venerdì 23 novembre 2018

Semplicemente Chic



 - Michela Brivio -

Sono ancora quattro mani a lasciare il segno in uno dei miei luoghi del cuore.

Giuseppe ospita a casa Cereda Angelo Sabatelli, dell'omonimo locale di Putignano, per la cena dell’associazione Charming Italian Chef.

Un’amicizia nata ovviamente a tavola, dopo un paio di trasferte dalla Puglia a Ponte San Pietro con il direttore Chic Raffaele Geminiani. Il risultato è questa cena, elegante e raffinata, che racconta due storie ma soprattutto la passione e professionalità dei due cuochi “non chiamateci chef”.

Basta uno sguardo per arrivare dagli occhi al cuore di una persona.
All’arrivo sento il solito battito che avvolge questa casa. Ma lo sento amplificato e dopo aver conosciuto anche Angelo capisco il perché. Ritrovo in lui la stessa semplicità, sincerità e cuore di Giuseppe, che si svelano in silenzio e piano piano per poi esplodere in cucina.



Determinazione e talento arrivano dritti e precisi in ogni piatto ed è difficile distinguere gli assoli perché quello che si percepisce è una melodia condivisa, contemporanea nelle tecniche e profondamente concentrata sulla materia prima.  



Gli stuzzichini di benvenuto hanno lo stesso effetto dello sguardo iniziale.
Ho un debole per l’argomento, perché trovo un’arte anche molto sensuale concentrare in un sol boccone tanto sapore, sapere e carattere. Ora sapete come conquistarmi, anche se vincete facile su ogni argomento enogastronomico che mi tocchi il cuore.



Tartelletta carote e zenzero


Panzanella e gamberi

Altro punto debole e passione il pane e lievitati. Giuseppe è davvero pericoloso e devo cominciare a vietargli di portarmeli a tavola. Vorrei ma no posso. Irresistibile.



Arriviamo alle portate.
Inizia il padrone di casa con la sua firma ormai riconoscibilissima. Essenzialità, eleganza e consistenze. Adoro come utilizza le materie prime e il fatto di tradurne l’essenza in diverse preparazioni. In questo piatto è la zucca a presentarsi in tre versioni. Accompagna un’anguilla semplicemente perfetta, con il tocco di acidità che bilancia la sua naturale grassezza.



Anguilla, aceto e zucca

Goloso, avvolgente, comfort il piatto di Angelo
E’ un racconto d’autunno, completato al tavolo da un arcobaleno di chips di radici croccanti.
Titolo sempre a tre voci. Entrambi puntano a pochi ingredienti che esplodono in colore, sapore e perfetto equilibrio.




Uovo, radici e tartufo

Rimaniamo al sud con il primo piatto. Ritorna l’acidità, fondamentale soprattutto in un percorso di degustazione, e la freschezza, altrettanto necessaria.
A esaltare il tutto il pepe timut, che scopro e assaggio qui per la prima volta. Affascinante e dall’aroma penetrante, con note fortemente agrumate. Perfetto per il piatto.




Riso, parmigiano, bergamotto, pepe timut

In pochi trattano certi tipi di carni come Giuseppe. Il suo cervo è qualcosa di indescrivibile. Cottura magistrale sui carboni che regala una leggera nota affumicata. Punto. Sorprendente. Inevitabile pensare e desiderare un whisky in abbinamento.




Cervo e pastinaca

Arriviamo ai dolci. Limone, mandorla e ricotta di Cereda. Malto e cacao di Sabatelli.
Ancora freschezza e ancora acidità. Ancora wow.


Malto e cacao


Cena molto coinvolgente, con i cuochi grandi protagonisti anche a tavola nel completare i piatti.
Poche le parole dette ma infinite quelle trasmesse, con un’umiltà che mette soggezione tanto si è abituati ad altro.
Le stelle qui sono due e chi fa finta di niente è imbarazzante. Ma non roviniamo la magia con le polemiche.
La Chiccheria si completa negli abbinamenti curati dal responsabile di sala Maurizio Conti in collaborazione con Ivaldo Moressa e Attilio Tortora di Cuzziol Grandi Vini, con i quali ho anche il piacere di condividere la cena e farmi portare in un viaggio raccontato nelle cantine selezionate.
La mia galleria fotografica non è certo all’altezza delle precedenti foto professionali, ma voglio assolutamente regalarvi quanto degustato nei bicchieri.


Mandois Champagne brut origine


Plonerhof Solaris Vigneto delle Dolomiti IGT 2017


Weinberghof Lagrein Alto Adige 2017


Parusso Langhe Nebbiolo 2016


La Canellesse Vermouth chinato

La chiusura è sempre uno dei momenti più belli della cena. Ci si è conosciuti, si è entrati in sintonia con le altre persone condividendo il piacere della tavola, arrivano i cuochi e staresti a parlare con loro per ore e ore. Li riguardi negli occhi e la loro luce ti rimane indelebile.
Riprendo il brindisi di mezzanotte per ringraziare tutti per questo bellissimo viaggio chic e Riccardo Melillo per le foto.


Champagne Bruno Paillard Magnum Première Cuvée

http://www.cucinacereda.com/

http://www.angelosabatelliristorante.com/it/

giovedì 22 novembre 2018

Ristorante Da Ü Titti a Lingueglietta: More is More.


- Silvia Vecchione -
- lifeonthetopfloor -


Tre elementi per descrivere un vino, tre ingredienti per realizzare un piatto, tre le componenti essenziali di una fragranza, tre il numero perfetto. Sono d’accordo: sintesi, centralità e semplicità premiano sempre. L’eccesso sfocia troppo facilmente nella volgarità e l’eleganza non ha bisogno di mettere manifesti: è non dichiarandosi che c’è; non ti viene a stringere la mano, lancia uno sguardo e accenna un sorriso; non alza la voce, si fa ascoltare; non dà spiegazioni, lascia intuire.

Cede spazio al mistero, al fascino ipnotico di sensazione e suggestione. Al Ristorante Da Ü Titti pare si vada controcorrente, con una cucina che supera il comandamento – o costrizione? – dei tre, in un contesto, quello delle alture di Lingueglietta, anch’esso votato alla molteplicità, perché sfuma il mare con la montagna, con un risultato che toglie il fiato anche a soli 300 metri sul livello del mare. Quanto a Riccardo e Chiara, pure loro sono un bel mix: origini lombarde e dimora ligure – peraltro scelta molto bene, visto che Lingueglietta è nota come uno dei borghi più pittoreschi della Riviera di Ponente.

C’è, quindi, un di più, che va oltre il limite sicuro e rassicurante della triade. C’è la mano di uno chef che aggiunge, che sapientemente supera il movimento di tesi, antitesi e sintesi per salire a un livello di complessità ulteriore. Coco Chanel diceva di togliersi qualcosa prima di uscire di casa, per alleggerire il look e liberarsi da superflui surplus; Riccardo, invece, aggiunge, e lo fa certamente con creatività, ma ancor più con consapevolezza, convinzione, fermezza e stile. Ricompone la difficoltà di piatti multilivello in creazioni equilibrate di sofisticata eleganza dove la semplicità effettivamente non c’è, ma si ritrova al palato: un’articolata composizione di colori nel piatto, una tavolozza armonica e piena di personalità; poi, alla prima forchettata, il tocco dell’artista: rimane la personalità, si intuisce la complessità, ma il messaggio è chiaro, pulito, fermo.

La moltitudine non è eccesso, qui, perché viene abilmente contenuta, bilanciata e raccolta in un tutto ordinato e proporzionato, mai confuso. Piatti fatti da così tanti puntini – gli ingredienti – uniti così abilmente da diventare circonferenze. Cerchi di Giotto. Et voilà. E se l’arte va narrata, Chiara lo fa con rispetto, classe, gentilezza e amore. La freschezza e la purezza della sua accoglienza riflettono quella dell’aria, lassù, in una splendida giornata autunnale di sole, che mi inviterebbe a pranzare sulla terrazza vista mare. Per fortuna, con affetto mi si frena l’entusiasmo e mi si suggerisce di pranzare all’interno, per evitare che il vento – pur sempre fresco e ottobrino – mi ci faccia volare dentro, a quel mare. La sala è una bomboniera da 25/30 coperti, dai toni neutri con delicati tocchi di blu. La classicità di mattoni a vista ed elementi in legno riscalda l’ambiente, che, nell’insieme, è arredato con gusto moderno e raffinato minimalismo.



Barbagiuai e brandade di baccalà gli invitanti amuse bouche di consistenze croccanti e gusti sapidi. La Liguria si conferma buona e bella agli occhi dei lombardi.



Uovo con seppie, acciughe, limone e nocciola.



Ombrina, barbabietola, lamponi fermentati, segale e panna acida: una costellazione di colori e gusti, perfettamente centrata. Toni di dolcezza rosa, personalità rossa per decisione e acidità.



Rana con riso, prezzemolo, mandorle, aglio nero fermentato e chilli. 



Bosco è una tonificante passeggiata d’autunno, tra profumi balsamici e gusti terrosi.Funghi porcini, trombette dei morti, mele, fichi, topinambur e abete inebriano occhi, naso e palato in un piatto che poteva sembrare monotematico ma che qui si evolve in complessità, mantenendo l’eleganza.



Raviolo verde con coste bruciate, ceci, totanetti e pata negra.



Palamita con radicchio agrodolce, fico, pistacchio e agrumi. Se nella complessità il colore guida, questo piatto è un’ideale continuazione dopo l’ombrina.



Coraggioso dessert lo Sweet pork: pere, finocchi canditi, tamarindo e…ciccioli di maiale! L’ho assaggiato solo perché a questo punto sapevo di potermi fidare. E non ho sbagliato.



 Più garbato il Latte, dolce che vive di contrasti nel colore – protagonista assoluto il mirtillo selvatico – e nelle consistenze – con il gelato adagiato su un letto di meringa. Il tutto viene addolcito dal sentore di camomilla, che prepara il palato a un buon caffè da gustare con una piccola pasticceria varia, burrosa e croccante al punto giusto.

Il Ristorante Da Ü Titti a Lingueglietta vale il viaggio per vista e cucina, alta almeno quanto la splendida terrazza con affaccio sul mare.


S.V.



mercoledì 21 novembre 2018

Una questione privata. Degustazione Barbaresco


- di Giovanni Lando -

La lettura del romanzo “Una questione privata” di Fenoglio, ambientato tra le colline sopra Alba e tra Treiso e Neive, ha ispirato l’argomento della degustazione tenutasi a Novello nell’ormai consueta cornice del Rosso di Sera. Prologo L’approccio al Barbaresco poteva apparire più semplice rispetto al fratello maggiore Barolo, se non altro per estensione del territorio (circa tre volte più piccolo) e per il numero delle aziende interessate e quindi è sembrato opportuno, per avere una visione complessiva della tipologia, partecipare a ”Piacere Barbaresco” degustazione organizzata dall’Enoteca Regionale del Barbaresco il 13 e il 14 ottobre. Più di 60 produttori e 107 assaggi sarebbero stati sufficienti per entrare in sintonia con questa denominazione, nonostante l’assenza di molti altri produttori più o meno importanti. 

Gli assaggi portati a termine con Massimo (“Virgilio” nebbiolista) sono stati una trentina circa riguardanti le annate 2015, 2014 e alcune riserve 2013. L’annata 2014 anche declinata in versione riserva non ha migliorato la percezione che sia stata complessivamente una annata sfortunata. Per il 2015 buone prestazioni sono venute da Marchesi di Gresy con Martinenga 2015 (pulizia, finezza, precisione) e Cascina delle Rose con il Tre stelle 2015 (bel naso, sentori di frutta fresca, tannini gentili e ottima bevibilità). Sostanzialmente i Barbaresco di Barbaresco risultano avvantaggiati nella finezza e nei tannini eleganti, intensi e forse più completi e armonici.

Neive, dove predomina la struttura, e Treiso, più nervoso, risultano distaccati con qualche eccezione. Dispiace che alcuni produttori declinino ancora il loro prodotto secondo canoni anacronistici dando al legno della barrique una presenza ingombrante sia all’olfatto sia al gusto. Inoltre, una cosa che ha lasciato perplessi è stata la mancanza assoluta dietro i banchi di mescita dei produttori, giustificati solo in parte dagli impegni della vendemmia in corso, lasciando a laconici e, a tratti annoiati, sommelier dell’AIS il compito di riempire I bicchieri.

La degustazione Con un approccio didattico e l’aiuto prezioso di Massimo sono state scelte bottiglie una più diversa dell’altra per le caratteristiche del terreno di provenienza (esposizione, altitudine e composizione), per l’approccio alla coltivazione, per lo stile di vinificazione di ciascun produttore, per il numero di bottiglie prodotte (da 500.000 a 5000) e per il costo di ciascuna bottiglia.



Sono state scelte le seguenti bottiglie : Roncagliette 2015 La Berchialla di Olek Bondonio Montestefano 2010 Serafino Rivella Rabajá Riserva 2013 Produttori del Barbaresco Barbaresco Riserva 2011 Fabio Gea Pajé 2010 Roagna -I Paglieri Martinenga Gaiún 2012 Tenute Cisa Asinari Marchesi di Grèsy Purtroppo la difficile reperibilità di alcune bottiglie non ha permesso la degustazione di una unica annata ed è stata inserita come bottiglia pirata un Gattinara di Antoniolo del 2011.

Come consuetudine la degustazione è stata condotta alla cieca e i partecipanti (di cultura enologica eterogenea) sono stati chiamati a esprimere un voto per ciascuna bottiglia. Sufficiente da 77 a 80, discreto da 81 a 84, buono da 85 a 88, ottimo da 89 a 92 ed eccellente da 93 a 96. Dal voto complessivo è stata ricavata la media.



Esito della degustazione



La Berchialla - Olek Bondonio Roncagliette 2015



Dal cru Roncagliette, a 280 metri s.l.m. nel comune di Barbaresco orientato da sud ad ovest con una piccola porzione ad est. Resa per ettaro: 50q/ha. Tipo di suolo: Marne stratificate di argilla e limo. Coltivate in regime biologico non certificato. Meno di 1000 bottiglie. Volutamente inserita in apertura della sessione sia perché era la vendemmia più recente sia per lo stile del produttore ha confermato le attese marcando le caratteristiche di freschezza. Buon apporto nei sentori floreali (violetta e rosa) e fruttati(ciliegia e piccoli frutti rossi) con tannini molto fini che contraddistinguono il cru. È sicuramente la bottiglia che più rispecchia il lato femminile del nebbiolo. Ottima la bevibilitá che in parte viene penalizzata dalla gioventù (qualcosa di ancora disordinato e arruffato) e dai sentori di tappo in una bottiglia fra quelle assaggiate. Visto che ci sono tutti i presupposti per una grande annata, matura e strutturata, molto simile, tra le annate più recenti, a quella del 2011, potrebbe ancora crescere. Adolescente inquieto. Media voto 83,94.

Montestefano 2010 Serafino Rivella


Il Montestefano è un piccolo cru ( o MGA) di Barbaresco a quota tra i 175 e i 265 metri s.l.m , una collinetta molto ripida di forma quasi circolare esposta prevalentemente a sud. Colore rubino brillante con leggerissimo effetto granato appare subito elegante nei profumi di mammola frammista a spezie come cannella e pout-pourri di rose secche. Al palato un bouquet di frutti di bosco e rosa canina, confettura di lampone unita al tabacco. Ottima bevibilitá con sprazzi di muscolaritá e potenza. Lungo l’intera serata riesce a esprimersi al meglio delineandosi come una bottiglia che apriresti con gli amici. Buona persistenza, ma le aspettative alla luce dell’annata, ritenuta equilibrata ed elegante erano altre. Premio Dorando Pietri. Media voto 84,35.

Rabajá Riserva 2013 Produttori del Barbaresco


Il vigneto Rabajá è un cru tra i più importanti di Barbaresco caratterizzato da terreno argilloso-calcareo con venature sabbiose in grado di produrre vini completi. Di questa riserva, imbottigliata nell’aprile 2017 sono state prodotte ben 17.304 bottiglie e 1.480 magnum. Al naso esplode con aromi di viola, ciliegia matura, fragola e tabacco, ma al palato appare ancora giovane, di medio peso con il varietale che non è nascosto dal rovere presente marginalmente, elegante .Lungo nella persistenza e un potenziale super. Impeccabile nella fattura senza nessuna imperfezione . Dritto e verticale. Media voto 85.

Gattinara 2011 Antoniolo 


Vino pirata della serata si presenta al bicchiere con un colore rosso rubino luminoso. Al naso si esprime su note di frutti rossi maturi, di violetta e di spezie. Al palato, si sviluppa con naturalezza e ottima struttura. Tannini ben amalgamati ed eleganti e ottimo contrappeso di freschezza. Finale armonioso su sentori minerali e fruttati. Sottile al naso e nella bocca. Bella scoperta. Media voto 88.

Barbaresco Riserva (Notu andava a tartufi senza il cane) 2011 Fabio Gea.



La msòira e ‘l rastél , la falce e il rastrello sono i simboli che contraddistinguono le etichette speciali delle bottiglie di Fabio. Contadino , artigiano , viticultore di una micro-azienda di circa 1 ettaro a Bricco di Neive è riuscito a rimettere in sesto le vigne che erano semi abbandonate conducendole con minimi interventi secondo i principi della agricoltura biodinamica limitandosi allo zolfo e al rame. Rubino con leggerissimi riflessi aranciati , dopo una iniziale e fugace nota di riduzione si apre con una decisa nota di viola progredendo lungo tutta la serata arricchendosi di sentori di spezie e cuoio. In bocca il sorso è tondo, con tannini piacevoli e note di frutti rossi, bonbon alla ciliegia e liquirizia. Persistenza lunga. Esplosivo! Media voto 92,94 .

Barbaresco Pajé 2010 Roagna -I Paglieri


Colore tenue, leggero, luminoso, trasparente rosso rubino con riflessi granato nonostante le lunghe macerazioni , profumo fine ed elegante di viola, frutti rossi di sottobosco che nel bicchiere si aprono in progressione con qualche nota speziata e tostata. Al palato è intenso però dominato da note marmellatose di frutta cotta (mosto cotto e prugne), ha tannini morbidi, una piacevole freschezza e sapidità. Finale lungo e persistente.Da riprovare. Il marketing aziendale ha scelto di collocare le bottiglie al top di gamma per il costo elevato, diventando attraenti per mercati ricchi, ma forse non in grado di apprezzare la finezza o l’eleganza di questi vini. Tuttavia quanta soddisfazione se non puramente economica ci può essere nel sapere che il prodotto possa essere allungato con una coca-cola? Certamente non solo questa ,ma altre domande potevano essere poste direttamente ai produttori se avessero risposto ad una mail, ad un fax o al telefono... Media voto 90,82

Martinenga Gaiùn 2012 Tenute Cisa Asinari Marchesi di Grèsy


Il Gaiún Martinenga nasce da una parcella del cru Martinenga di 2,30 ettari esposto a sud a 265 mt altitudine in prossimità di Asili. Color rosso granato intenso. Al naso si apre con sentori speziati di pepe nero, liquirizia, cioccolato e tabacco. In bocca rosa canina con frutti rossi amalgamati a tannini morbidi e fini. Fresco e sapido con struttura elegante . Molto buona la persistenza. Stile internazionale(affinamento in barrique di rovere per 28 mesi). Media voto 90,35.

Due note conclusive a contorno della splendida serata . Il Barbaresco, convivendo a forza con il fratello maggiore Barolo, potrebbe risolvere il complesso di inferiorità diventando un vino diverso con una classe più raffinata, sottile, ma non “effemminato” come giustamente precisava Paolo Monelli. Rifuggire dunque stili anacronistici privilegiando immediatezza, verticalità e bevibilitá come fanno alcuni giovani vignaioli. Anche se l’area geografica e il numero di produttori sono inferiori a quelle del Barolo, interpreti in grado di ben figurare nel mondo enologico nostrano ci sono e bisogna aver voglia di scoprirli. In effetti fa pensare che fra tutti i produttori proposti a “Piacere Barbaresco” solo uno era presente nella lista della degustazione . Le potenzialità del terroir ci sono, ma dovrebbero essere valorizzate dai produttori locali. 

Giovanni Lando.

Ringraziamenti Roberta del Rosso di Sera per la splendida accoglienza. Massimo Bonetto che ha condiviso le scelte. Massimo Colato per le fotografie