domenica 22 novembre 2015

Il salto della quaglia




Nella foto in apertura, presa dal web, l’ingresso del Tri Basei in un giorno soleggiato, oggi la periferia milanese si mostra per quel che è ed è sempre stata a cavallo tra le due stagioni più fredde e umide e, ritrosa, si rifiuta di farsi ritrarre.

Marco 50&50


C'è posto per due viandanti ?
Dopo essere stato ben accolto e gentilmente fatto accomodare in uno storico, (come vedremo è il caso di dirlo) ristorante sulla Via Emilia, sento pronunciare le parole in apertura di post e capisco di essere arrivato nel posto giusto.

Per poter varcare la soglia, evitare la sogliola e chiedere all’oste un piatto unico, ma anche raro, una volta legato il cavallo, ho dovuto superare tre gradini, one, two, Tri Basei, (plurale del sostantivo maschile Basel, scalino) da sempre simbolo del locale che esiste da secoli tra le vecchie cascine di Rogoredo e San Giuliano Milanese.

Prima di iniziare il mio pranzo targato diciannove novembre duemilaquindici, scambio due parole col cordiale e disponibile titolare, il Signor Beppe, che mi racconta dell’esistenza di un vecchio passaggio sotterraneo che un tempo collegava l'Abbazia di Chiaravalle (distante in linea d'aria seicento metri) a questa trattoria che continua a tenere la barra ben salda e in linea con la tradizione meneghina.

La storia di questa località risale al VII-VIII secolo, in corrispondenza del IV miglio dell’antica strada romana da Milano a Lodivecchio, inizialmente venne eretta come oratorio, San Martino in strada, come sarà denominato per secoli.

La piccola chiesa di San Martino e la cascina che sorse di fronte ad essa sull’altro lato della Strada, sono nominate nel “Liber Notitiae Sanctorum Mediolani” di Goffredo da Bussero, scritto nel XIII Secolo.

Da qui passarano nomi illustri della storia d'Italia e d'Europa, la località è stata muta testimone di numerosi avvenimenti di rilievo, passaggio di eserciti, re, prelati e papi, diretti a Milano, come l’imperatore Federico Barbarossa nel 1160, come gli Svizzeri del cardinale Schinner che dalla città andavano incontro all’esercito del re di Francia Francesco I per esserne sconfitti a Melegnano nel 1515.

La località e la chiesa di San Martino sono state per secoli la tappa delle “barre” che trasportavano a Milano i prodotti agricoli della Bassa, grazie anche all’osteria ospitata nella cascina fino ai primi decenni del Novecento.

Nel 1755 San Martino con la sua osteria risulta affittata a Pietro Paolo Vigo, che contribuì con 150 lire alla costruzione del nuovo altare della chiesa di San Donato, poi nel 1765 arrivò la famiglia Limonta, che, in possesso di licenza per la vendita di frutta e ortaggi da vendere sul mercato milanese avrà notevole fortuna, quando il re Vittorio Emanuele III era in visita a Milano, lo chef del ristorante Savini inviava espressamente un uomo a cavallo ad acquistare l’acetosella di San Martino, con la quale avrebbe preparato una minestra di cui il sovrano era particolarmente ghiotto.

Oggi i nuovi osti, in qualche modo, possiamo dire, discendenti di chi nutrì il re, al quarto miglio della strada romana o al civico cinquantaquattro della Via Emilia, poco cambia, quotidianamente, a metà mattina, mettono on line le proposte salva euro per i viandanti affaticati & affamati pronti al pit stop per onorare la sacralità della pausa pranzo che saltando a piè pari la pennichella romana, conduce al lungo pomeriggio lavorativo molto milanese.

Il ristorante, chiuso la Domenica e Sabato a pranzo, oggi propone, tra le altre cose, una formula che, come vedremo dal conto, convince e, ce ne fosse bisogno, mi convince.

Acqua, calice di vino, caffè, coperto e un piatto unico superior ad un prezzo concorrenziale.

In carta, oltre al risotto con le quaglie testato & gustato, un’altra soluzione indipendente cielo-terra, l’ossobuco col risotto e poi busecca, cazzoeula, salumi & sottaceti, nervetti & cipolla, mondeghili, cervella di vitello dorata alla milanese, rustin negàa, cotoletta di vitello e qualche altro piatto ininfluente, perché qui il passante se esce dal binario potrebbe ritrovarsi sul passante che passa poco distante ma porta molto distante.

Sono soddisfatto & appagato, il piatto arriva al tavolo dopo la ventina di minuti canonici, il riso al dente, ben mantecato e bollente, gustose e saporite le quagliette.
Finisco il piatto fino all’ultimo chicco spolpando bene i volatili e lascio ad altri o ad altra occasione il salto della quaglia di minor soddisfazione…



M 50&50

5 commenti:

  1. ma che cos'è quella brodaglia????

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  2. È il sughetto Luigi di cottura delle quaglie, riservato ai viandanti del mezzodì, il fondo Bruno o comunque uno più ristretto credo sia disponibile dopo il tramonto o altrove ad altre cifre.

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  3. A proposito di segnalazione, Dario Guidi, del Magenes,
    sarà al Cooking for Art a Milano...

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