domenica 16 giugno 2013

Viva la crisi


gdf



Nell’autunno del 1993 usciva l’edizione 1994 della Guida Gault Millau. Il contraddittorio e provocatorio editoriale di Christian Millau da un lato allarmava i frequentatori delle tavole più acclamate di Francia, Svizzera, Belgio e Spagna (di cui la Guida si occupava), e dall’altro dava una via di fuga ai lettori, perché una purificazione e una selezione naturale della specie non avrebbe potuto fare che bene all’alta cucina europea, e ne avrebbe anche moralizzato i prezzi.


Inevitabile notare che già in quel tempo i correttori di bozze stavano a dormire, perché scrivere nella pagina principale della classifica Cannes con una n in corrispondenza del dell'estinto Royal Gray di Jacques Chibois, o Bocuse con due c sarebbe stato degno di un bagno forzato nella Senna.



Il fiato lungo della Guerra del Golfo, più della imponente offensiva alleata dalla ’45, provocò tra gli altri effetti collaterali anche la scomparsa di moltissimi arabi dalle sale dei ristoranti più lussuosi di Francia, ma anche degli americani, alle prese con l’altalenante quotazione del Dollaro. Questo clima stava provocando le prime vittime illustri. Ma non era ancora successo nulla, perché ben altre disgrazie dovevano abbattersi. Il dessert storm era dietro l’angolo. Crisi economiche periodiche, i crolli ciclici delle borse (eclatante il 2008), l’attentato alle torri gemelle di New York (2001), il fallimento mai visto di un’intera nazione, anche se marginale come l’Argentina (2002), furono solo alcuni degli eventi che all’interno di quel ventennio cambiarono la vita di tutti.



Ma Millau non lo poteva sapere, eppure accese il segnale d’allarme con largo anticipo, ma forse con un eccesso di prudenza, arrivando a chiudere il suo editoriale di presentazione della Guida con un avviso che più o meno diceva questo: in questo delicato periodo di transizione, un ristorante potrebbe, da un giorno all’altro, modificare i suoi prezzi (al ribasso), oppure sparire. Le informazioni contenute in questo volume saranno dunque da verificare durante l’anno… ecc…


I ristoranti “notati” a 19 o a 19/5 su 20, in quella edizione erano forse 40? Tanti. Il cuoco dell’anno si chiama Olivier Roellinger. Proprio uno di quelli che ha chiuso il suo ristorante gastronomico, ma non per colpa di una qualche crisi economica dei due golfi, come altri del resto. 


In alcuni casi è cambiata l’insegna, lo chef, o lo stile di cucina, ma quel che conta per chi decida oggi di ripartire alla ricerca di un'emozione, credo sia arrivare a quell’indirizzo che gli fece venire  la pelle d’oca quella volta in cui si presentò, giovane apprendista della forchetta, accompagnato da una giovane fidanzata… dicevo, l’emozione di tornare oggi con qualche capello grigio e magari con un’altra fidanzata, moglie o amici assortiti, è, è:  trovare la lampada accesa in corrispondenza alla porta d’ingresso di quel ristorante top degli anni ’90. In altri casi l’insegna potrebbe essere rimasta uguale, ma lo chef andrà magari ricercato ad altro indirizzo.


La seconda soddisfazione sarà ritrovarlo ancora in alto nelle classifiche di considerazione delle guide. Per cambiare e incrociare i punti di vista, come termine di paragone ho preso la “valutazione” Michelin più aggiornata presente on-line, piazzando l’asticella ad almeno “due stelle”, ma spesso si sono rivelate essere ancora tre.


A questo punto potrei anche annoiarvi andando a sviscerare ogni singolo caso. 40 storie diverse, ma non è questo lo scopo di un post, che vorrebbe solo aprire un pensiero, sapendo che di quei 40 sono solo meno di dieci quelli difficilmente rintracciabili oggi, volendo fare la punta alla matita.



L’Italia? Quella Guida si fermava alle località prossime alla frontiera, e così con Baschi e Catalani cominciava a prendere confidenze importanti. Chez nous la nota più importante era rappresentata da un 17 ai Balzi Rossi di Ventimiglia, ma in un articolo apparso in quegli anni sul mensile Gault Millau, Henri Gault  dopo aver mangiato una zuppa di orzo al La Tache pensò e titolò:  Le meilleur c’est le plus fou. Anche noi Baschi, non Catalani: Henri ce l’aveva con Vissani, anche lui, ancora tra i dinosauri del lusso del 2013.

gdf

Credito foto Ambroisie: http://www.luxeat.com/

3 commenti: