del Guardiano del Faro
Chef Marco Sacco |
Sicuramente un ristorante molto
bello. Sicuramente tra i più belli d’Italia e tra i meglio collocati nel
paesaggio lacustre che lo circonda, situazione non rara in Italia, ma spesso in abito pomposo, in palazzi e ville settecentesche o dell' ottocento, piuttosto che in maniera più sobria come in questo caso. Favorito anche per la posizione geografica, in Zona Laghi,
vicino alla Svizzera, non lontano da
Milano e con l’uscita autostradale a cinque chilometri. E non è solo la
posizione a fare la differenza, ma anche la struttura -così protesa sul piccolo
lago di Mergozzo- che è da cartolina, tutto l’anno, qualunque sia la stagione, con lo
specchio d’acqua che riflette la montagna di fronte a forma di lumaca, e con
tanto di trenino che percorre la ferrovia sulla sponda opposta invitando lo
sguardo a seguirlo fino a scorgere il villaggio di Mergozzo. Sembra tutto
costruito appositamente per creare un effetto complessivo che più rilassante
non riesco ad immaginare.
Dietro, le montagne innevate; di
lato, la ricca vegetazione e la strada panoramica che costeggia la sponda fino
a unirsi con il Lago Maggiore, dieci minuti più in là. All’interno dell’elegante
chalet gli spazi sono vasti e ariosi, e consentono di essere utilizzati e
saggiamente destinati alle diverse esigenze della clientela incantata da tanta
bellezza.
Nella soleggiata terrazza vetrata
protesa sul lago dedicata ad una trentina di coperti, dove poter gustare l’alta
cucina di Marco Sacco, pluripremiata da tutte le guide gastronomiche. Oppure
all’interno, in maniera più defilata ma non meno calorosa, magari davanti al
camino per festeggiare una festa in famiglia con menù che non dimentica i gusti
semplici dei bambini. Ed infine nella veranda vetrata laterale, pronta -così come lo spazio verde sottostante- ad
accogliere qualche evento privato che necessiti di spazi più grandi,
perfettamente idonei a ricevere parecchi ospiti senza restrizioni.
Ma per chi non conosce questo
locale e ne varcherà la soglia la prima volta, sarà inevitabilmente lo spazio
sotto vetro dedicato alla cucina a stupire ancor più di tutto quanto già
descritto. Una grande cucina sotto vetro, dove lo chef e i capi partita possono
muoversi in spazi ampi, calmi e freschi; spazi che invitano a pensare, a provare,
a creare quasi autonomamente i singoli piatti.
E saranno gli stessi giovani
ragazzi che costruiscono i piatti (le cui immagini saranno tutte inserite nella
seconda parte) che verranno in sala a consegnarli ai clienti, per raccontarli e
spiegarli sinteticamente. Cuochi giovani, alti, curati, cerebrali; che sanno
parlare e conversare con il cliente, cercando così di far passare al meglio il
messaggio inserito nelle loro estetiche composizioni.
I prodotti e le idee di partenza
sono quelle tradizionali, con ancora qualche deriva esotica, ma sempre meno
evidente come in passato. Passato il mal d’Asia si guarda giustamente più
vicino, perché la zona offre parecchio a ben saper osservare e cercare, e
quindi il progressivo avvicinamento al territorio è sempre più limpido.
Quindi tutto bene, riuscendo
magari a domare e indirizzare su binari certi alcuni slanci giovanili; ma
questo è compito dello chef e non di noi che scriviamo di loro cercando di far
capire le cose a chi legge e non chiudendoci dentro le nostre convinzioni e i
nostri preconcetti.
E chiuderei con un applauso da
condividere con tutta la brigata di sala, nessuno escluso: maitre, direttrice
di sala e sommelier, che dispone di una cantina importante, dove i preziosi e
grandi flaconi andranno alternati (come giustamente fa) con una bella selezione
di vini al bicchiere mentre come un orologio i giovani ragazzi di cucina
presenteranno i loro piatti con un sorriso degno di questa giornata di sole.
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