martedì 29 novembre 2011

Una domenica all'agriturismo

- del Guardiano del Faro -

Domenica mattina, questa è la spiaggia di xxmiglia, che quindi non c’entra niente con il concetto di agriturismo, e allora andiamo a cercarlo nel solito posto il concetto, nell’entroterra. La giornata è bellissima e frizzante come solo in questo periodo dell'anno può esserlo, e in riva al mare ancora di più, fin troppo a momenti, perché la brezza tesa è di quelle in grado di staccare il prosciutto dalle pizze. Meglio quindi andare a ripararsi in un ambiente caldo quando confortevole, anche se parecchio distante dall'archetipo di edificio rurale in paesaggio bucolico come comunemente è inteso un agriturismo da cartolina.

Notte complicata questa, sognavo di essere entrato al Bar Sport, dove conoscevo tutti, però li ho ritrovati tutti cambiati in una sola notte, erano tutti etero la sera prima di andare a dormire. Questa invece è l’Alba dal faro, l'avevo promesso ad Alba, ho messo la sveglia e voilà, non è che ci si possa fidare di un orsetto letargico come Teddy per essere sicuri di potersi alzare alle 7. Mettici anche l'incubo del repentino cambio d'insegna, da Bar Sport a Blue Oyster Bar e la sveglia è stata solo un sollievo. Bella la vista dal faro, ma adesso il proprietario - un parigino sessantanne - dice che se voglio continuare a usarlo come mi pare gli devo pagare un affitto, e son palanche: 800 euro + iva. Però, dai, ne vale decisamente la pena, guardiamo avanti, molto avanti, verso un orizzonte sempre più sgombro di nubi, perché nonostante tutto sono convinto che l'individualismo pagherà sempre, certamente più delle conversioni di massa ad una dottrina prima odiata e poi abbracciata. Più del calcio lo stile tennistico, per sintesi, ma adesso basta pensieri, c'è da affrontare questo morso di vita. E la giornata promette bene, il tempo di dar da mangiare ai gabbiani, far la polvere alla lampadina del faro, scendere ad asciugare la scogliera col phon, e poi via verso l'entroterra.

VG Nostradamus non credo, è giorno, lui arriva quando stanno per scendere le stelle, ma il mago Cremona l’aveva predetto, già nella scorsa edizione del suo copioso volume, esattamente a pagina 401, ma sul momento non avevo colpevolmente rivolto il giusto peso all’informazione. Sono lento, ma ci arrivo, anche all’agriturismo da 120 coperti in villa californiana, quasi tutti felicemente occupati in una domenica di fine novembre, dove il servizio e la cucina fanno pensare ad una felice deviazione dalla normalità, dove non c’è la crisi, dove il prezzo medio si aggira sui trenta euro e dove , quasi tutti – ho tenuto gli occhi ben aperti – mangiano alla carta, anche ai tavoli da dodici o da quindici.


120 coperti alla carta in villa californiana con piscina e cadre sorprendente, in mezzo a coltivazioni di non ho capito cosa, ma così è. Forse ci siamo abituati male, ma il servizio è molto sopra la qualità media della zona, e anche la cucina, che risente dei benefici effetti della vicinanza con il confine, esce in maniera convincente, ben centrata su sapori e sentori che rivelano un certo feeling con uno stile ducassiano semplificato solo nella forma ma non nell’intensità e nella concretezza. Lo chef ha avuto un ottimo maestro, che si chiama Mario Muratore, e con il quale ha condiviso quattro anni nelle cucine del Grand Hotel de Paris di Montecarlo. Qui di seguito una breve carrellata di immagini, per dare un idea di ristorazione che anche se di chiara vocazione banchettistica riesce a declinarsi in maniera efficace anche quando si tratta di ricevere un centinaio di persone che nello stesso giorno hanno tutte deciso individualmente di andare a pranzo nel medesimo locale. Che è diverso dal partecipare ad un matrimonio dove due persone hanno deciso per 120.






Alla trentina di euro necessari per affrontare l'intero menù, o qualche cosa di più pescando tre o quattro piatti a la carte bisognerà aggiungere anche 3 euro di coperto, però, tenuto conto dell'offerta di coppetta di spumante, dei gradevoli snack appena usciti dal forno, e della buona apparecchiatura si può anche chiudere un occhio sul consueto balzello all'italiana.


Anche perché oltre all'aperitivo liquido e gli snack solidi arriverà anche una cremosa zuppa di cereali e legumi all'olio nuovo che sistemeranno a dovere la temperatura dei visceri, rilassandoli e preparandoli adeguatamente al seguito.


Titolo: Esotismo Austriaco. Titolo originale: Osterreich Kamptal 07. Autore: Martin Arndofer. Interprete principale: Veltliner die Leidenschaft. Contenuto: Selektionierte Gruner Veltlinertrauben im Barrique ausgebaut. Location: Strass ( Austria ) . Ambientazione: banani , ananassi e anidride solforosa. Recensione sintetica: Katastrofen , Kaputt .


Uno dei diversi piccoli intrattenimenti compresi nell'antipasto misto dell'entroterra ligure, dove, oltre ai barbagiuai e altri "ripieni" di verdure - prebuggiun per esempio - in leggerissima sfoglia di pasta, non manca il peperone ripieno di patata, il brandacujun e la prima fresca insalata di carciofi crudi.

L'elegante "confezione" con cui si presenta in tavola l'acqua.


Finissimo risotto ai carciofi di nitida impronta ducassiana, si vede che il ragazzo in quattro anni di Grand Hotel de Paris non è stato a lucidare le B delle Bentley parcheggiate nella piazza del Casinò e neppure a legare i lacci degli stivali alle entreneuses del Buddha Bar.


Piacevolmente saturanti invece i maltagliati di pasta fresca con aglio, prezzemolo e pinoli. Il tutto legato da una doppia concentrazione di salsa di pomodoro ai pomodori secchi. Belìn che potenza! E serviti caldissimi dal tegame di rame. Obiettivo Canon appannato.


Carrè d'agnello gratinato alle erbe con carciofi saltati in padella di ferro. Si capisce che è stata usata una padella di ferro perché rilascia quel piacevole effetto BBQ, che unito al profumo dell'aglio rosa va a nozze con la golosa gratinatura, quasi una panatura alle erbe. La cottura non si vede, ma anche quel dettaglio per nulla secondario è rispettato. La carne è rosa uniforme.


Per vedere meglio l'indirizzo e il numero di telefono dovete allargare la foto con un altro click.
Sono quei trucchetti che noi blogger utilizziamo per conteggiare più pagine viste...


E tanti saluti dall'Agriturismo U'Cian



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lunedì 28 novembre 2011

Malinconie d'autunno e il "cibo di strada"

- del Sancio -

Ci sono alcuni piatti che vivono di vita propria nella nostra memoria, che attraverso gli anni, le stagioni, gli umori, mantengono tutto il loro fardello di ricordi. I Friscieu di baccalà per me sono uno di questi: si servivano nelle friggitorie di Sottoripa in un cartoccio di carta paglia, credo si chiami così adesso, molto economici e servivano a noi studenti a tempo perso per toglierci un po' di fame nelle scorribande nell'angiporto.
La scuola era occupata in quel '68, a fare la rivoluzione, e noi da quattordicenni di allora non ci capivamo molto, e allora dopo le prime manganellate ci dedicavamo ad altro; e a cosa si poteva pensare nell'adolescenza se non al sesso?

Purtroppo i soldi erano nulli e l'amore libero era ancora a divenire, così ci accontentavamo di guardare le professioniste sgranocchiando un cartoccio con i friscieu di baccalà. De Andrè diceva che c'è chi l'amore lo fa per gioia, chi per professione e chi per passione; ed è proprio vero. La schiavitù non era ancora arrivata e l'unica droga in giro erano le Gitanes papier mais. E così scherzavi con la Maria giovane quarantenne, penso, che viveva di vendita di sigarette e cinque minuti d'amore con ragazzini squattrinati e con pensionati in bolletta.
Nelle mattinate di calma lavorativa ci raccontava della sua gioventù, degli amori, dei suoi sogni, a noi che potevamo essere suoi figli, perché è difficile trovare chi sa ascoltare le storie dei caruggi dove il buon Dio non posa neanche i suoi raggi, dove la gente sta a sentire senza dare subito giudizi. Ah, dimenticavo, di friscieu ve ne era sempre uno per Maria o per Franzisca, prigioniera di un corpo non suo. In quei cartocci potevi trovarci di tutto: acciughe, panissa (ovvero farina di ceci) di provenienza araba, frittelle dolci, verdure o cose sconosciute arrivate da chissà dove... e che potevano tranquillamente tornarci.
E poi la farinata, pronta nel pomeriggio, calda, unta, croccante, con il suo fascino levantino, prolungamento temporale della focaccia del mattino.

La scuola? Ma quale scuola, è meglio questa, Perito Elettrotecnico lo sono diventato lo stesso, ma non ho mai trovato un libro più istruttivo di Maria.

- Sancio Panza -



domenica 27 novembre 2011

Non sono rosati per turisti

- di Hazel -


POP: abbr. Popular 'popolare' usata a partire dagli anni cinquanta per designare quelle tendenze (pop art, pop music) che adottano elementi estetici o simbolici studiati in modo da attirare un pubblico di massa.

Con questo non si sottintende che cio' che e' popolare debba essere per forza cretino. Ma nell'accezione data dai media della pop music ci finisce dentro di tutto e di più : nel grande calderone pop possiamo trovare Carole King come Ronan Keating, i Beatles come Tiziano Ferro, Elvis Costello o Cesare Cremonini che gira in vespetta. Insomma come concetto piace la raccolta differenziata ma vuoi mettere la comodità del bidone dei rifiuti misti.


Quando penso ai rosati li vedo pop. Nella mia concezione sono amici della tavola passando con
discrezione ma nessun imbarazzo da una portata all'altra.

Nel teorema in uso abitualmente:

Prendi dell'uva(acerba), trattala male,
fermentala a temperature bassissime,
tienila in piedi con un overdose di solfiti,
fallo come fosse un favore,
fa sentire che e' poco importante...


Gira voce che tale ricetta funzioni magnificamente per coppiette sintetiche in un (un) happy hour estivo a Forte dei Marmi. Per chi passa di qua in cerca di strade meno frequentate consiglio vivamente l'esordio del Gaglioppo rose' di 'A Vita,che dopo averci fatto (ri) scoprire il vero colore dell'uva gaglioppo nelle ottime versioni di Ciro' rosso,tanto per cambiare il disciplinare e' andato dalla parte opposta (sic), ora ci prova col lato piu' femminile . Al naso delicato di fragoline e fiori si contrappone una bocca più incisiva e di buona struttura. Il buon Francesco, per ora, non sbaglia un colpo.

Le Padovani sisters from Montalcino sono tipe toste e i loro rossi lo dimostrano:lunghe macerazioni,pochissima solforosa. Nel rosato esce fuori un'anima piu' gentile ma con grinta.
Lo producono da 5 anni circa e questo 2010 e' sicuramente uno tra i migliori... Macchia mediterranea e un impronta sapida quasi salina gia' dal naso, che si ripropone prepotentemente al palato, rendendolo un vino da bottiglia col buco !



Pop da aperitvo, ma di quelli giusti . Le ore felici a La Palud con gli amici armadilli.










sabato 26 novembre 2011

E le trippe?



- del Sancio -

…..E le trippe ? dove le lasciamo le trippe ? Piatto dei più poveri , praticamente sacrificato all’altare delle diete e del filetto bello magro, difficili da trovare visto che quelle che si trovano generalmente in commercio sono quelle modello “ fighetto “ fatte diventare belle bianche dagli ultimi ritrovati della scienza e della tecnica per non rovinare il senso estetico del piatto e togliere quella orrenda puzza . Giustissimo ma perché allora non vi mangiate un bel filettino all’ ormone verde ? invece di rompere los pelotas a quelli che cercano le trippe come devono essere ?dove trovarle dunque ? semplice basta andare da u trippàa , lui sì aveva le trippe come si deve , le cuoceva di persona e sceglieva le parti migliori , non solo le classiche . Purtroppo questi negozi non esistono quasi più , come si fa a pagare l’ affitto e tutti i lacci e laccetti vari solo con le trippe ?Se avete però la fortuna di avere il dono della fantasia provate a chiudere un attimo gli occhi e andiamo a cercare u trippàa . Torniamo indietro di qualche decina di anni potremmo trovarci sotto i portici di Sottoripa , per i non genovesi l’ angiporto .

Lì troviamo un campionario di varia umanità che altrove è difficile trovare ,vedete ci sono le “ bocca di rosa “ di turno , vendono una mezzora d’amore per pochi soldi , le più navigate arrotondano le ormai scarse entrate vendendo sul portone su di una cassetta pronta a sparire al primo allarme “ Sigarette , accendini , Malboro , Lucchi striche , Polmoll , preservativi “guardando con invidia le colleghe più giovani salir le scale . Sotto i portici ci passa il mondo , marittimi di ogni nazionalità e colore , bianchi , neri , a mezza botta , hanno divise di tutti i colori ma chissà come mai bocca rosa riesce sempre a riconoscerli in lontananza , saranno gli occhi allupati dopo mesi di astinenza solitaria o le bave che scendono dalle bocche davanti a tutto quel ben di dio , se poi i soldi sono pochi un pò di lavoro arriva anche per la venditrice di tabacco , ma dimenticavo u trippàa , annusa l’aria e tra l’odore di spezie , di fritto e di sudore senti la traccia della trippa bollita , seguiamola , viene da quella bottega là in fondo , la porta a vetri avrebbe bisogno di una sistemata e la maniglia non prende bene ma semmu sempre in tè speise ,apriamo e veniamo avvolti dall’odore di trippa bollita ,in fondo vedi c’è il banco di marmo con la bilancia modello Cecco Beppe che guarda caso sbaglia sempre in più ,la pila di papèe mattu e dietro U Trippàa con la giacchetta bianca con le medaglie di tanti anni di lavoro e il coltello sempre a portata di mano , dietro lui ci sono i ganci con appese tutte le parti migliori . Quella gente seduta da una parte che mangia nella scodella , vedi , sono i propronipoti degli antichi sbirri e mangiano il brodo di trippa con dentro una galletta e poco formaggio , riempie e scalda la pancia con poche palanche ed è anche buona . L’odore incomincia a essere gradevole e tra le nuvolette si fanno avanti le storie di antichi vapori , traversate atlantiche , mostri tra i ghiacci del Baltico , miracoli nelle tempeste , una vera ONU della sfiga . Come faranno a capirsi è un mistero è la zuppa che fa da collante. Non esistono comandanti o mozzi qua dentro tutti hanno pari dignità inschiallà , tovarisch , mai frend , bruttu ase , và tutto bene per scaldarsi. Purtroppo son solo ricordi di un mondo che abbiamo messo da parte troppo alla svelta ma nelle serate solitarie è bello sognare del Trippàa e del suo mondo perduto.

-Sancio Panza-





venerdì 25 novembre 2011

Pizza Margherita | Il peggio della settimana

- del Guardiano del Faro -

E’ stata una settimana di crisi gastro-intellettuale, mi è rimasta altresì dispersa la mia affezionata Sony compatta in uno stormo di tordi caduti a terra, ma poi ben cucinati a dire il vero. Le conseguenze relative alla confusione generata dal post evento non mi ha ancora consentito di recuperarla. Allora ho tirato fuori dai cimeli questa Canon Power Shot PG program, con poche speranze a dire il vero, tenuto conto degli effetti che provoca in mano ai posseduti dal fantasma di Helmut Newton; sul web ne troverete diversi che usano questa macchinetta e che dovrebbero farsi vedere da uno bravo, non dico un esorcista, ma almeno un fotografo professionista che gli sistemi una volta per tutte il settaggio di una macchinetta, che poverina, di suo non ha colpe, lasciarla stare così come la vendono potrebbe essere una soluzione alternativa quanto efficace. Quel clementino qui sopra non mi sembra così male. Non serve il cannone per abbattere i tordi.



Quindi è una settimana che vado avanti a botte di comfort food. Pizze surgelate, lasagne al forno e litri di Tennent’s. A fine settimana potrei fare un post comparativo sulla qualità delle pizze surgelate. Si, potrei - ne ho provate sei marche diverse - ma non voglio farlo, perché tanto non lo legge nessuno. Sono andato a rivedere le statistiche di questo blog per capire cos’è che tira di più. Non serve neanche che lo dica vero? Deprimente. Forse dovrei aprire una rubrica giovedì gnocca, se volessi spingere sull’audience, ma chi se ne frega di vedere schizzare il grafico, il progetto è un altro. Perché ci deve essere un progetto, se no a cosa serve un blog? A specchiarsi? Costa meno aggiungerne uno a soffitto sopra il letto se quello è il progetto, però attenzione perché le proporzioni potrebbero essere alterate e l’ego subirne.


Si, è lo stesso clementino, visto alla luce del mattino. Stamattina volevo partire per St.Tropez, a fine Novembre, si perché a fine Novembre a St.Tropez non ci sono aperti neanche i tabaccai, è il massimo del minimo possibile. E’ tutto chiuso, altamente depressivo, quello che cerco insomma, alzare ancora una volta l’asticella e poi riuscire a superarla, ma solo di misura, facendola vibrare il più a lungo possibile, ma senza farla cadere. In realtà a St.Tropez ci volevo andare anche per un altro motivo, per fare un pellegrinaggio propiziatorio, anch’io avrei bisogno di un esorcista, di più per ora non posso dire, ho imparato da subito, ancora minorenne, che bruciare le notizie è controproducente, serve solo a farsi belli per qualche minuto davanti ad un pubblico che farà ohhhh… che bravo, mentre altri, più influenti, esclameranno: ohhhh… che s*****o ! Poi, i primi dimenticheranno in fretta, i secondi no. E allora niente scoop, le notizie sono tali quando sono mature, servirle prematuramente ti lasciano in bocca il sapore di un caco acerbo. Che non è una cosa molto buona, vado a memoria, direi di no, ci ho provato una volta per vedere se certi modi di dire hanno un senso pratico. Ebbene si, un caco acerbo non è una cosa buona.

Dicevo, volevo partire per St.Tropez per fotografare i negozi chiusi, le serrande dei ristoranti abbassate, le bacheche degli hotel con scritto: riapertura prevista per il mese Aprile. Insomma questa roba qui, mai vista sul web, una recensione sui locali chiusi, questa si che è roba che spacca, pensavo, e poi in spiaggia, dove non c’è nessuno, sperando anche in una giornata grigia in questo mite autunno in Riviera. Fare le foto con questa nuova amica ( anche la pizza Cameo è by Canon) , cercando di capire come mai la nostra energia può cambiare anche il funzionamento degli strumenti che utilizziamo durante il giorno.

Perché qualche signora quando accende la caldaia del riscaldamento gli va automaticamente in blocco e a me no. Perché a qualcuno il tom tom lo manda in giro per baragge e garrigues mentre altri arrivano a destino rispettando il minuto secondo, perché a qualcuno gli si incastrano i biglietti dell’autostrada ed altri trovano addirittura la barra alzata e se ne vanno senza neanche preoccuparsi di prenderlo il biglietto, perché a qualcuno il bancomat rimane incastrato nella fessura ed altri trovano invece qualche banconota lasciata da quello che è passato. Perché mi hanno detto che questa piccola Canon era una ciofeca ed invece io mi ci sono avvicinato con garbo e discrezione e lei, per nulla invidiosa della Sony dispersa tra i tordi mi sta regalando immagini ugualmente belle che mi rasserenano una settimana di crisi esistenziale.

Dimenticavo, l’origano sulle pizze l’ho aggiunto io, sulle pizze Margherita surgelate non lo mettono. Ma perché non lo mettono? E neanche il basilico?

- gdf St. Tropez -

Incisivi, ma con fessura



J'adore

giovedì 24 novembre 2011

Speriamo bene...


Sarebbe triste perdere una voce così. In bocca al lupo!

martedì 22 novembre 2011

Vigneron Indipéndent in fiera a Cagnes Sur Mer

- gdf 2011 -

"Le logo Vigneron Indépendant est le signe d'une exigence, l'emblème d'une viticulture indépendante, riche de la diversité des terroirs, des climats, de savoir-faire, d'hommes et de femmes.

Pour le consommateur, le logo est le repère d'un vin de Vigneron Indépendant, « des vins et des personnalités authentiques »

Dans chaque région viticole française, nous cultivons la terre, nous élaborons notre vin et nous le commercialisons.

Pour marquer notre engagement et la qualité de notre travail, nous avons signé la charte du Vigneron Indépendant. Le Vigneron Indépendant :




• respecte son terroir,
• travaille sa vigne,
• récolte son raisin,
• vinifie et élève son vin,
• élabore son eau de vie,
• met en bouteille sa production dans sa cave,
• commercialise ses produits,
• se perfectionne dans le respect de la tradition,
• accueille, conseille la dégustation et prend plaisir à présenter le fruit de son travail et de sa culture. "

Erano in molti a rappresentare l'associazione - di cui riporto l'introduzione che appare sul loro sito - alla festosa manifestazione annuale che si svolge nella singolare cornice dell'Ippodromo di Cagnes sur Mer. Ventesima edizione per " Du Palais Gourmand" . Impossibile chiarirsi le idee dopo centinaia di assaggi, ma, a distanza di una settimana ho rimesso in ordine qualche immagine degli stand dei produttori che mi hanno particolarmente colpito per la qualità e la tipicità dei loro prodotti. Anche qui, come in ogni situazione, guai a generalizzare. C'è del buono e cattivo in ogni categoria. Quelli qui di seguito segnalati hanno portato in fiera dei vini buoni, e quindi mi va di evidenziarli con un immagine colta al volo ed un commento didascalico.

André Robert, Mesnil sur Oger. Una gamma di Champagne dal validissimo rapporto qualità prezzo. http://www.champagne-andre-robert.com/index1024.html

Molto buono questo Condrieu ( è un 2008 ) ma è distribuito solo ai privati e non ai ristoratori dalla società Trintignant di Chateauneuf du Pape. Forse non troppo indipéndent ma buono.

Mineralità è la parola chiave per scoprire i validissimi Savennières del Domaine Taillandier

Ottimo rapporto qualità prezzo e originalità anche nei vini di Savoia del Domaine Dupasquier

Ottimi, manco a dirlo, tutti i 2009, rossi e bianchi di Borgogna, anche al Domaine Maillard

Questo non è certo una sorpresa per gli addetti ai lavori, un riferimento per il Roussillon.

Anche questo lo conosciamo bene, in dettaglio meglio i rossi dei bianchi nelle annate 2008-2009

Tutte le declinazioni dei terroir di Sancerre per un altro campione di rapporto q/p: Domaine Fouassier. http://www.fouassier.fr/

Prezzi incredibilmente contenuti anche per questo onesto Champagne Salmon.

Una perla, il miglior aperitivo della giornata: Muscat sec Laurent Bannwarth

20° Salon du Palais Gourmand, Ippodromo di Cagnes sur Mer