Un altro prodotto, della Dame biodinamica della Champagne, dopo averti raccontato, tempo fa,
del suo “Origin’Elle”. Qua la cosa si fa più impegnativa, ovviamente per la
Signora, non per me che mi limito a berne, quando si può, goderne.
E’ una cuvée,
vinificata in acciaio vetrificato, di cui un 10% in fût de chêne, composta da 80 parti di Pinot Meunier e 20 di Pinot
Noir - c’est a dire Blanc de Noirs – base
vendemmia 2004, con vini di riserva del 2002 – ergo, non è un millesimato non dichiarato, come qualcuno sostiene –
rimasta sette anni sui lieviti. Come consuetudine, remouage e dégorgement, svolti
manualmente; ottobre 2012 è la sboccatura.
E’ oro splendente, luminoso e con perlage molto sottile.
Il bouquet,
vinoso e composito, attacca subito con tanto marzapane e fiori bianchi –
gelsomino e biancospino – e forti pennellate
vegetali. Il tempo di ossigenarsi ed escono lieviti e pan brioche, miele e agrumi
– limone e pompelmo rosa – nocciola e un lieve profilo gessoso. Anche più di un
tocco di legno, nobile finchè vuoi, non completamente assorbito.
Il palato – di fine bollicina - coniuga
vinosità e freschezza e indugia molto sulle sensazioni agrumate – cedro e
pompelmo - con qualche punta di cremosa dolcezza che rimanda al miele, al burro
e al pain d’épices. Per contro, tuttavia,
ho trovato dosaggio e legnosità non ancora del tutto integrate, nonostante una data
di dégorgement non trascurabile.
Mandorla, dattero e sentori boisé, costituiscono l’epilogo di un
sorso vinoso, mediamente persistente, bello e soave al naso, ma con bocca in
cerca di equilibrio.
Chissà che l'abri de la lumière non gli giovi.
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