizia che sia. E così, può succedere che la storia venga riscritta in maniera imprecisa proprio perché non verificata.

Poi ci sarebbero anche altre curiosità che mi ha fatto notare un'assidua e cara lettrice ma che resteranno invece senza una risposta soddisfacente, perché dal di fuori resta difficile capire il motivo per cui si chiuda una settimana intera la vetrina di un blog solo per cambiargli l'insegna, o fare altrettanto solamente per occultarne il contatore del gas dalla vista del pubblico. 

Un'altra amica mi ha pregato di non essere troppo "siderale" quando scrivo, mentre uno chef di grido mi ha confessato che sono l'ultima cosa che legge prima di andare a dormire. La dicotomia è palese: ginseng o camomilla?

Contatore di blogger a gas

Lontano dal tempo in cui si parla di guide, che sul web corre velocissimo, in una mattinata scarsa di novità e notizie mi sono messo a fare una ricerca strana senza fini polemici, ma solo perché la storia riscritta sul web può essere distorta proprio a causa di una frase reiterata quanto dubbia. In realtà la risposta la conoscevo già, ma la memoria può giocare brutti scherzi, e infatti la mia idea andava vicino alla realtà, ma non era centrata al 100%.

La pregevole storia degli chef italiani che hanno ricevuto il massimo onore sulla Guida Michelin parte male sul web, perché se io cercassi, per esempio : primo+chef+italiano+tre+stelle+Michelin (abbastanza preciso quindi), la prima risposta altrettanto precisa e pertinente arriverà addirittura da Il Sole 24ore che dice: Lo chef Bombana superstar a Hong Kong è il primo cuoco italiano ad avere ottenuto le tre stelle fuori dall'Italia.

Umberto Bombana da Hong Kong

Poco righe più sotto, più o meno la stessa frase mi esce anche da Gazzetta Gastronomica “…lui è Umberto Bombana, il primo cuoco italiano ad avere avuto le tre stelle Michelin fuori dall’Italia”.  Ora, è chiaro quanto l’attualità abbia potuto spostare l’attenzione digitale sul primo cuoco italiano all’estero ad ottenere la gratificazione e non su quello che le portò a casa nel proprio paese, che come ben sappiamo è stato Gualtiero Marchesi; ma neppure il primo cuoco italiano tre stelle Michelin all’estero è stato Bombana, a meno di annettere nuovamente Bressanone all'Impero Austro Ungarico o al Terzo Reich.

Nel 1949 il trattato Austria-Italia era già stato firmato da un pezzo, confermando l’appartenenza della provincia di Bolzano all’Italia. E così il 17 Luglio 1949 nacque a Bressanone il primo cuoco italiano che in seguito conseguì le fatidiche tre stelle Michelin. Il ragazzo fece anche abbastanza in fretta ad affermarsi, e non in condizioni favorevoli, perché andarsele a conquistare in Germania ed a soli 32 anni non deve essere stato assolutamente facile.

Nel 1981 a Monaco di Baviera, nel Ristorante Tantris, arrivarono quindi le tre stelle Michelin. Heinz Winkler, come molti sportivi italiani dal cognome di derivazione tedesca, fu dunque il primo a vincere la sua medaglia d’oro, in trasferta, come succede spesso ai Mondiali o alle Olimpiadi grazie ad atleti altoatesini. Venti volte la confermò, in due ristoranti diversi, perché dopo il glorioso Tantris di Monaco, anche al  Residenz Heinz Winkler ad Aschau in Chiemgau -che è in Baviera- le tre stelle furono a lungo confermate. A specchio: Heinz Beck a Roma e Heinz Winkler a Monaco. L'italiano nella capitale bavarese e il tedesco nella capitale italiana.

Heinz Winkler

Per non farsi mancare nulla, si prese anche la soddisfazione di attaccare nove volte alla parete l’attestato Gault Millau da 19/20 e per tre volte il massimo possibile: il 19,5/20. E adesso mettiamoci tag ed etichette, sperando che le indicizzazioni di Google restituiscano (non a me) ma ad Heinz Winkler, la sua giusta collocazione tra i grandi cuochi del secolo scorso, ma anche di questo, perché la sua ultima annata tristellata fu la 2007, quindi non molti anni fa, ma la memoria è breve, e Hong Kong dall’altra parte del Mondo, quando, per provare l’emozione, bastavano due orette oltre frontiera.

Sono solo dettagli, ma che mi fanno venire l’orticaria, come quando leggo e rileggo più volte di una fantomatica “Salsa Bernese”, o francesizzando in svizzero italiano, "Bernaise". Anche in quel caso, i lettori andrebbero rassicurati, perché la gloria locale, “ il o la Bernese DOC “ non è la salsa ma il cane, il Bovaro Bernese di quelle zone. La capitale svizzera non c’entra niente, si tratta solo di una deformazione italianizzata della salsa Béarnaise, dal Béarn, regione Pirenaica di cui era originario Enrico IV e a cui la salsa venne dedicata dallo Chef Collinet quasi due secoli fa. Per errore, così pare, come spesso è accaduto per altre salse, nate nella confusione di una cucina operosa. Questo è, o dovrebbe essere, salvo che ora qualcuno citi Winkler chiamandolo però Henry, e per deriva siderale arrivare al Fonzarelli sarebbe un attimo, riuscendo anche in questo caso ad italianizzare una lacuna: WoW!

Bovaro Bernese

Salsa Béarnaise




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martedì 28 maggio 2013

Meditaggiasca 2013 | La domenica del Convento


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Il clima sarebbe da dejeuner sur l'herbe, da Monet, ma Mauro Colagreco mi provoca subito con una botta di comunicazione che sposo, anche in nero. Il Convento ci sorride, la luce è con noi, e allora andiamo subito a pelare le patate e a disossare olive Taggiasche con Mauro.


Mauro, ci sono anche snocciolate...

Patate, patate, patate, e poi capperi, caffè, bottarga, limoni sotto sale e zucchero. Si viaggia con Mauro, è inevitabile farlo.


Hai visto come le taglia dopo averle sbucciate?

Il piatto è talmente terreno e terrestre che pensare  ai 3000 metri delle Ande Peruviane non ti fa neppure perdere il fiato, sembra quasi normale non essere presi dalle vertigini. Un olio di caffè per tirarsi su, come fosse un aceto balsamico tradizionale di cent'anni, invece è solo una goccia tirata fuori da una tonnellata di caffè...


Arrivano i piemontesi: Davide Palluda, Marc Lanteri e Andrea Ribaldone

Marc, il semplice, il minimale, il conventuale. Mette insieme il carciofo e l'asparago e spiega come fare una buona insalata tiepida di ortaggi. In Convento non si eccede.


Andrea Ribaldone: il televisivo impiatta a vista con l'aiuto di Alex.

Palluda come commis non è male

Ottimo e optical il baccalà con yogurt congelato, asparago; e poi, quello che ha combinato con le olive Taggiasche lo sa solo lui. Vodka sotto il tavolo per confonderci le idee. 

Palluda show: che comincia con lo spremere un gambero nel crumble del giorno.


Farcisce gli gnocchi di erbe amare e poi ci gioca intorno


E ci fa divertire con questo falso limone...




Eccola! Quei due della Credenza di San Maurizio Canavese se ne possono stare serenamente a dormire, o andarsene in giro per il mondo, tanto la Principessa è a casa a custodire il maniero. Si sono innamorati tutti, perché si è dichiarata timida, ma poi, a levargli il microfono siamo dovuti andare in due. 

Chiara: nitida

La crema di mais...


L'insolito orto..

E questo scatolino griffato, che vorrei vedessero tutti quelli che pensano di poter far comunicazione in maniera diversa da questa: una piccola grande cosa portata da Chiara Patracchini, quella che ti puoi portar via, quella che poi ti ricorda qualche cosa.

Dicevo: ecco Paolo Masieri, una rarità agli eventi. Il cuoco contadino.

Il carciofo alla Giudia con crudo di seppia marinata alle olive Taggiasche. Ineccepibile, come prevedibile da parte di un maestro del crudo di mare, e anche di terra.



E complimenti anche a Medoc, Medoc blanc, che ne è uscito vivo da un periodo difficile e ha deciso di intervenire per confortarci tutti.

gdf, il vostro cameriere on-line