domenica 31 luglio 2016

Il vitello tonnato, il tonno vitellato, il vitello vitellato e il tonno tonnato

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Causa nuova sindrome contemporanea (il gomito del selfista) non abbiamo immagini -per ora- di questo polittico sulla Via del Sale, di questa opera sacra, perché è ancora tutta da pensare e solo in seguito da dipingere olio su teglia. I riferimenti non mancano, ma l'asticella si può spostare verso l'alto, e di parecchio, guardando nel retrovisore stavolta, e non avanti, perché quelli che arrivarono troppo presto non trovarono nessuno ad attenderli al traguardo.



Il mito/mistero sul Cammino della Via del Sale è ancora tutto da svelare. Gli elementi sono quelli, le tecniche oggi sono altre, ma neppure troppo indispensabili a ben guardarsi le spalle. Potrebbe bastare un poco di sale senza zucca, troppo dolce. Diciamo buon gusto, tanto buon senso e poco aceto, studiando il perché le cose andarono in quel modo e, perché oggi potrebbero andare in un altro senso, prendendo un altro sentiero.



Quel transito, quella transumanza di culture, questa trasudanza di ingredienti contro la canicola, che potrebbero incrociare i loro destini nuovamente, conversando in maniera diversa, e forse farsi capire meglio nella lingua di oggi, più immediata, più diretta, più sintetica.



Pesce cotto e carne cruda dicevano gli antichi sabaudi. Ma erano quelli che andavano al mare d'inverno ed in montagna d'estate, quelli che erano avanti arrivando da dietro. Ci segua precedendoci direbbero le forze dell'ordine. Quindi che fare? Continuare a seguire i saggi o mettere la freccia e andare oltre?

Si può rimescolare il concetto senza fare confusione? trovando la chiave del mistero del piatto simbolo delle Via del Sale, che potrebbe essere il vitello tonnato, il tonno vitellato, il vitello vitellato o il tonno tonnato. O tutti e quattro, come un polittico. Questi sono solo spuntini, alcuni di grandi autori, che portano dritti al tema, che avendo quattro lati, chissà, potrebbe essere sviluppato a quattro mani.


Chi ci prova?

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sabato 30 luglio 2016

Il venerdì del Dj di sabato: Champagne Jacquesson Cuvée n° 730 Brut s.a.



Ormai con le cuvèe numerate dei fratelli Chiquet sono un habitué, anche per via dei tempi (lunghissimi) di sboccatura.

48 parti di Chardonnay, 20 di Pinot Meunier e 32 di Pinot Nero, con base vendemmia 2002 per il 60%, vins de réserve per la rimanenza, dosaggio 3,5 gr./lt e dégorgement nel terzo trimestre 2006.

Svetta per un finissimo perlage e tanta freschezza, praticamente intatta, nonostante tutti questi anni. Crema pasticcera, mista a note agrumate, anche confit, nocciola e sottobosco, sfumature di cipria e lavanda, costituiscono l’elegante trama olfattiva, impreziosita da una accurato, quanto incisivo, tratteggio minerale.

Grip da vendere, anche in bocca, effervescenza sottilissima, nonchè la riconferma dell’andamento olfattivo, con ulteriore consistenza dell’allestimento minerale.
Sorsi di qualità, la cui tensione gustativa è in dinamico e continuo sviluppo, ergo, da assaporare molto lentamente.

Verticalità mai arrendevole, persistenza significativa, con lunghi e radicati richiami di caffè e di sapida gessosità marina.

venerdì 29 luglio 2016

Rischia ... Rischia ...


del Guardiano del Faro

E' lì, a destra, regola non fondamentale se guidi fuori dagli schemi. Amava tanto il rally, incollato al volante quanto alla sua scrivania e, in maniera più distaccata, interessato al calcio. Due hobby che si poteva permettere, che si era guadagnato facendo l'industriale tessile di successo, guardando lontano, sempre avanti, sempre con un punto lontano all'orizzonte come riferimento, e non rivolgendosi mai agli specchietti retrovisori, neanche per parcheggiare. Poteva bastare un colpo di freno a mano per quello, per infilare una HF dove non ci sarebbe mai potuta entrare una Porsche.

Attaccato al roll bar di quell'anomala Lancia Beta due porte Blu Lancia ( praticamente una Stratos camuffata dal suo stesso preparatore storico ) non potevo capire cosa intendesse  il suo navigatore quando di tre quarti di sguardo e con uno di voce diede la nota al suo pilota : rischia ... rischia ...

Navigatore e pilota della domenica pomeriggio, nel giorno di riposo, con il muletto invece dell'auto da competizione, che poteva essere anche una Stratos, o un'altra, giocando senza frontiere, basta che andasse fortissimo, che ti incollasse al sedile e al tuo obiettivo, arrivare là in fondo prima degli altri.

Due così che ti portano in giro attaccato al roll bar? che vuoi di più a 17 anni? Vuoi far domande? Volevi la Stratos vera? Quella che corre di note e di notte? Non di domenica pomeriggio. Di dopo pranzo.

Guardavo, ascoltavo, imparavo, assorbivo dai maestri. Non avevo neppure la patente, ne' per guidare un auto così, ne' per scrivere su un giornale il giorno dopo ciò che vedevo il giorno stesso. 

Cominciai ad apprendere quelle due maniere di vivere in un solo pomeriggio, in una domenica d'autunno vissuta con gli occhi sbarrati, quelli che comunicarono velocemente al cervello che tra Biella e Varese bastavano  e avanzavano 50 minuti d'orologio, dallo stadio Lamarmora allo stadio Ossola, senza autostrade di mezzo: troppo facile e per nulla divertente.

Ah, si, quella Biellese  valeva la pena di essere rincorsa,  sul filo dell'Eco che andava oltre la regione e rischiò perfino una promozione nei professionisti veri, come loro, professionisti nella vita e negli hobby. Quell'Eco che mi consentì di esprimermi oltre Biella.

A Cossato un incrocio. Bielle e pistoni ribelli. Cambio fuori giri. C'erano macchine. Un semaforo non proprio verde, ma si faceva tardi. Rischia, rischia, disse quasi sbadigliando il navigatore, leggendo non le note ma alzando un solo occhio sopra il giornale, il quotidiano che aveva per le mani dopo il caffè.

Non so ancora come ne uscimmo in un lampo da quell'incrocio lasciandoci alle spalle automobilisti attoniti. Eravamo già oltre, eravamo dentro una scorciatoia inaffrontabile per le persone normali, non l'avevo percorsa mai neppure con una moto.

Roby, mi disse Franco senza staccare il piede dal fondo della macchina, non spaventarti, stai calmo, i pazzi sembriamo noi ma sono gli altri, tu non guardare mai la macchina degli altri, tu tira dritto; perché se guardi la macchina che stai sorpassando non farai altro che andare nella sua direzione, e infine la colpirai invece di superarla.  Guarda oltre ragazzo. Se tu impari a guidare e guardare nella tua direzione andrai dove vorrai, e non dove ti vorrebbero portare gli altri. Maestro. Franco. Ok, non andrò a fare l'impiegato fidanzato in Banca.

Non importa frequentarli troppo i maestri, anzi meglio poco, così il segno resta meglio inciso.  Il navigatore, pure lui, che con una telefonata in una notte di pre Rally nella tipografia dove stava per andare in onda il giornale battuto con il piombo caldo mi fece capire che la notizia non va bruciata come la benzina, ma gestita.

Mi tengo ancora un record assolutamente personale, un 110 minuti per un Biella-Montecarlo in solitario, che non si facesse male nessuno. Su una Golf GTI con il maquillage, però in autostrada. Troppo facile così.

Ancora oggi, quando supero un TIR in autostrada, meglio se in curva, mi rendo conto che nel momento in cui l'occhio tende a guardare il camion, il volante piega in quella direzione, pericolosamente, avvicinandomi troppo a ciò che non voglio. E lì ritorna Franco, con quell'insegnamento che sembra banale, ma che per me è sempre stato fondamentale. Quando vai in difficoltà, scala una marcia e accelera, accelera e guarda dritto, laggiù in fondo, con il piede ben calcato fino in fondo.

Immagine d'apertura da La Stampa


gdf

giovedì 28 luglio 2016

Le ali, per volare



Marco 50&50




Tra i diversi stuzzichini che accompagnano l’aperitivo offerto e servito su un tavolo elegantemente apparecchiato, spicca una notevole finta pizza con crema di pane, pomodoro, mozzarella e basilico, che apre la strada all’antipasto di pesce, un’insalatina di razza con asparagi e salsa di soia, ingentilita dalla presentazione che ha fatto uso del coppapasta.



Buoni e saporiti i casalinghi (che è una bella parola) primi di pesce preparati con pasta fatta in casa la cui callosità invita alla masticazione, scialatielli con ricciola, broccoletti e peperoncino e strozzapreti al ragù di mare con scaglie di pecorino a contrastare la dolcezza del sugo di pesce e a completare il piatto, il pecorino ha un suo perché, non pensavo ma invece...




Tre gusti diversi e tre diverse consistenze e preparazioni per i secondi piatti di pesce proposti da Cristian Iannone, halibut leggermente affumicato maison con misticanza e mosto cotto, ho gradito, molto, l’halibut, pur non essendo un esquimese…



bocconcini di rombo con curcuma e zucchine, pesce bianco, spezie, verdure, la quadratura del bocconcino, l’avrei apprezzato appieno se la salsa fosse stata un po’ più addensata…




un bel trancio di rombo in crosta di pomodoro e polvere di olive con piattoni alla menta, preparazione basica che molti cuochi, forse pensando che basico corrisponda a banale, non propongono più per avventurarsi in sentieri pericolosi che fanno perdere al pesce la via del mare e la pazienza al cliente.



Un assaggio di maiale con le mele mi ricorda che c’è un senso nascosto ma non introvabile nelle cose, insieme ai pensieri arrivano tre preparazioni dolci (Tiramisù - Ananas confit, cremoso di cocco, cioccolato bianco e crumble di farro – Crostatina alla melissa, crema di mandorle, caffè e banana caramellata) che non lasciano spazio ad alcuna nota acida che andrà cercata nella bella composizione di frutta e frutti rossi in versione nature, quindi vietata ai minori e non pubblicabile.




Friandises, come sempre di alto livello, e digestivo maison chiudono il pranzo della Domenica ma non il post…


…che prende un’altra direzione e, come i pensieri, corre alla mitica Locanda del Gambero Rosso di San Piero in Bagno, avamposto nel Tosco-Emiliano, quando c’era ancora la nonna di Michela, il babbo tornava a casa con le erbe per completare i piatti e Giuliana Saragoni aveva pochi rivali in Italia tra le Trattorie con la T maiuscola, maiuscola come l’accoglienza che veniva riservata a viandanti e pellegrini.

Lì, anni fa, prima che quella splendida famiglia lasciasse quel piccolo grande contesto per dedicarsi ad un progetto più ampio, articolato e di lungo respiro, ho assaggiato un altro maiale con le mele insieme ad altre decine di piatti di tradizione e territorio, e che territorio… quando soggiornavo (chissà perché si dice soggiornare anche quando la sosta è notturna) qualche giorno da loro in prossimità del Passo dei Mandrioli, insieme ai boschi, alle Terme, ai Laghi, a Badia Prataglia e alle Foreste Casentinesi, insieme ai piatti di Giuliana, mi rimanevano nel cuore la passione e le attenzione di chi lavora col sorriso e non lavora e sorride di convenienza.

Mi rivolgo a Giulia, non credo di sbagliarmi, assodata l’importanza strategica del personale di sala, andiamo oltre, in te ho rivisto quella passione e quel sorriso essenziali per lavorare bene e vivere meglio, sei precisa, garbata, preparata, competente e sorridente, credo tu possa togliere il freno a mano e lasciarti guidare da quel che senti dentro, puoi osare ed avvicinarti ancora un po’ al cliente, sii intraprendente, senza timore di risultare invadente, non lo sei per natura, che ti ha dato le ali per volare…

La mattina, a colazione, Giuliana mi faceva assaggiare la marmellata appena preparata con i fiori di sambuco, Michela, la figlia, a cena, arrivava al mio tavolo col “tuo” sorriso e un assaggio di raviggiolo freschissimo…



M 50&50

mercoledì 27 luglio 2016

La doccia di rame


gdf


Terremoto avvertito 3.4 al largo dei Balzi Rossi. Allarme attacco terrorista al mercato di Menton. Allarme bomba in centro a Ventimiglia. Belìn, ma in che 25 luglio ci siamo calati? Il giorno della Liberazione sembra rimandare a nuovi nemici. Calma, era solo il nostro anniversario.


Ci difendiamo a colpi di sbadigli, assopiti dalla nuova normalità,  e con fazzoletti intrisi di sudore per la grande umidità, calati dentro i giardini Hanbury, dove non ci verranno ne' a prendere ma neppure a cercare, in ex territorio di extracomunitari, territorio ora in possesso della regione Liguria. Una garanzia.

Parco Regionale inseguito lungo le stagioni da volenterosi universitari di stanza a Genova con dependance dalle parti di questi 18 ettari collocati a precipizio nella sonnolenta frazione Mortola.


Lo fanno come possono, con i sotto fondi che ci sono a disposizione, come si può fare a distanza, irrigando con la gomma anni '60 e  comunicando notizie che non li riguarda via smartphone 2016, augurandosi inutilmente che arrivi pure una bomba, d'acqua.

Fa caldo, almeno una doccia la voglio. Niente Balzi, pas de Menton, niente XXmiles, niente Bordighera, siamo in guerra come in un film di Salvatores. Siamo qui, strategicamente piazzati, tra due fuochi nemici e parecchi cuochi amici, con qualche dubbio sulla direzione da prendere, una decisione, una decisione.  Le peggiori le ho prese da sobrio. Tenere una FAXE Ten la mattina in frigo aiuta a limitare i danni durante la giornata.

Niente, alla fine non succede niente. L'allarme, quando è falso, ieri come oggi mi inquieta più di quando è vero. L'accaduto lo puoi analizzare, ci puoi ragionare sopra. Sulle previsioni del tempo non ti puoi accanire prima.

Non sono combattivo, se non mi provocano no. L'ho già fatto il militare, e ho pure sconfitto a distanza i Sovietici, a salve. Salve! Quanti e quante ne incontro qui oggi. Non lo salverò io il mondo, e neppure questo parco. Il leone si sa adeguare a parecchi climi.

Fanculo Mondo, poteva andar peggio, ma il Tibet è ancora troppo lontano

Come il Leone, se non provocato, me ne starei qui, sotto un albero ad aspettare che la leonessa mi porti conforto, anche un panino a questo punto, senza cercarmi rognoni.

Mi perdonino gli universitari, non ne so di botanica, ma detto da leone non africano, qui il palato si fa asciutto, anche il dragon fly soffre. Tracce di savanizzazione se ne avvertono non poche quaggiù, dove il clima scotta, nella parte più bassa dei Giardini. 

Troppo vasto l'Hanbury per arrivare dappertutto, tanti pensieri, tanta sete e un minimo di appetito. Di fronte all'orologio che annuncia una certa ora la prudenza si scansa per questioni prioritarie di pansa.





E mo' questo post dove va? E' cibo da armadillo o da food designer? Le due situazioni mi si incrociano sempre più spesso. Rara invece è la possibilità di pranzare all'aperto sotto una doccia di rame portatile. Sei in giardino, sei in terrazza, non importa, la doccia di rame arriva in tuo soccorso sotto la canicola.

Tiri il tubo, glielo colleghi et voilà! La doccia è pronta, bella fresca. Il regolatore di flusso e il diffusore ti darà la voluta intensità di acqua fresca. Più snob sarebbe far fare la parte del tavolino al mio amico Traccia, pezzo disegnato dall'architetto Oppenheim nel 1936 e che mi fa compagnia da almeno 22 anni, ma con un altro ruolo: il comodino.


Da Fabrizio Bruno, esplosivo conoscitore di cibo e design questo e altro, perché qui al Casa e Bottega di Dolceacqua il ristorante è sempre in movimento, sempre in evoluzione. I pezzi più originali di design o food design si comprano e si vendono insieme ad un formidabile spaghetto all'aglio e vongole o ad una monumentale verticale di tagliata di fassone con patate alla piastra.

La doccia di rame: se non ti va l'acqua, puoi sempre collegarla ad una damigiana di Rossese di Dolceacqua.

Il mio comodino da leone : Traccia, in foglia d'oro: Oppenheim 1936
Prodotto da Cassina negli anni '80 e '90

Coup de coeur! 28 euro al tavolo. Da provare


Culaccia 28 mesi, oggi i numeri sono coerenti

Zuppa di grano pestato con fonduta di porri e salsiccia, con 28 gradi in piazza: Fabrizio è uscito a guardare chi poteva esserci al tavolo; Fabri, giù potrebbe far più caldo oggi

Spaghetti alle vongole conviviali, presentato in tegame, che è già qualche cosa di diverso ... si, ma, sarà possibile cambiare finalmente contenuto e contenitore per lo spaghetto numero 5? Possiamo uscire dalla logica del piatto fondo e dello spaghetto arrotolato nel mestolo e presentato a torre? Questo è già un esempio -basico- ma su cui riflettere comunque.

Verticale di tagliata di fassone -con patate- della macelleria Oberto 

The lion sleep parecchio stanotte


gdf Hanbury


martedì 26 luglio 2016

Cartoline dal Bar Occo



Marco 50&50


Noto, la Cattedrale


Noto, particolare di uno dei famosi balconi di Palazzo Nicolaci

Caro Duca, come ti è Noto, il Bar Occo merita, in realtà sono seduto all’aperto al Caffè Sicilia, in totale Assenza di ventilazione ma, come vedrai, troverò modo e maniera di superare indenne le temperature africane di questi pomeriggi lunghi e azzurri.
I balconi di Palazzo Nicolaci, la Porta Reale, l’Eremo di San Corrado, il Santuario della Madonna della Scala, i palazzi nobiliari, la Cattedrale e l’enorme spazio antistante sono luoghi fuori dal Comune…


Noto, il Comune di fronte alla Cattedrale

…sulla scalinata siciliani e turisti condividono i posti a sedere, aliti tiepidi distribuiscono parole dall’ora dell’aperitivo fino a notte fonda, non sono parole al vento ma nel vento che, per quanto caldo, consente di sopravvivere, ho davanti a me, ancora per poco, un tris di granite che, oggi, secondo la mia personale scala di valori, supera un poker di donne…limone, amarena dei monti iblei e caffè, l’altra coppetta contiene “un po’ di panna per la caffè”, come dicono qui…


Le splendide granite di Corrado Assenza, quella all’albicocca, tra le migliori mai provate e non fotografate

…al Caffè Sicilia, dove sia le granite che le cassatine e i cannoli  sono, come mi avevi detto, davvero degne di Noto, così come l’arancino di Piero, il più buon arancino che io abbia mai assaggiato (e sono sicuramente in tripla cifra), costo per qualcosa di unico ed irripetibile euro due


Gli arancini di Piero, qualcosa di davvero singolare, diverso dall’arancina palermitana, lontano dall’idea di unto e di fritto, se istituissero i punteggi anche per gli arancini, dopo i ventesimi, le stelle, i gamberi e le cipolle, questo arancino entrerebbe di diritto sul podio di ogni guida che si rispetti…due armadillini, per difetto.

Oggi sono andato a piedi in un posto incredibile, dove si fermano i siciliani che lavorano e gli armadilli curiosi, avevo in tasca sette monete da un euro, alla Casa Rossa sono stati così gentili da togliermi il peso e mi hanno anche offerto acqua, pomodori e la loro versione del pane cunzatu.


Noto, Contrada Zupparda, il pane cunzato della Casa Rossa


“Vestivamo alla marinara” a Marzamemi, nel Borgo Marinaro e alla moda che al tramonto resta sospeso come i calici, i pensieri e le parole, che anche all’Ortigia vengono meno e lasciano parlare l’armonia di quel luogo


Siracusa, l’Ortigia


Spiaggia di Calamosche, nella Riserva di Vendicari, eletta la più bella d’Italia, per quanto visto attraverso la mia maschera non mi ha convinto, ma in occasione della mia immersione, la corrente ha spinto le alghe a riva e i pesci al largo, la prossima volta porterò anche le pinne nella mia sacca a mano, per spingermi oltre ogni aspettativa disattesa,  tutto il resto, invece, caro Duca, è andato oltre ogni aspettativa.



M 50&50