del Guardiano del Faro
Il titolo non va d'accordo con l'immagine. Sicuramente no. O forse apparentemente no. Partiamo da non troppo lontano, lasciando in pace le anime dei Cistercensi, i muretti di Clos Vougeot, l'Abbazia di Citeux e tutto quanto quei meravigliosi Monaci sacrificarono della loro vita (l'età media alla morte era 28 anni), allo scopo di concentrare tra i muri del Clos più famoso al mondo la massima civilizzazione applicata alla viticultura.
Il fatto è che prima che Notre Dame du Pinot Noir iniziasse ad imbottigliare questa roba buona sotto la sua etichetta, quella del Domaine Leroy (questa dovrebbe essere la seconda annata se le sinapsi non mi tradiscono), di roba altrettanto buona in giro per la Borgogna degli anni '70 e '80 non è che ce se fosse molta, anzi, probabilmente con il gusto di oggi, se andassimo a sondare nei decenni bui del secondo dopo guerra borgognone troveremmo molti più cadaveri nelle cantine che nei cimiteri.
Quindi, come capitò a me capitò anche a quasi tutti quelli che si avvicinarono ai vini francesi di prendere sonore facciate sui vetri delle bottiglie di Borgogna (in rosso intendo), e quindi, avendole pagate anche care quelle ciofeche, per istinto di conservazione veniva naturale rivolgersi al più rassicurante bordolese, dove i prezzi non erano ancora esplosi, e dove con una cifra ragionevole si poteva bere qualche cosa di veramente interessante, e che andava già sopra ad un rarefatto claret, avvicinandosi già pericolosamente alle marmellate parkerizzate, ma non ancora in maniera troppo evidente, almeno non sempre, avendo a disposizione -in enoteche e ristoranti- bottiglie che riportavano in etichetta i due periodi a cavallo del mitico 1982.
Ma già c'era una piccola denominazione che faceva sanguinare il portafogli, e che non stava nel Medoc ma dall'altra parte del fiume. Non stava troppo vicino a Bordeaux ma a Libourne. Ma perchè ci piacevano così tanto i Pomerol? Cos'ha di speciale questa denominazione dominata da sua Maestà Petrus? Tra le molte cose queste: il terreno argilloso, la relativamente piccola dimensione della denominazione (800 ettari) e la prevalenza nel blend di Merlot. Si, però anche St.Emilion sembrerebbe specchiarsi similmente o deformato a questo abbozzo descrittivo, però un Pomerol è diverso da un vino proveniente dalla bellissima collina di St.Emilion, mediamente più austero. E allora, se molti come me, con un palato ancora in via di formazione francesista, si avvicinarono prima a Bordeaux che alla Borgogna un motivo ci sarà stato, e poi chi ha avuto modo di andare oltre, avrà trovato a Pomerol la Borgogna che non aveva trovato in Borgogna, paradossalmente grazie a vini a base Merlot e non Pinot Noir.
"Per questa personalità setosa e untuosa si usa dire che i vini di Pomerol sono i Borgogna di Bordeaux", definizione che non mi sono inventato stamattina dopo un caffè corretto Sambuca ma che ho trovato su un sacro testo francese, che traduce così la sensazione storico-tradizionale collegata a questi vini, ma per nulla folkloristica, quanto vicina all'emozione che un vino di Pomerol può provocare in un bevitore seriale di Medoc. Qui sopra ce ne sono due bottiglie di Pomerol in mezzo ad altre cose di quelle parti, del Medoc. L'Evangile '99 è a parte, perché è già di per se stesso un vino a parte all'interno della medesima denominazione. Qui sopra ci sono un paio di pesi massimi della somma annata 2005 in Medoc: Léoville Barton e Léoville Poyferré. Il primo si riesce anche a bere abbastanza agevolmente già da ora, mentre il secondo rispecchia il gusto che da quelle parti definiscono "americano". C'è bisogno di parecchi anni perché tutta questa massa trovi la sua collocazione in maniera elegante e pacata. Intanto ci sarebbe il Léoville Las Cases '96 a dare un'indicazione abbastanza chiara sui tempi necessari perché il vino trovi un equilibrio e un suo centro di gravità, che però non ha lo stesso equilibrio quasi ruffiano di questo La Fleur de Gay della medesima annata. O l'eleganza non ostentata del Vieux Chateau Certan, anch'esso '96. Eleganza non ostentata ma quella capsula rosa non si può guardare.
Ma ancora una volta, anche se il nostro palato ormai ne ha viste di tutti i colori e di tutte le forme, alla fine, dovendo scegliere, se andrà ancora a parare nei paraggi di un Pomerol ci sarà un perché. In attesa di ritrovare le vecchie e buone abitudini, a partire dallo strep-tease di quella signorina del 1989, da rivedere alla prossima occasione; ma intanto godiamoci questa teen ager del 1999, veramente una grande bottiglia quella che Paolo (il vero The Wine Advocat), regge con estrema e giustificata soddisfazione.
E così per l'abbinamento con l'agnello di Pasqua siamo a posto...
RispondiEliminaA&P