mercoledì 30 aprile 2014

Sarri | Il nuovo ristorante di Alessandra e Andrea Sarri


del Guardiano del Faro

“Creatività e innovazione, memoria e territorio: sono gli ingredienti principali comuni a tutti i Jeunes Restaurateurs, dosati e amalgamati con l’obiettivo di deliziare tutti coloro che ad un ristorante chiedono un’esperienza di altissima qualità.
Da un lato la ricerca di nuove modalità espressive e la messa a punto di creazioni all’avanguardia, frutto di un’instancabile curiosità e costante apertura al confronto.
Dall’altro l’utilizzo dei prodotti della terra d’origine e la memoria culinaria degli associati: orgogliosi di essere Chef, in costante contatto con la “materia”, i giovani ristoratori credono che solo una cucina moderna ma profondamente radicata nel territorio sia la chiave per la ristorazione del nuovo millennio.”
Andrea Sarri Presidente JRE ITALIA



Questo annuncia dal palco web del sito dei JRE Andrea Sarri, e questo ha rimesso in pratica nel suo nuovo locale di Imperia Borgo Prino, a qualche chilometro da Oneglia, dal pregresso indirizzo dell’ Agrodolce, dove lo chef ligure ha concluso una lunga e proficua esperienza durata dodici anni.

Creatività e innovazione leggo già dalla prima riga, ma per fortuna (ma più che altro per intelligenza), questi due intendimenti di cucina sono qui inizialmente ben gestiti e pacatamente integrati in una proposta gastronomica che non farà certo urlare al "Miracolo a Imperia" gli avanguardisti, che -per un cristallino problema di comunicazione astratta- sono rimasti in quattro gatti spocchiosi a miagolare di notte fra di loro, e anche se spendessero tempo e denaro per arrivare fin qui con il fine di appiccicare ancora una volta una valutazione camuffata da benevola -invece irriguardosa- il pubblico e il cuoco se ne saranno già fatti una ragione, come altrove; da tempo, rispettando invece chi li rispetta.

Messaggio al pubblico, che calza anche se riferito al nuovo contenitore prescelto per proseguire l’avventura di una vita ai fornelli, perché al termine Jeunes andrebbe pure associata quella maniera più easy e meno dispendiosa di intendere un ristorante di qualità, quella si, quella comunque high-easy, quella intrapresa con nuova verve su fronte mare.

Il locale si presta infatti ad essere vissuto in maniera più moderna, meno bloccata sul tavolo elegante e incombente, più attuale rispetto ad una concezione che appare sempre di più superata, a ben osservare i molti movimenti di casseruole a cui stiamo assistendo nell’ultimo lustro. Ma superata solo di concetto formale, non di contenuti gastronomici.

Un lungo bancone bar piazzato nella parte alta del salone, che invita ad appoggiarsi per domandare un aperitivo, in attesa di accomodarsi magari e proprio in uno dei due tavoli prossimi al bancone stesso, dominando la sala e prendendosi un paio di spicchi di sole e di mare che penetrano l’atmosfera ovattata dell’ambiente principale.

L’architetto ha lavorato bene, assecondando l'estetismo dei proprietari, magri, alti e ed eleganti senza eccessi. Ha sviluppato un decoro essenziale ma non freddo, sia nella scelta dei materiali che nei colori prescelti, ed ha anche azzeccato l’illuminazione. Solo l’acustica potrebbe essere ancora migliorata, forse,  cercando un compromesso che non snaturi la struttura originale delle volte; delle volte a cambiare poi si fa peggio.

Al piano basso un’altra saletta, più confidenziale, contigua alle cucine, che potrebbe anche diventare una risorsa in caso di opzione “tavola dello chef”, oppure per cene o degustazioni riservate. Altre immagini degli interni le troverete anche qui, nell'aperitivo del giorno prima al Sarri l'imperiese:
 http://armadillobar.blogspot.it/2014/04/sarri-laperitivo-del-nuovo-ristorante.html


Viceversa in pieno sole, ma protetti da ampi ombrelloni, viene dato spazio agli amanti del pranzo e della cena in plein air, a godersi la brezza marina e la vista sul grande blu fino all’orizzonte.

L’entusiasmo contagia tutti gli impiegati, di cucina e di sala, come è normale che sia in un ambiente ed in una situazione nuova per tutti, da scoprire e da vivere giorno per giorno, ma senza ansia, nel dubbio se la cosa funzionerà, perché se è vero che la traccia è nuova è anche vero che la clientela di qui è d'altrove è già ben consolidata da tempo.

L’apparente informalità e i prezzi drasticamente ribassati del menù a cinque portate (38 euro), avvicineranno di più anche una clientela diversa, più giovane e meno preoccupata nel sedersi in un locale stellato da onorare con una comanda coerente. 

Qui non vedo più astici, foie gras, caviale, ostriche e scamponi. Il segnale è chiaro, e quel meraviglioso fritto di paranza che vedremo più in là ne è il riscontro più franco e schietto possibile, senza sentire odore di fritto.

Si può essere Jeunes Restaurateur anche senza stelle? Sicuramente si, perché se chi ce lo dice è il Presidente dell’Associazione JRE ci dobbiamo fidare. Il messaggio che parte è più forte che casuale. Ma non è detto che anche qui, tenuto conto di come si mangia, dopo un periodo più o meno lungo di transizione, si possa nuovamente agganciare  il macaron alla targa JRE.



Le radici sono ben salde, le erbe sono ben piantate a terra, nei vasi e nei vasetti che fanno da centro tavola, a tutti i tavoli, e che ricordano con i loro profumi quelli della cucina di Sarri, segnata dal timo, dalla maggiorana, dal rosmarino, dalla salvia...dal basilico, mentre sono le spezie a marcare fisicamente la carta delle vivande, dall'anice stellato alla cannella. Chissà quale altra vi capiterà tra le mani. Intanto comincerei ad andare a rivedere due diversi menù "lasciatemi fare" da 38 euro, ma prima l'aperitivo.

Berlucchi è azienda molto vicina e attenta all'alta ristorazione, che siano i nuovi stellati Michelin o i JRE, le edizioni speciali di bollicine dedicate sono comunque presenti, e di buon auspicio.

Oppure questo alternativo, da provare in versione secca o amabile
Tre acciughe fritte con riduzione "agrodolce", in realtà più piccantina che agra

Il pane in tre declinazioni: bianco, semi di papavero e alle olive taggiasche
Servizio del pane semplificato rispetto al passato, ma qui ci sta bene in questo modo
Un fresco e secco Sauvignon, uno di quelli che non sanno di pipì di gatto
Gamberi di Oneglia battuti come una tartare, fiori, essenza di lampone e camomilla

Un Carnaroli che sa di Paella...
Molto gradito da Miss Puntini, che fa un eccezione, 
non amando particolarmente il nero di seppia né dentro né a bordo piatto. 
Encre de seiche si dice in francese, encre, quello che si usa per scrivere
Servizio agile e sorridente. Sono in quattro a gestire la giornata, dove ho contato una quarantina di persone ai tavoli, tra dentro e fuori.
Palamita scottata e bruschettata con pomodoro, peperone e salsa verde

Triglia su morbida panissetta di ceci, asparagi, bietoline e bagna cauda

Calamaretti arrostiti e farciti di mozzarella di bufala, gocce di parmigiana

Gran fritto di paranza
Cappellotti di coniglio alle erbe glassati nel suo fondo, schiuma di Raschera d'alpeggio

Il mio Totem
Il mio pescato del giorno alla ligure...

Mordi-croccante di clementine e sorbetto d'arancio
Millefoglie di lamponi, cremoso al cioccolato e zabaione freddo
Collega di quattro anni prima ! Pure tu dunque fosti in giuria nella precedente ! A me , non dico una targa, ma neppure  un posacenere personalizzato mi diedero indietro
Tirarsi su le maniche... e adesso a pulire la cucina. Diamo l'esempio chef !
gdf

martedì 29 aprile 2014

Mirazur anno ottavo, undicesimo al Mondo e primo di Francia per la 50 WBR

Riprendo velocemente oggi questo report di nemmeno due mesi fa, lasciandolo tale e quale nel testo, perché quel che è scritto e scritto, anche se sul web sarebbe modificabile facilmente la realtà, come le opinioni che corrono e si rincorrono. Lo riprendo al volo, senza curarmi troppo della forma e della precisione. Quando l'attualità chiama è meglio essere più rapidi che precisi.

Dunque, quest'anno la classifica dei World '50 Best Restaurant San Pellegrino vede inserito il Mirazur addirittura nel ruolo di numero UNO di Francia. La cosa non può passare inosservata.

Questa classifica non ha mai privilegiato le altissime qualità della cucina francese e dei suoi ristoranti, che in condizioni diverse potrebbero tranquillamente occuparne la metà dei posti tra i primi cento, ma l'attenzione dei giurati viene giustamente diversificata intorno a tutto il pianeta, dando visibilità e rilievo a tante realtà che in giro per il pianeta si sono messe nelle condizioni di essere ben distinguibili, anche con merito intrinseco e non solo per scopi geo-politico-economici.

Dunque perché per la '50 WBR l'eccellente ristorante di Mauro Colagreco è il migliore di Francia? Non mi piace dare risposte, preferisco arrivarci per ragionamento, poi vedete voi cosa pensare. Numero 11 del mondo anche se sta in Francia, nazione che evidentemente allo sponsor della manifestazione interessa relativamente, se no quelli come L'Arpege, Troisgros, Gagnaire, Ducasse e bla bla non ne uscirebbero a partire dal venticinquesimo posto... e quindi ecco che il primo diventa un mezzo italiano e mezzo argentino che guida un ristorante in bilico sul confine franco italiano.

Io credo che Mauro si renda conto di tutto, e prenda anche questa novità estremamente positiva dandogli il giusto peso, senza montarsi la testa, in attesa di un via libera per la terza stella. Tutto fa, ma tanto ha fatto lui e chi per lui dietro le quinte, e senza movimenti fragorosi, lavorando di fino.

Si chiamano pubbliche relazioni, sono quelle che hanno lanciato anche Cracco o Cannavacciuolo da noi per intenderci. Lo dico ai cuochini ambiziosi e che vorrebbero uscire dalla mediocrità: ragazzi, se veramente volete venirne fuori dal limbo, anche se siete bravissimi a cucinare, cominciate a pensare in questa direzione, tramite uno sponsor, o per conto vostro, ma comunque un investimento lo dovete fare per venirne fuori. Non sono io a dirlo, è questa classifica che ve lo dice.

gdf



del Guardiano del Faro



Una robusta copertina ed una tenace rilegatura, prima di tutto questo, così che i contenuti accumulati nel tempo non si sfaldino, non si disperdano, non si dimentichino, ma invece si addensino progressivamente, un foglio sull’altro, capitolo su capitolo.

L’ottavo capitolo di Mauro Colagreco, qui a Menton, si apre pieno di certezze, dopo che a cavallo tra il sesto ed il settimo sono arrivati tutti i riconoscimenti che la Francia può consegnare ad uno chef. Cosa manca? La terza stella, si, ma per quella, ormai a vista, bisognerà chiedere il permesso ad Alain Ducasse.

Due stelle Michelin, parecchi cappelli Gault&Millau, il titolo di Grand Chef  Relais & Chateaux, un posto tra i primi trenta ristoranti al mondo per la WBR San Pellegrino. Ma Mauro guarda avanti lo stesso, conscio che sono gli investimenti, i miglioramenti e la cura del dettaglio le cose ancora migliorabili, quelle che potrebbero farlo salire ancora più su.

Intanto questi tavoli in ulivo massiccio, che lanciano un messaggio che parla di concretezza e di profonda aderenza territoriale, di calore e di essenzialità, di gusto sobrio e conciso, concreto e conciso.

La bellezza di un menù degustazione costruito secondo canoni classici, alla francese, ma con quel plus di tango non troppo malinconico, alla Piazzolla, con ritmo e movimento non troppo lento.

Barbagiuai croccante farcito di tapenade, tutto in due centimetri quadri

Polenta soffiata con mascarpone agli agrumi di Menton

Un ditale, non più grande di un ditale. Barbabietola dolce e salata con formaggio di capra.

Un aperitivo alternativo, quanto mai adeguato

Il classico servizio del pane e dell'olio aromatizzato di Colagreco, al limone e zenzero...

... e il sobrio servizio del burro, questo proveniente dalla provincia di Cuneo

Sauvignon e Marsanne, uvaggio originale per il sud del Rodano, ma che chiude bene il cerchio sulla sublime ostrica con variazione di pere e crema di latte allo scalogno.


Imperiale e non meno che imperiale l'impalpabile cappuccino di cavolfiore in diverse consistenze, con anguilla affumicata e caviale, appunto, Imperiale

Dalla regione limitrofa, altro uvaggio riuscito, tra ugni blanc e rolle, ottimo sul prossimo piatto

Servizio del pane sugli standard Relais Gourmand

La zampata dello chef: oloturia a la plancha, nocciole tostate, aglio selvatico e purè di aglio e limone

E ancora, foie gras grigliato mi cuit alle rape bianche; brodo di anatra chiarificato e acidificato

Un sauvignon dalla Loira andrà benissimo

Filetto di dentice con le cozze, salsa di zafferano, finocchi brasati e punti acido amari di lime.

Sono quei tre puntini di acidità che riequilibrano tutto il resto.

Il maialino con la sua cotenna croccante, jus di porco e porri alla senape.

Sirah e Grenache per un altro valido abbinamento, bravo anche il giovane sommelier

Il dettaglio sullo spessore minimo del trancio, e la precisione del taglio, la densità delle salse... io vorrei che tutti i cuochi che stanno guardando questa immagine si soffermassero a lungo e ci meditassero sopra a lungo

Un punto di incontro tra un formaggio e un dessert

E' un Munster, formaggio Alaziano, o dei Vosgi, lavorato tra due ostie dolci e trasparenti, aromatizzate al cumino. Intorno un ricamo di miele d'acacia

Semplicemente limone e finocchio

Mollica di sesamo nero, scorza croccante e gelato di topinambour, miele di castagno e crema inglese al curry. La spugna servirà per far scarpetta della crema inglese al curry ;-)

Cioccolato alla fava di Tonka

Frivolezze di macaron e di gelatina di carote

Questo l'ho già visto... al Louis Xv, tale e quale, contenuto e contenitore. E dello stesso colore. Sarà un caso? Sarà un messaggio?



gdf