lunedì 2 novembre 2015

Venticinquesimo


Marco 50&50



Pierino Penati : Viganò
Dovrebbe venire a fare qualche firma, mi dice.
Posso mandarle una mail, una scansione, qualcosa di più virtuale, le dico.
Spiacente, niente firma digitale, mi risponde.
Analogica potrebbe avere una sua logica, provo...
Dice che mi vuol vedere, di persona (oltretutto) non è granché, metto qualche firma, poi sento arrivare uno dei miei raptus, lo assecondo e in un secondo, comunico un altro IBAN, faccio qualche altra firma e chiudo il conto, svincolandomi.
Legami è un vocabolo che stringe e costringe, da preferirsi, quindi, accentato sulla e.
Realizzo di avere fame e tempo libero, un'accoppiata che mi consente di dirigere la prua a nord, oltre la coda perenne sulla tangenziale est, mentre a sud ovest segnalano un'allerta meteo la Brianza è colpita da una luminosità inconsueta, sulle colline di Monticello, un innamorato new romantic, indeciso tra il mistico e l'astronomo, marca il territorio di vernice rossa con la scritta: io re magio tu stella cometa, che mi mette di buon umore.


Arrivo prima del tocco a Viganò, scambio qualche fusa, non di rito, con lo chef con il nome da gatto che dimostra passione e capacità di osservazione, indicandomi tavolo e seduta nei quali ero stato accolto l'ultima volta, poi, felino, mi fa portare un piattino con un buon salame e un'introvabile mortadella di fegato, non trovo il coraggio per chiedere il bis e mi butto sulla "polenta da passeggio" ancora calda, non pago (pagherò alla fine una cifra "simbolica") in attesa del piatto forte assaggio qualche panino fragrante e un petto di tacchino al miele.



Il mio calice non viene mai lasciato vuoto dal sommelier, assistito in sala da altri tre collaboratori, il tutto sotto la supervisione di Pierino Penati che passa dai suoi ospiti per accertarsi che ogni piccola cosa vada nel verso giusto, "monitorando" al contempo il suo personale e informando, i clienti più interessati, circa prodotti, metodi di cottura e nuove preparazioni in vista e in lista.




Poi arrivano, l'osso, il buco, il midollo, la carne alta quattro centimetri, il risotto con lo zafferano iraniano, un altro calice di Refosco e altri due passaggi del Maitre con due assaggi di risotto a soddisfare pienamente.




Caffè e piccola pasticceria chiudono il mio pranzo del ventuno ottobre e, in attesa dell'ora legale, mi chiedo se sia legale proporre in un ristorante stellato un percorso di questo genere chiedendo in cambio  solo (omissis), non so se il mio pensiero sia condivisibile o meno, non posso darvi altro che la mia versione, se preferite quella di Barney, verrò a cercarvi in biblioteca, comunque la pensiate so di poter trovare venticinque buoni motivi per tornarci. 



Sono arrivato a ventiquattro quando la conversazione al tavolo accanto cambia improvvisamente d'intensità, il tono è leggermente più alto e discorsivo, lui, gesticolando, le dice qualcosa circa una ricciola con l'accento sulla prima i, drizzo le orecchie e la guardo, lei non è per niente male e non merita di certo il paragone, in pubblico, con un'altra, quando capisco che, splendida, è la ricciola accentata diversamente e gustata alla Madonnina del Pescatore, smetto di guardarla, ma quando mi alzo per andarmene lei mi lancia uno sguardo lungo un giorno e una notte e so di aver trovato il venticinquesimo...

M 50&50

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