Non ci crederete ma in questo periodo dell'anno al mare fa caldo. Se poi ti metti sotto il sole a picco su un qualsiasi lungomare non protetto dalla vegetazione, o almeno all'ombra di un qualche edificio la sensazione di fusione a caldo aumenta esponenzialmente. " Belìn, ma non si poteva fare in periodo dell'anno un po' più fresco? " . L'argomento principale della giornata è diventato questo. Ed è un peccato perché la partecipazione massiccia e qualitativa non è assolutamente mancata, però prendere in mano bicchieri vulcanizzati al sole ed avvicinarsi ai gazebo dei produttori in trepida attesa di un sacchetto di ghiaccio poteva già rappresentare un atto eroico. I migliori produttori liguri, tutti insieme, tutti o quasi tutti a confronto. Bravi, le intenzioni non sono mancate, non come fanno i migliori ristoratori della Riviera dei Fuori, che per fare gli individualisti riescono in 6 a fondare tre associazioni diverse. Qui, ripeto, almeno nelle intenzioni la disponibilità del repertorio a disposizione degli avventurosi avventori era vasta e qualitativamente alta. Però era oggettivamente improbo mettersi a raffrontare qualsiasi gamma di vini rossi con 30 gradi e il sole che ti batte in testa. Quindi sono stati i vini bianchi a diventare naturalmente i protagonisti della giornata. Per quanto mi riguarda, conoscendo meglio la zona di Ponente, ho cercato di focalizzare meglio la zona di Levante, dove, a parte la star incontrastata che fa di nome Walter de Battè, anche l'azienda La Ghiaia di Sarzana con i suoi convincenti Vermentino, e lo Sciacchettrà di Riomaggiore Giuliani e Pasini sono state le novità più interessanti. Moltissimi gli assaggi, ma diventa inevitabile dopo due ore di sofferenza texana rifugiarsi al fresco e buttar giù due birre e un gintonic. Deliziosa Camogli, ma prima di programmare e organizzare una così bella manifestazione bisognerebbe tenere conto della localizzazione degli stand e soprattutto dare un'occhiata al calendario. Perché alle soglie del mese di Giugno, al mare potrebbe anche esserci molto caldo.
alla ricerca delle emozioni lungo le strade asfaltate e non: del vino, del cibo e della musica
martedì 31 maggio 2011
Vinidamare sotto il sole di Camogli
Non ci crederete ma in questo periodo dell'anno al mare fa caldo. Se poi ti metti sotto il sole a picco su un qualsiasi lungomare non protetto dalla vegetazione, o almeno all'ombra di un qualche edificio la sensazione di fusione a caldo aumenta esponenzialmente. " Belìn, ma non si poteva fare in periodo dell'anno un po' più fresco? " . L'argomento principale della giornata è diventato questo. Ed è un peccato perché la partecipazione massiccia e qualitativa non è assolutamente mancata, però prendere in mano bicchieri vulcanizzati al sole ed avvicinarsi ai gazebo dei produttori in trepida attesa di un sacchetto di ghiaccio poteva già rappresentare un atto eroico. I migliori produttori liguri, tutti insieme, tutti o quasi tutti a confronto. Bravi, le intenzioni non sono mancate, non come fanno i migliori ristoratori della Riviera dei Fuori, che per fare gli individualisti riescono in 6 a fondare tre associazioni diverse. Qui, ripeto, almeno nelle intenzioni la disponibilità del repertorio a disposizione degli avventurosi avventori era vasta e qualitativamente alta. Però era oggettivamente improbo mettersi a raffrontare qualsiasi gamma di vini rossi con 30 gradi e il sole che ti batte in testa. Quindi sono stati i vini bianchi a diventare naturalmente i protagonisti della giornata. Per quanto mi riguarda, conoscendo meglio la zona di Ponente, ho cercato di focalizzare meglio la zona di Levante, dove, a parte la star incontrastata che fa di nome Walter de Battè, anche l'azienda La Ghiaia di Sarzana con i suoi convincenti Vermentino, e lo Sciacchettrà di Riomaggiore Giuliani e Pasini sono state le novità più interessanti. Moltissimi gli assaggi, ma diventa inevitabile dopo due ore di sofferenza texana rifugiarsi al fresco e buttar giù due birre e un gintonic. Deliziosa Camogli, ma prima di programmare e organizzare una così bella manifestazione bisognerebbe tenere conto della localizzazione degli stand e soprattutto dare un'occhiata al calendario. Perché alle soglie del mese di Giugno, al mare potrebbe anche esserci molto caldo.
domenica 29 maggio 2011
Pranzare al Grand Hotel di Alassio ?
L'edificio è molto elegante, la posizione perfetta, gli spazi comuni interni epurati di ogni eccesso, i salotti raffinati e minimalisti, la collocazione del ristorante attraente e coinvolgente se lo scopo è guardare ed essere visti. La carta del "Passage" però invoglia poco, e non è un problema di prezzi, ancora comprensibili tenuto conto della posizione, del blasone dell'albergo e dello spessore dei portafogli che circolano nella cittadina che spunta prezzi al metro quadro dei mini alloggi che veleggiano al largo dei 15.000 euro . Ora, quello che stupirà chiunque si avvicinerà a questa carta, non saranno appunto i prezzi più che accettabili, quanto la descrizione dei piatti, che sembrano usciti dal triangolo della moda milanese. Ci siamo capiti, ok, non si pretende una cucina d'autore, ma per lo meno un po' più di contatto territoriale che modaiolo, o una qualche idea intrigante che stimoli il cliente curioso a varcare la soglia, ma questa è la scelta, e allora mentre stavo entrando mi sono chiesto più di una volta perché avrei dovuto imbarcarmi in una spedizione con destinazione Via Manzoni, Montenapo, Corso Vittorio... Perché? E la risposta è stata no.
sabato 28 maggio 2011
Gradite un Po di Bordo’ ? Ecco il menù di Flavio Costa
Acciughe croccanti farcite di prescinseua su pistacchio
Triglie, ortaggi e burro bianco al tartufo nero
Foie gras, timo al limone e fragole
Animelle, nocciola, liquirizia e fagiolini gancetti
Guancia di vitella piemontese, burro e acciughe salate
Pancetta di maiale romagnolo, sedano rapa e agrodolce di menta e caffè
Risotto bianco con ragù di daino alla Royal
Ciliegie sciroppate, crumble di cannella, fior di latte e spezie
venerdì 27 maggio 2011
La risposta è già dentro di te, però è sbagliata.
- gdf 2011 -
Lo spunto me l’ha dato Dark Knife con la sua ultima recensione from London apparsa ieri su Passione Gourmet. The Dark non lo conosco, così come non so quale significato nasconda questo nick una volta tradotto dall’inglese, ma in ogni caso quest’uomo ha avuto il pregio di scoprire Bruno Loubet. E’ andato fino a Londra e ha scoperto Bruno Loubet, pur sapendo che quello buono ( si fa per dire ) si chiama Edouard, che nonostante sia tra i più insani chef creativi del pianeta è capace di colpi di cucina degni del suo maestro col cappello a falda larga. Lui non serve che venga citato nello specifico prenom, perché che io sappia, di Veyrat ne abbiamo uno solo. Era successo anche a Carlo Cappelletti con Simon Selosse, che invito a provare anche i vini di Richard Leroy. Ora non vorrei insistere sui miei ex associati di Passione Gourmet ma credo che Norbert si ricorderà di una sera a Puy en Velay che risolsi quasi a forza decidendo che andavano bene anche due o tre birre all’aperto sparlando delle nostre ex fidanzate piuttosto che farmi tirar dentro a mangiare salmone e asparagi da tale Francois Gagnaire, per altro mono stellato, ma giunto al punto nel momento sbagliato, tra una Pic e un Marcon. Tra un Serge e un Didier Dageneau spero la differenza sia chiara, ma io stesso sono cascato nella trappola di Jean e Sébastien Dauvissat, mentre su Thierry Mortet sono stato più attento. Leflaive ha compromesso una generazione di apprendisti borgognisti, tra Domaine e Negociant . Dugat invece no, qualche volta a sbagliarsi va bene lo stesso, Bernard o Claude, per una volta è andata bene, così come potrebbe essere tra le gonne delle signore Gros, e così pure nei garage dei Cotat. Si potrebbe proseguire con questo ritmo verso l’infinito, ma per tranciare prima di diventare noioso e prevedibile vi anticipo che più in la vi dirò di Alphonse Pacalet, astro nascente di Fixin ;-)
Gradite un Po di Bordo’ ? Seconda parte: il commento di Luca Canessa
"La soffiata arriva da un “grosso” amico; si va da Flavio a tirare il collo a qualche Bordeaux vecchio, vieni con noi? Io mi faccio pregare e dopo un nano-secondo rispondo senza esitazione “certo, se mi devo sacrificare sempre presente”.
La spianata delle bottiglie mi fa quasi impressione perché oltre ai sopradetti nobili di Guascogna rossi si aggiungono due compagnucci mica da ridere: uno Champagne Belle Epoque ‘96 e uno Chateau d’Yquem 89, tanto per non rimanere con la sete ad inizio e fine pasto, foto di rito e ci si siede a tavola.
Lo champagne apre le danze, si presenta con un colore giallo carico quasi ambrato ed un bel perlage fitto e persistente, ma purtroppo il naso rileva una certa evoluzione, una frutta troppo matura e in bocca il risultato è lo stesso, il vino è ormai arrivato, ha ancora una discreta acidità che lo tiene in piedi, ma niente di più.
Non va meglio con il Pichon Baron ‘89 che a fronte di un tappo in pessime condizioni si presenta “tappato” anche alla prova del naso, peccato, ma le munizioni in nostro possesso sono ancora molte.
Chiediamo un piccolo fuori programma a Flavio per provare l’Yquem e così arriva una mini scaloppa di foie gras con coulis di fragole da urlo che sarà la sposa ideale per il nobile nettare che si presenta con un bel giallo carico, al naso una bella albicocca matura e un finale di arancia amara che ritroveremo in bocca, dove a fronte di una grassezza notevole e di una acidtà molto modesta, la piacevolezza della beva è data proprio da questo finale amarognolo agrumato.
Ora si passa ai due grandi di Pauillac, Chateau La Tour ‘90 di un bel colore rubino intenso con un’unghia appena, appena aranciata, il naso erbaceo, verde all’inizio, per poi virare su un più piacevole peperone verde, pepe e animale, la bocca ancora un po’ squilibrata con una acidità molto pronunciata e dei tannini ancora duri, secondo me un vino ancora in crescita con ampi spazi di miglioramento, ma che già oggi va giù che è una meraviglia.
Chateau Lafite ‘90 un colore impenetrabile, concentratissimo come da copione, un naso meno esplosivo, ma più pronto: un peperone più giallo, pepe e goudron, in bocca molto Parkerizzato setoso, morbido, grasso, marasca soprattutto, ma con pochi spazi per crescere, meno personalità e meno intrigante del fratello.
Il tour continua a Pomerol (e le mie note a essere sempre meno precise, causa alcol, cibo e chiacchiere) con lo Chateau Gazin ‘96 colore rosso rubino carico, naso subito bello con un frutto maturo, cioccolato spezie, ma dopo un po’ nel bicchiere rimarrà poco dimostrando che il vino è arrivato al limite massimo della sua evoluzione, stessa cosa in bocca vellutato, piacevole subito, ma poca cosa dopo un po’ di bicchiere.
V. Chateau Certan ‘96: bel colore rubino intenso, naso piacevole di frutta matura, terra, pepe e soprattutto più persistente nel bicchiere rispetto al Gazin anche in bocca tannino vellutato, morbido discreta acidità, marasca forse prugna e una spanna sopra al cugino.
Le Graves sono rappresentate da Chateau Haut Brion ‘90, colore rosso rubino profondo, al naso tabacco affumicato, terra e tartufo, complesso e molto lungo in bocca morbido, piacevole ritroviamo il tabacco, la marasca ma anche il cioccolato cosa dire anche questa una gran cosa.
Il viaggio prosegue a Saint Emilion con il grande Cheval Blanc ’90, colore rosso rubino intenso, naso intrigante subito frutti di bosco, prugna secca, ma poi anche caffè, affumicato lungo e persistente; in bocca morbido, ma ancora acido con un tannino maturo, un bel frutto , ma anche cuoio e pepe, un grande vino.
Insomma una gran bella giornata con grandi bocce e una splendida compagnia e non so se i miei compari, molto più preparati di me saranno d’accordo, ma metterei sul podio per primo il Cheval Blanc e molto vicino il Latour e speriamo di poter replicare presto, con altri “mostri” in altri lidi."
Luca Canessa