mercoledì 22 luglio 2015

BASSOTUBA AL PEPERONCINO



Credito foto Lorenza Vitali

Marco 50&50


La mia sarta è differente.
Qualche sera fa sono andato a ritirare un paio di pantaloni che avevo fatto accorciare e ho sentito un profumo straordinario che, dalla cucina, arrivava direttamente in sala prove.
Il cous cous cucinato come Dio comanda, anche se le origini libiche della mia pantalonaia fanno riferimento ad un altro Dio, mi stava inebriando a tal punto che ho giocato sporco, chiedendo a me stesso ma a mezza voce, quanto potesse essere buono un piatto che distribuendo aromi nuovi, inaspettati e pungenti mi aveva messo addosso una tale irrefrenabile voglia di assaggiarlo.

Sono così giunto a conoscenza dei segreti e di parte delle sostanze aromatiche necessarie alla preparazione del piatto, tre gli elementi imprescindibili (come in un piatto d’alta cucina che si rispetti) in questo caso, curcuma, cumino e peperoncino.
Da sempre e inspiegabilmente ho una corsia preferenziale in sartoria, sono tornato a casa col sorriso sulle labbra, che di lì a poco, una volta tolto il coperchio di ceramica dalla zuppiera, avrebbero assaporato il miglior cous cous mai provato.
Il giorno seguente, indossati i pantaloni nuovi dall’orlo perfetto, sono andato nel negozio bio a procurarmi il necessario per la mia prova del cuoco, non prima però,  di aver messo a bagno i ceci.

Sull’onda dell’entusiasmo, credo di essermi fatto un po’prendere la mano dalle spezie nella preparazione del mio piatto etnico, dopo il girotondo  intorno al mondo, comunque sono riuscito a mettere in tavola il mio cous cous alla casalinga, disperata, mia moglie  dopo averlo assaggiato, nonostante sia abituata all’uso del peperoncino, ha dovuto rinunciare, la potenza è nulla senza il controllo mi ha detto e si è votata ad un’insalatina e ad un piatto di sushi del Sol Levante

…così mentre Rocco da amante, attore, assaggiatore di patate, è diventato produttore, naufrago ed estimatore di patatine, fritte, alle immagini di un’isola simbolo di un’ultima spiaggia se ne sovrappongono altre ancor più datate che mi hanno portato a ripensare ad altra spiaggia e ad altro mare, a quell’annata favorevole, a quella vendemmia senza precedenti né seguenti, un pizzico di nostalgico peperoncino, pane quotidiano di un’estate dalla potenza fuori controllo, ha velato il mio sguardo ma ha reso più nitidi i miei ricordi.
Il Presidente tifoso aveva appena smesso di fumare la pipa e di giocare a carte sull’aereo, mentre un furgone nove posti stava portando in vacanza, tre accoppiati e tre spaiati, le quote rosa in minoranza ma nessuna di loro rosa confetto Falqui, c'erano due modelle e una rossa dagli occhi verdi, andare in giro con loro faceva girar la testa e prolungare gli sguardi, la prima sera alcuni locali, ai quali riconosco l’attenuante di avere peperoncino nelle vene, cercarono di caricare con forza su un’auto la fidanzata del mio amico e futuro fotografo che probabilmente non aveva messo bene a fuoco la situazione, fortunatamente la Simo (nella foto d’epoca con l’amico Marco50 d’annata) rinunciava al pane ma non si faceva mancare il succo di volpe e seppe cavarsela da sola nonostante la nostra distrazione che avrebbe potuto essere imperdonabile, fu l’unico errore di un percorso netto attraverso un’estate dalle sonorità indimenticabili.



Ci piaceva suonare per stare in compagnia e condividere momenti irripetibili, soprattutto quelli prima e dopo le nostre performance, non avevamo un gran repertorio, suonavamo tutti con passione ma da poco, nessuno veniva dal conservatorio ma gli astri decisero di allinearsi sul Tropico di Tropea, la musica era secondaria, non chiedevamo di poter suonare, capitava, e forse proprio per questo ognuno di noi era tutt’uno con il proprio strumento che decise di fare di testa sua suonando anche per una sola spettatrice alla volta,  in un’anomala e torrida estate che ci mostrò cosa volesse davvero dire ondata di calore, alternammo concerti da camera e da spiaggia, nonostante la ventilazione impercettibile, favoriti dalla forza dell’abbrivio,  veleggiammo serenamente fino all’autunno.
Era l’estate al peperoncino, della rossa che a Tropea si vestiva a strati come una cipolla per paura delle scottature, dei piccantissimi piatti di pasta, del coltello da sub recuperato sul fondale dalla trasparenza ingannevole, i pantaloncini da bagno acca ventiquattro che non butterò mai, il bassotuba in sottofondo.
Oggi il bassotuba ha un suono diverso, i concertisti che si accontentano dei premi di consolazione, i pianisti in erba alta che a dispetto dell’evidenza non vogliono riconoscere i cambiamenti naturali,  lo definirebbero interessante e più vissuto.



Pronto, è il Villaggio Marco Polo di Tropea ?
Sono la mamma di Marco, quel bischero del mì figliolo ha rubato un paio delle vostre lenzuola, ha detto che gli servivano per i concerti, adesso ve lo passo così si scusa e ve le rispedisce.

M 50&50

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