domenica 30 settembre 2018

10 stelle a Bergamo




- Michela Brivio -

Rieccomi e do’ il benvenuto all’autunno condividendo con voi qualche interessante iniziativa nei miei paraggi, iniziando da queste stelle che illumineranno Bergamo dal 16 ottobre 2018 al 5 marzo 2019.


5 sono fisse e di lusso, quelle del Relais San Lorenzo, che nel cuore di Bergamo Alta aprirà le porte del suo ristorante gourmet, Hostaria, incastonato tra le rovine medievali e romane della città vecchia. Un luogo davvero unico e suggestivo, con soli 35 coperti, che con questo nuovo ciclo di cene internazionali aumenterà ancor più la sua bellezza.





Ecco le date e le altre 5 stelle protagoniste:

16 ottobre 2018
Thibaut Gamba *


20 novembre 2018
Edwin Vinke **


29 gennaio 2019
Eric Vildgaard *


 5 marzo 2019
Henrique Sa Pessoa *


Padrone di casa lo chef Antonio Cuomo che come tale darà il benvenuto e chiuderà la cena, affidata completamente ai cuochi ospiti.
Autodidatta e animato da grande passione per il suo lavoro, si occupa sin dall’apertura della cucina del Relais. Le origini campane sono uno dei tratti marcanti della sua cucina, unitamente ad una cura estetica creativa e contemporanea. Il recente premio che lo ha visto vincitore del Festival internazionale della cucina vegetariana sottolinea anche la sua attenzione e dedizione all’argomento.
Il piatto che lo ha incoronato? Pasta con fagioli, albicocche e basilico. Un cuore di tradizione che esplode con un tocco agrodolce di classe, creando un equilibrio ed armonia da applausi e premio.





Insomma una grande occasione per viaggiare nel firmamento.

Ecco le coordinate.

Per informazioni e prenotazioni:
Relais San Lorenzo
Piazza Mascheroni 9A, 24129 Bergamo Alta
www.relaisanlorenzo.com
email  hostaria@relaisanlorenzo.com  tel. +39 035 237383

Costo delle serate
100 euro per persona, acqua, caffè, vini in abbinamento inclusi.
Serata del cuoco bistellato olandese Edwin Vinke, 120 euro, sempre abbinamenti inclusi.

Che dire? Buon divertimento!
Michela Brivio







venerdì 28 settembre 2018

L'Alba rossa - a pranzo nelle Langhe da Andrea Larossa


- Silvia Vecchione -
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La porticina rossa segna decisa il passaggio a un'altra dimensione. Sono partita per il weekend, a prendermi il tempo per me, a concedermi il lusso di temporeggiare. Facile parlare di cotta per le Langhe quando nella mente, al paesaggio, si associa indelebilmente così tanta bellezza. Un punto di non ritorno, ormai, che la vernice rosso rubino dichiara con convinzione. È una sfida: varca la soglia e capirai.


Vedrai la tradizione e rivivrai la storia, reinterpretata; riconoscerai l'eredità del maestro Carlo Cracco nello stile e nella finezza d'ispirazione milanese; la dedizione e la cura del dettaglio riveleranno la sofisticata influenza nipponica dello chef Kondo; la passione, unita alla ricerca, travolgerà i sensi, onorando la classicità in un movimento a spirale, in un dialogo in continua evoluzione.


"A me piace il piatto classico, bianco e tondo": Andrea Larossa, chef del ristorante stellato Larossa nel centro di Alba, mette a fuoco l'essenziale. Non servono coloriture né superfluità: le sue creazioni sono istantanee di equilibrio ton sur ton, raccontate in sala con professionalità e accoglienza dalla moglie Patrizia Cappellaro.

Larossa non è un ristorante con vista: la porticina color rubino si affaccia direttamente sulla strada e di terrazze panoramiche sui vigneti non vi è neanche l'ombra. Il colore focoso della vernice incuriosisce, ma non basterà a trattenere l'ospite esigente, che, già dal primo assaggio, incalzerà chiedendo altro: dov'è la sostanza?

Mi colpisce subito l'eleganza dell'ambiente, che accosta alla rusticità dei mattoni a vista la purezza delle pareti, di sobrietà bianchissima. Oggetti d'arte e pezzi di design sono selezionati e posizionati con gusto e ricercatezza in una sala che tradisce l'esperienza da fotografo di Andrea. L'ambiente è pulito e luminoso, riscaldato dai toni del tortora e del beige e ravvivato da eleganti bagliori metallici che oscillano con discrezione tra l'oro e l'argento.


Focus, limpidezza e linearità sono al centro della ricerca estetica così come della cucina di Larossa. Per raccontarla, scelgo due piatti, diversissimi per composizione ma affini per concezione. Il primo è l'astice in guazzetto e crescioni di mare, che ho amichevolmente ribattezzato "astice alla terza": non vi è altro in questo piatto, se non il suo protagonista, in tre diverse versioni e consistenze, circondato da un guazzetto che per densità e intensità ha il carattere di una bisque.


Non è un piatto da Langa, questo, ma tanto la vista sui vigneti qui non c'è e si può scegliere di essere dove si vuole. Comanda la materia prima, in un piatto che è sublime nella lavorazione, impeccabile nell'esecuzione e iconico nella presentazione.


Fotografia monocromatica di deciso impatto visivo è il filetto di lepre con ciliegie allo sherry, aromatizzato al wasabi e shiso: un piatto espressivo, energico e sicuro di sé, che domina la scena in una composizione dove i toni più e meno caldi del rosso oscillano tra vigore e dolcezza.

Se la porticina rossa stuzzica l'interesse dei curiosi, è poi l'esperienza che rivela la sostanza: la monocromia nelle creazioni di Larossa è ricerca di essenzialità. Il piatto bianco e tondo non ammette eccessi: è l'istantanea di una cucina autentica e reale, che mette a fuoco la tradizione con cura, precisione e attenzione, per innovarla con eleganza, rispetto e coerenza. Obiettivo Langa, anche stavolta, per un’Alba rossa, perfettamente messa a fuoco.


S.V.


martedì 18 settembre 2018

Elisir di Bella Vita: un week end stile Liberty al Borducan di Varese

- Silvia Vecchione -
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Ottantasette candele bianche illuminano la sala allo stappare del Perrier-Jouët Belle Epoque. Il rito di accenderle e spegnerle ogni sera, una a una, è affidato a Martina, che lo compie con attenzione, classe e delicatezza, come a infilare una collana di rarissime perle. Daisy si prepara in stanza. Nell’attesa di cambiarsi, indossa un kimono fiorato di seta color smeraldo e stende il rossetto rosso con aria sognante.



La finestra è aperta ma entra solo il silenzio. Perle preziose ne abbiamo, così come piume, strass e paillettes. Si torna a parlare di anni Venti e di grande Gatsby, stavolta vista lago: risale al 1924 la palazzina liberty che ospita l’Hotel Al Borducan, piccolo albergo di charme con terrazza panoramica, sospeso tra i colli del Sacro Monte di Varese. Tanto da raccontare, sui tre giorni trascorsi qui al Romantic Hotel. Andremo per impressioni.


La voce limpida e penetrante di Dinah Washington rallenta il tempo e ferma il respiro. Siamo quasi a mille metri di altitudine, l’aria è fresca e si sceglie di cenare all’interno, a lume di candela e velluto di rose bianche. Il tavolo è accanto alla balconata e, ancora una volta, la finestra è lasciata aperta: al chiaro di luna si intravedono le sagome appuntite degli aghi di pino contro la setosa lucentezza del lago sottostante; brillano gli occhi di Daisy, di interesse e curiosità per quello che deve ancora arrivare.



Un amuse bouche a base di caviale, ricci di mare e panna acida trasmette il messaggio: solo cose belle. Il riccio di mare, sul fondo, sorprende per rosea dolcezza, mentre il bianco e il nero, di panna e caviale, segnano – decisi – i confini acidi di un piatto di carattere il cui gusto si evolve al palato.


Sabato sera, ceniamo in terrazza. La temperatura è mite e la brezza, leggera, è piacevole. Il gioco di luccichii sull’abito nero fa pendant con il cielo stellato. È ancora piena estate. L’astice con gazpacho all’agro di cipolla rossa sposta l’attenzione sul ricordo di un viaggio in Andalusia: accade con naturalezza, nel momento in cui la mente non capisce più se il profumo arriva dal piatto o dall’altra parte della balconata. Il contrasto tra caldo e freddo racconta di rocce ardenti e freschezza d’oceano; la morbida dolcezza dell’astice e la pungente aromaticità del gazpacho sono perfettamente bilanciate in una portata che seduce per esotica raffinatezza.


È domenica a mezzogiorno: la luce del sole scavalca il lago e inonda la balconata; bucando le vetrate, travolge il salone circolare del ristorante che, fra rose bianche e cristalli, emana una sofisticata atmosfera d’altri tempi. Mentre Maurizio, in cucina, lavora sugli ultimi dettagli, Riccardo ci invita in terrazza per un aperitivo che inganni attesa e curiosità. Tre erano le bottiglie di finissimo champagne stappate per Daisy in Wonder Wheel, in riva al mare.


I frizzanti anni folli, per stupire, prediligono ancora una volta un numero dispari, perché è incompiuto, è perfezione in divenire, bellezza in potenza; e l’importante qui è non annoiare mai: in un climax ascendente di splendore, le bottiglie selezionate per l’occasione sono sette. Sette bottiglie vista lago e una sola annata, la 2002, per focalizzarsi sull’eccellenza. Krug, Salon, Dom Perignon, Billecart Salmon, Pol Roger, Bollinger e Piper: basteranno a conquistare il cuore della bella Daisy?


Billecart Salmon cuvée Nicolas François 2002 è chiaro ed esuberante. Le bollicine si agitano come la collana di perle nel momento in cui s’inizia a danzare. Parte dolce e leggero, trasformandosi poi in acido e tagliente, quasi a rivelare le contraddizioni di un decennio euforico e frizzante, dall’animo decadente.



Krug Vintage 2002 è schietto, diretto e coraggioso; non ha bisogno di ostentare, la sua fama lo precede; provoca e sa di poterselo permettere. Ma Gatsby è pur sempre un gentleman e chiude in grande stile con un’elegante bottiglia di Pol Roger Sir Winston Churchill 2002.



Piacevolissimo l’accostamento con gli spaghetti ai ricci di mare e burrata, mantecati in panna acida. Brezza salina che punge e dolcezza d’onda che accarezza, il tutto avvolto dalla freschezza balsamica dello champagne numero uno. Dedicato a chi sa vincere.




S.V.




domenica 16 settembre 2018

Stia con noi !



- Silvia Vecchione -
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MONZA - In abito lungo, di seta ambrata, sfuggii alla pioggia. Passi piccoli da tacco dodici, rapidi per entusiasmo. Ho il mio segreto, così segreto da rimanere inspiegabile persino a me: a un certo punto, la magia accade; può essere una fragranza, una parola, un gesto, uno sguardo d’intesa, un sorriso o un assaggio; può essere un passaggio – alla Midnight in Paris – e mi trovo lì, in un’altra epoca. Lascio il tempo presente e intraprendo un viaggio che mi porta lontano, fino a casa. È una sensazione che mi vado a cercare, il perdersi intenzionale, perché è intensa, sempre diversa, travolgente – di cuore e di mente – e lascia il segno.



“Ti prendo un calice di champagne”: meno male che di senso pratico ne abbiamo…io ero addirittura senza ombrello. Onorata di aver ricevuto l’invito, accedo alla nobile residenza coloniale. Il mio sguardo si perde sulla collezione di mappamondi: vorrei sentire i racconti di terre lontane. È sera, ma rimarrei con piacere anche domani, almeno fino al prossimo rito del tè; so che la risposta sarà sì, mi sento ospite gradito stasera all’Hotel de La Ville Monza. Stia con noi.



La festa del 6 settembre ha celebrato i sessant’anni di gestione della famiglia Nardi, che guida l’hotel con passione e dedizione da quattro generazioni. Un lussuoso palazzo storico, una prestigiosa dimora aristocratica la cui bellezza è stata tramandata negli anni con la cura più rispettosa. Le collezioni di argenti, porcellane, specchiere, dipinti, rari libri e stampe nobilitano l’ambiente e ne plasmano la personalità, calda e avvolgente. Un’eredità artistica di ricordi preziosi che oggi è sapientemente custodita dai Fratelli Nardi, i quali, protettivi nell’affetto e ispirati di visione, la prendono per mano e la accompagnano a vedere il futuro. Un ambiente dove si sta bene: lo confermano la gestione pluriennale di una famiglia illuminata e il personale che non cambia, non va via, perché viaggiare stando a casa è un lusso, soprattutto con una vista così.


Ai muri, su per le scale, una collezione di orologi: forse perché, quando si dissolve lo spazio, nel viaggio, si dissolve anche il tempo, cancellando distanze e fusi orari; li si può avere tutti lì, uno affianco all’altro, i cinque continenti, se la testa ha fantasia e il cuore ha coraggio. “Lo senti il profumo?”: intrigante, sì; curioso, anche; vivace e ammaliante, sempre; ma stavolta non si parla del mio: l’essenza proviene da La Veranda, il nuovo spazio che, inaugurato proprio in occasione dell’anniversario, è diventato elegante estensione del ristorante Derby Grill.



Il tacco dodici si posa su un pavimento in bamboo indonesiano: di esotico, oltre al profumo, c’è l’anima di un ambiente che è instancabile cantastorie. Alla prima forchettata è svelato il mistero: intrigante, curioso, vivace e ammaliante è il riso venere speziato, spadellato con ortaggi di stagione e stracciatella di burrata.



Un breve saggio per presentare la cucina dello Chef Fabio Silva, equilibrio di eccellenze dove la più autentica tradizione lombarda incontra, ammorbidendosi sublimemente, la mediterraneità delle origini campane: la selezione di insaccati è locale, firmata da Marco d’Oggiono; tra i finger food, mozzarella di bufala con perlage di basilico e pomodoro candito. Ostriche d’Irlanda, Normandia e Marennes Oléron rendono omaggio all'Atlantico. La mousse di fondente Domori al frutto della passione, caramello sapido e croccante al grue di cacao è da assaporare a occhi chiusi, col sorriso di chi è partito sognando il Nuovo Mondo.



Sarà stato l’abito di seta ambrata (visto che il primato del profumo non era il mio) ma, poco importa, mi sono conquistata l’invito a restare ben oltre il rito del tè, per partecipare al nuovo Brunch in veranda. Stia con noi e non dico di no: chissà che, magari, tra la bellezza, il viaggio e i viaggiatori, qualcuno sappia svelare a me stessa il mio preziosissimo segreto.


S.V.

giovedì 6 settembre 2018

Dandelion : soffio di una notte di mezza estate


- di Silvia Vecchione -
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Che l’estate non finisse mai: era il mio unico desiderio, mentre partivo per Courmayeur, l’ultimo weekend di agosto. Conoscete il trucco? O, magari, la ricetta? Portavo con me solo un desiderio, perché di cuore volevo andar leggera. La valigia, con tutte quelle scarpe, era già abbastanza pesante: è importante tenere i piedi per terra, o almeno così dicono.



La cosa, ça va sans dire, non mi riesce molto bene: nascondendomi alle porte della Val Ferret, ai piedi del Monte Bianco, speravo ingenuamente che il nuovo autunno non riuscisse a trovarmi. Poi è andata che, proprio sotto il Dente del Gigante, trovassi io un Dente di Leone: irresistibile l’impulso di soffiarvici su. Ho espresso il mio desiderio – “che l’estate non finisca mai” – e, come a dare fiato su una fiamma ardente, il mio soffione ha riacceso, brillante, il sole giallo di una frizzante domenica d’estate: Dandelion Cuisine de Montagne è calore di tradizione e luce d’innovazione. È amore per il territorio. È sincera promessa di eccellenza. Filippo Oggioni e Marcello Gado, gli chef; Paolo Bariani, maître e sommelier: tre professionisti che, conosciutisi lavorando insieme a Courmayeur, hanno deciso di soffiare forte sulla fiamma – o, in questo caso, sul fiore – per dar vita a un sogno condiviso: realizzare un ristorante dove la classica cucina di montagna venisse delicatamente reinterpretata in chiave moderna, accostando leggerezza a sostanza, eleganza a informalità, vivace curiosità a purezza di ricordo. Dandelion è giovane, ma di personalità autorevole. Può permettersi, qua e là, anche di osare, perché la premessa è il rispetto: della tradizione, del luogo di origine e delle sue materie prime.


Il primo a parlare di materie prime è l’amuse bouche, una crema di carote profumata all’olio d’arancia. L’essenza agrumata dona il giusto twist a un piatto impeccabile nella sua semplicità: le carote – fornite dall’azienda locale Geca, gestita con passione dai giovanissimi Maria e André – provengono direttamente dagli orti valdostani, dove sono coltivate secondo il metodo dell’agricoltura integrata e raccolte dopo 200 giorni, in modo da garantire il massimo della dolcezza e della croccantezza. Al palato, autenticità, cura e dedizione. A seguire, c’è la promessa di eccellenza, che viene squisitamente onorata in due portate realizzate a regola d’arte: la trota della Val Ferret alla camomilla, accompagnata da salsa allo yogurt e ventagli di mela verde, è ineccepibile nella cottura, oltre che nell’equilibrio tra acidità e dolcezza; proseguendo con la degustazione, lungo il menu Acque Dolci, il coregone alla mugnaia è un’ode alla tradizione, dove il premio come miglior attrice protagonista va alla salsa, che completa perfettamente il piatto, nobilitandolo. Dicevamo, Dandelion può permettersi di osare: così leggero, procede a passi piccoli e ben misurati sul terreno dell’innovazione. Poi, ci scappa un soffio più forte ed è subito un fiorire di capolavori: i ravioli all’olio di oliva, bottarga di lavarello e acqua di pomodori datterini sono stati una piacevolissima sorpresa. L’intensità dell’olio di oliva viene attenuata, nel ripieno, da un’impercettibile punta di mascarpone, intuibile solo nella delicatezza dell’insieme. L’acqua al pomodoro è purezza di ricordo: arriva alla mente già attraverso il profumo, rievocando la sostanza di qualcosa che c’è, ma che, a occhio, non si può vedere. Un amabilissimo gioco sensoriale di sinestesie per un piatto ricercato ed elegante, che non dimenticherò.


Ora, se l’autunno mi avesse trovato ai piedi del Dente del Gigante, avrei risolto con un invito a cena. Esprimi un desiderio e accomodati: perché tenere i piedi per terra, quando si può volare alto con un soffione?


Virtuosismo di pane


Paolo all'aperitivo


Friabilissimi, si sbriciolano al tocco delle dita, come il Dandelion


Bellini


Toast di trota in salsa verde


Uova di quaglia ...


Insalata russa




Crema di carote dei 200 giorni


Trota fario della Val Ferret, camomilla, mela verde e yogurt


Verdure all'agro con gelato di olive verdi e robiola


Tatin chaud froid di verdure ...


Uovo cremoso al tegamino, pan ner e fonduta di toma di pecora


Meraviglioso pane conviviale


I ravioli di olio in brodo di pomodoro e bottarga di lavarello


Riso affumicato al pino mugo, menta, miele, crottin e limone femmoniello


Coregone alla mugnaia, what else?


Faraona al barbeque, pesche nettarine e lavanda


E l'accompagnamento vegetale


After eight


Frutti rossi e cioccolato ...


Pesca alla piemontese


Panna cotta, mandorla di Noto, limone e maggiorana ...

Dessert ottimi e piccola pasticceria di conseguenza

S.V.