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lunedì 6 marzo 2017

Si chiamava Il Rigolo


- del Guardiano del Faro -


La felicità è un obiettivo comune ma diversamente raggiungibile, dipende dall'orario in cui la cerchi. 


stanotte vi racconto una storia anche se quell'ora è di pranzo


Potevano essere approssimativamente le 12.30 del 15 Marzo 1998. Tornando da Monaco dovevo decidere dove fare gastro-tappa su Savona. Del Rigolo si dicevano cose contraddittorie, quindi interessanti.

Ma quell'apertura serale e quel pranzo ammesso solo su prenotazione mi portò alla stellina che brillava sull'Hotel del Mare. Se fu un bene o un male non l'ho mai potuto sapere. Chissà che caratterino aveva a 28 anni Gianni Nicosia, prima di intraprendere l'impervio cammino nella Valle Argentina che l'avrebbe portato, passo dopo passo, alla felicità.


Anche lui arrivava da Monaco, da Monte Carlo, dall'Harry's Bar dei Cipriani, in Galleria al Metropole, dove più del francese imparò l'accento veneziano dai cuochi della Laguna al mare.

Più che arrivare era tornato, a casa, a Savona, dove aveva studiato da cuoco avendo come compagno di banco Flavio Costa, che nel frattempo -nel '98- probabilmente stava frullando zucchette trombetta nella cucina del Palma di Alassio.

Al Rigolo, Gianni, non lo so per certo ma lo posso benissimo immaginare, aprì con ambizioni poco occultate. Apertura serale, tovaglie stirate al tavolo (tondo e ben distanziato), argenteria e cristalli Riedel, 12 pesci diversi in carta da tenere a bada (senza abbattitore ne' sottovuoto) e carni e pesci da mangiare con le mani. Anche vicendevolmente, maniera vivamente consigliata per potersi poi leccare,  le dita : lui e lei. Altri piatti serviti "normalmente", ma quel tipo di servizio spiazzava parecchio all'epoca.

Ma che fai se non ci sono le posate al tavolo? Negli anni '90 non era così normale mettere le mani nel piatto e in bocca alla tua ragazza in un ristorante elegante. Al cinema si, ma al ristorante.

Doveva essere una bella testa di nicchia il Gianni Nicosia. Peccato non averlo conosciuto in quel tempo, dove però i cuochi testa di nicchia non erano rari. Figurarsi poi se -come Gianni- arrivavano da esperienze in luoghi dove gli eccessi erano l'ordinario e non l'eccezionalità.

Me lo vedo : Savonesi, adesso vi faccio vedere io.


Le cose non vanno mai come si pensa, con 12 pesci diversi in carta, una cantina devastante, una clientela ottima, ma insufficiente per giustificare l'impegno mentale, economico e fisico. Sul Rigolo -mi dicono- in un cortiletto di Corso Mazzini non lontano dal Priamàr, cominciarono ad accostarsi i tendoni del sipario, mentre poco più in là, sempre a Savona, il suo compagno di banco stava aprendo L'Arco Antico.


Cosa ci dice questa bella parabola? Parabola ascendente o discendente, dipende da dove la guardi. A me dice solo una cosa. Vorrei cercare di rimetterli di nuovo insieme per un giorno allo stesso banco, per fare una cosa che dia un senso ad una storia parallela, portando la buona cucina in Piazza, qui a Triora. Nessun lusso. Solo buona cucina per tutti.


Mangiamo qualche cosa qui all'Erba Gatta di Triora, cercando di trovare un accordo. Sono ottimista


 Il Branda ben agliato

Una golosa e croccante schiacciata al rosmarino e toma di pecora Brigasca


Zuppetta di fagioli 

Strepitose tagliatelle al ragù di pecora al rosmarino, pomodorini formaggio di pecora 

I biscotti di Triora (all'anice) con L'Ippocrasso. Barbera aromatizzata alle spezie. 

Riuscirò nell'impresa?

gdf

sabato 25 febbraio 2017

Sottovoce e senza foto


- del Guardiano del Faro -

Non ho inventato nulla. Era Keith Floyd, ex chef, ristoratore e poi conduttore televisivo BBC itinerante per fatti inerenti l'alta cucina. Neppure il bicchiere di vino bianco è originale, che è la mia maniera di vivere la cucina altrui in modalità live, sempre in bianco. Ce l'aveva -ce l'ho- sempre in mano, strumento più indispensabile di un microfono per tirare avanti la cronaca, anche stasera.

Il vecchio Keith, che immagino ci lasciò proprio a causa di quel gran bel vizio condiviso, aveva già previsto anche questo dettaglio fondamentale per resistere quattro ore in cucina, cercando di sistemarsi nell'unico angolo libero in attesa della prima comanda, in quel mezzo metro quadro dove non darai fastidio, angolo che in realtà non esiste in una cucina professionale, perché dietro, sotto o sopra di te c'è sempre un qualche cosa che servirà ai cuochi impegnati durante l'orario di servizio.

La sua vittima preferita, un certo Marco Pierre White, impegnato nella preparazione di un indimenticabile coda di pescatrice farcita sotto pelle da St. Jacques scozzesi

Il ristorante stasera è al completo. No fotocamera, no telecamera. Si, la camera in realtà ci sarebbe -grazie Flavio-ma non mi va di occupare l'unico tavolo rimasto, che poi in effetti tornerà utile agli ultimi clienti fuori orario. Non mi va di cenare da solo stasera, meglio godermi lo spettacolo di una decina di cuochi e mezza dozzina di persone di sala impegnate a confezionare e consegnare 400 preparazioni da impiattare alla perfezione in tre ore, prima di essere portate sulle eleganti tavole del 21.9

Chef saucier non alza mai nè i toni nè la voce durante tutto il tempo. Qualche occhiata basta, dal pass, dove rifinisce i piatti, da dove rilancia a voce la comanda appena consegnatagli dal maitre, trovando però il tempo di buttare un occhio sulla stufa e, intervenendo di mano -ma in silenzio- se qualcuno dei suoi va in difficoltà.

Non puoi definirti chef se non sai coordinare almeno questo numero di cuochi, impiegati -ognuno- in una funzione, con delega ad aiutare gli altri quando necessario. Se non sai fare questo sei un cuoco e basta.

Al lancio orale della comanda chi deve rispondere si limita ad un pacato ma convinto "si chef" moderato anche di volume, tanto la cappa è piuttosto silenziosa stasera, come lo chef. Ma lo stagista giapponese appena arrivato, impegnato al taglio millimetrico di un filetto di palamita è stato abituato diversamente, e così ci fa sobbalzare tutti quanti con un clamoroso e urlato "YESS CHEF !!!  " Era alle mie spalle, perché non c'è mai un posto tranquillo in cucina. Mi stavo tirando addosso il calice di Chablis.

Ogni tanto, lo capisco dalla cura con la quale lo chef mette sulla stufa un piccolo tegame, si sta pensando anche a chi osserva, bevendo bene, tanto, troppo e, mangiando poco. Nel corso della serata, senza accorgermene, avrò comunque provato in dosi omeopatiche almeno metà della carta. Percorso netto, senza inciampi, anche mangiando in piedi.

Mi rimarrà incollato al palato fino al mattino il sapore di una pasta ripiena che si chiama : cacio, pepe e pomodoro, persino dispiaciuto -avendo rinunciato alla Nikon- di non essere stato seguito per l'intera serata da una piccola telecamera che immortali un servizio perfetto, ma anche per quello, stay tuned.






lunedì 12 settembre 2016

Settembre : seratona Perriet Jouet al 21.9 di Flavio Costa


del Guardiano del Faro


Lontano dagli occhi ma non lontano dal cuore, dallo Champagne più romantico che si possa immaginare, quello della storica grafica, di quei tempi folli fatti di lusso e voglia di vivere, andando oltre le bruttezze della vita e del design minimalista.

Lontano dagli occhi mi chiedo quanti di quelli che frequentavano abitualmente Lavagnola ed Albissola siano già venuti qui a Piobesi d'Alba più di una volta per ritrovare uno dei tre migliori chef liguri da trasferta.

Gli altri due li conosciamo, li conosciamo bene perché si sono ormai fatti conoscere bene scegliendo una piazza che li possa valorizzare,  Milano. Si chiamano Luigi Taglienti e Eugenio Boer. 

E' vero, ce ne sarebbe un altro, ligurizzato per il solo fatto di aver a lungo studiato alla scuola alberghiera di Finale Ligure, come Flavio Costa. Si chiama Massimo Sola, in trasferta pure lui, addirittura sorpreso a cucinare polpi nella tentacolare New York. Ciao Massisol, fatti vivo, anche senza coltelli nella valigia. 




La risposta di Flavio è si. Il suo pubblico, la sua clientela affezionata continua a seguirlo anche qui, lontano dagli occhi ma non dal cuore, dalla sua cucina più di cuore che di pancia, utilizzando il cervello come strumento mediatore. Anche lui, valorizzato in trasferta.

Il resto è come Milano e Vincenzo, perché se vivi a Roma che ne sai.




Perriet Jouet è pure nel mio cuore, a partire da quella magnum di Blason de France blanc de blancs millesimata 1976 versata su quella ragazza rouge de rouge millesimata 1970 nel 1988. Un buon punto di partenza per comprendere come le origini del mondo, ben irrorate dall'ombelico dello Champagne potevano prendere il rivolo giusto, verso l'amata nota acida fruttata.

L'acidità avant de tout. Traction avant, anche con un po' di pancia che ci confà Flavio. Ci autorevolizza. Hai visto che botta mediatica la Meldol Ale? E il Noto Bob? Tutto fa, soprattutto se sai fare brodi primordiali così convincenti come i fondi per le carni invece di tante minchiate, di cui comunque la comunicazione ha necessità di cibarsi.

E adesso -non appena arriverà l'autunno- quando tutti pensano il contrario arriva la bella stagione da queste parti, quella che profuma di gas della Val Padana e ti sistema il conto anche se lo avessi aperto alla Banca Cooperativa di Caraglio, dove sta parcheggiando con difficoltà l'uomo col cappello e gli occhiali con lenti anti proiettile, quello di Cuneo che guida minacciando con il pugnetto teso al parabrezza l'automobilista con il cappello che lo precede ... quelli li, quelli che quando sentono profumo di trifula e trifulina tirano fuori il portafoglio pesante dalla naftalina e pur senza regalarti nulla ti daranno tutto quello che ti meriti, quindi parecchio.


Ci sarà un po' di tutto, Grand Brut en blanc e Blason en rosé, piombando infine in piena Belle Epoque, blanc e rosè, 2007, 2004 ...


Ore 19.30 Siamo pronti 

Come sempre con Flavio, il menù si rifinisce last minute 

Et voilà 

Pronti 

A table 

 Il servizio dell'olio de La Baita. Fantastico

Si, è il piatto simbolo, quello che ha inseguito Flavio ovunque.


La  giovane P.R. parigina di Perriet Jouet -Ingrid- rimane stupita, segno che il piatto continua ad essere contemporaneo. La ragazza ne vede di piatti in giro per il mondo, eppure la crema di zucchine trombetta con seppia al nero e scorzette di limone colpisce anche lei, lei, che da come pronuncia Perriet Jouet gli compreresti l'intera produzione.

Trota fario, limone piccante, burro bianco e alloro 

Moscardini fragolini, burrata e peperoni di Carmagnola 

Scampi arrostiti con ortaggi di fine estate. Nocciola tonda gentile in diverse consistenze

Tagliolini alle vongole veraci. Emulsione di Taggiasca. Pomodoro e basilico

Il pescato del giorno (forse ricciola?) fagiolane fresche, salsa Champagne e caviale fresco 


Pesca, pesca, pesca 

Fico, fico, fico 

Flavio con Ingrid, la Parigina Apulo Tedesca che si fa capire perfettamente in italiano 

Igor Vendemia decide di esagerare. Non glielo versare addosso però ...

E buona notte a tutti 

gdf è li

Caspita, l'aveva capito anche VG


martedì 10 febbraio 2015

Due chef al mercato 2015 - seconda parte


gdf

La spesa è fatta. I cuochi sono in cucina. Il menù sta per nascere, passo a  passo, durante un lungo pomeriggio passato in cucina. Tutte informazioni e spunti utili in caso di Master Chef. In cucina, e andiamo.

Perché ci vuole occhio in cucina

Il Giuse, Matteo Dimoro e Flavio

Il menù dal programma word sul pc del 21.9 due punto zero


Sta per nascere il piatto vincente del giorno :  Matteo, 200 tortelli di ricotta di pecora Brigasca al burro d'alpeggio aromatizzato d'erbe della piana d'Albenga + grattata di toma vecchia di pecora Brigasca.  Un piatto per due che spero condivideranno anche sulle loro carte in futuro, e anche il Matteo 22 anni punto zero spero se ne ricorderà. Belìn, li ha fatti lui!



L'altro grande piatto del giorno nasce dall'improvvisazione andata fuori controllo. Nel senso che insieme ai filettoni di baccalà Islandese sono spuntate anche delle trippette dagli stock fish, e allora, taglio corto, cottura lunga, crema di carote, aglio, olio, peperoncino.


Professione reporter : il vino di cucina per il fotografo, finito in un oretta. Buono.

38 uova in camicia cotte da Flavio con 38 gradi di febbre in dieci minuti, e poi raffreddate in acqua fredda, senza romperne neanche una. Belìn che mano.
Sembrano mozzarelle. Una in più per il reporter!


E' ora di stirare le tovaglie

La sala è pronta

I vini della serata sono di questo ragazzo che viene dall'Oltrepò, Alessio Brandolino

C'è brezza fuori, ma adesso ci riprendiamo

Erbe aromatiche 

Carciofi e borragine

Finto raviolo di pescatrice farcito di pomodoro confit e foglia di basilico, che sarà servito con crema di cipolla bruciata

Lo staff haut de gamme di sala del Vescovado di Noli in traferta al 21.9

Tre minuti al pass chef: andiamo con la crema di carciofi e terra di nocciole

Il crudo di bonito in insalata, prima della nappata di zabaione di porri di Cervere.
E allora! Arriva sto zabaione?

Albissola vuol anche dire ceramiche artistiche

Secondo vino di Brandolino per la cucina, e per la tavola, da uve Malvasia se non ricordo male

Che va bene qui, con borragine, zafferano e baccalà

Il Costa lascia il segno: ciuppin, uovo pochè e carciofo fritto

Merci le chef!

I cuochi lo sanno quando ci hanno preso in pieno su un piatto. Non lo delegano a nessuno, zero minuti al pass, se lo godono prima loro, e ne hanno tutte le ragioni. Chapeau bas

Filetto di cinghiale in cottura, riduzione di Barbera e fondo bruno.
Sembrava troppo acida la riduzione Flavio!
Sembrava troppo insipida la trippa di baccalà!
Sembrava, sembrava, poi arrivi al dunque e ci metti un mignolo dentro e ... e ha ragione lo chef.

... con crema di cavolfiore ... si, ma il tarassaco?
Sono artisti

Qui ci finirà il bruss con il miele allo zafferano : foto ormai sfocate

Cioccolato, chinotti e carote, il cavallo di battaglia di Flavio


E Buona Notte

gdf