- di Greta Contardo -
I Castelli
ospitano Capocotta, o forse Capocotta ai Castelli, o meglio Capocotta
e Castelli….e se fosse Ai Castelli con Capocotta o magari tra i Castelli,
Capocotta? Boh, facciamo prima: “Una
cena a 4 mani, speciale.”
Che ha di speciale? Procediamo per elenco puntato.
· . La location - quel
fantameraviglioso Grand Hotel d’altri tempi con ammaliante Ristorante con terrazza
che“non riesco più a parlare con questa vista pazzesca a picco sul mare”. “Ai
Castelli” si chiama, e non è difficile immaginare il motivo fiabesco -
strutturale che amplifica l’atmosfera giàda sogno, perché questo posticinoè pure
abbarbicato in cima alla Penisola della bellissima Sestri Levante e gode della
vista scenografica sulle due baie incantate lì sotto, la Baia delle Favole e la
Baia del Silenzio e sul Golfo del Tigullio tutto. Circondato dal parco del
Conte Gualino, è la location da favola per il giorno più bello della tua vita o,
un po’ più alla portata di tutte le tasche e prospettive di vita, per un seducente
tramonto mozzafiato.
· . L’amicizia - non è facile da comprendere per chi non è del luogo, ma da queste parti anche
se scorre buon sangue tra gli uni e gli altri locali, l’erba del vicino sembra
sempre più verde, non ci si guarda di buon occhio; sipensa troppo a cosa fanno
tizio, caio e sempronio e troppo poco a godersi il proprio pane quotidiano
senza mugugnare. Ecco perché “fa strano” pensare che due locali tra i più
sfavillanti della cittadina decidano di fare qualcosa di bello insieme. “Fa
ancora più strano” pensare che la decisione di farlo è stata presa ridendo e
scherzando quando uno è andato a godersi una cena al ristorante dall’altro e, “qui
siamo ai limiti dell’assurdo”, alla fine l’hanno fatto davvero in data 8 maggio
2018.
· . L’atmosfera - che hanno creato è da serata di gala alla buffa maniera. Tutto è in cerca di
perfezione e a suo modo lo è, tutto è fatto con informale formalità, con
sorrisi di divertimento e piacere che sembra sincero, con chiacchiere e
commenti. I tavoli sono vestiti a nozze, in abito lungo e bianco, i camerieri
pure in completo giacca e cravatta. Sono tanti, tantissimi e ronzanoveloci di
qua e di là, ogni tanto perdono il ritmo, ma ritrovano sempre il tavolo giusto.
E sono tanto piacevoli da vedere.
· . L’incontro di cucina - e non parliamo di dialoghi di
culture o di contaminazione di generi culinari. I due cuochi Jorg Giubbani e
Matteo Armanino nei rispettivi ristoranti Capocotta
e Ristorante ai Castelli hanno a che
fare tutti i giorni con gli stessi ingredienti, con la stessa clientela da
conquistare e che va un po’ dall’uno e un po’ dall’alto (giustamente); e con la
stessa cucina ligure rustica e delicata, di mare, monti e tante erbe, da
raffinare con il loro zampino. Lo fanno in modo molto diverso, che poi è simile
a tratti, con la stessa identica intenzione di far provare ai clienti
un’emozione o anche solo una sensazione. Come, cosa e perché cucinano non è da sviscerare
in questa sede. Si dica solo che Jorg è quello enciclopedico e ridondante che
aggiunge e aggiunge ai piatti senza mai togliere e come per magia tra tante
creme e ancora più elementi, tra il “Ricordo di una Capponada” e “Non c’è
Scampo per Bugs Bunny” riesce ad arrivare ad un solo unico obiettivo di gusto,
preciso e determinato, buono anche buonissimo. Matteo è dal canto suo delicato,
fine, aggraziato e morbido, i suoi piatti sono quello che piace tanto alle
donne e che in fondo adorano anche gli uomini, un velo dolci e profumati,
sicuri. Una cucina mediterranea semi pura, prettamente di pesce (e ci mancherebbe
vien da aggiungere) che sa tanto di Liguria, quella buona anche buonissima.
Entrambi sono timidi e di poche parole, ma a bocca chiusa e
fornelli aperti parlano tanto. Si sono accordati in qualche modo, o forse han
deciso senza troppi discorsi e hanno fatto siche le due cucine con diverso tono
di voce parlassero all’unisono per una cena, dall’entrèe al post dessert.
E niente hanno creato una cena speciale, “una sinfonia melodica
al sapore originale” per dirla in toni un po’ pomposi. A quattro mani (che poi
erano sei perché ai dolci ha pensato Emily, la new pastry chef del Ristorante
ai Castelli) condotta un po’ dall’uno e un po’ dall’altro, a modo loro allo
stesso modo.
L’aperitivo in terrazza è a cura di Giovanni, il barman di
casa “ai Castelli” con look retrò e baffo importante ed elegante. E ci piace
eccome. Mussels Mary per me (un Bloody di scogliera con acqua di vongole e
Mezcal) e un Pornostar Martini per la mia socia in affari goliardici (una coppa
Martini al femminile addolcita da Passion Fruit e Prosecco.
Entrando entrano le entrèe: oliva sferificata da deglutire
soltanto e Bavarese di pecorino con gelatina di piselli e crackeral timo. Ok la
prima ci sta, ne vorrei almeno una dozzina della seconda.
Il cesto del pane è stato abolito da questa cena, ottima
scelta per ridurre il consumo compulsivo di carboidrati raffinati tiepidi e
fragranti incantatori di stomaco. Non si fraintenda: il pane, anzi i panini, ci
sono, ma compaiono pochi istanti prima della portata in arrivo e sono pensati
in farine e aromi per farle da companatico più che da pane. Panino all’oliva
taggiasca, al pesto, al peperone, all’artemisia e ricotta, in ordine di
apparizione.
La Caprese di Sgombro è decisamente di Jorg (le foglioline
di barbabietola non mentono). Sgombro marinato che trattiene appena l’aroma del
limone, tre, quattro o cinque variazioni di pomodoro rosso e giallo, più o meno
dolci e un quartino di mozzarella di Bufala. Non manca l’origano. Full Taste,
obiettivo partenopeo salmastro centrato.
Un po’ di #orgogliopesto in Matteo, in formato Ravioli ripieni con
crema di patate sotto, fagiolini e gamberi viola sopra e pesto dentro a far da
filo conduttore. Rotondi e morbidi in bocca ricordano nella dolcezza e nel
comfort le lasagne al pesto…e come guizzano di bontà quando si incontrano i
pinoli tra i denti! Anche se i ravioli al pesto non sono certo una novità, ogni
versione è buona buona a mano sua e bocca nostra. In Pesto We Trust.
Il Risotto Cacio e Pepe di Matteo non è all’onda, ma alla
ligure il che vuol dire che è bello compatto nel piatto e cremosissimo in bocca.
A pezzetti sottili c’è del baccalà in
olio affumicato sopra e dentro, che si perde un po’ perché il risotto cacio e
pepe è proprio tanto buono di suo. E lo è ancora di più quando interagisce con l’allegra
e intensa dolcezza dell’incantevole rosa di peperone Piquillo rosso. It’s all about
Piquillo.
La Razza di Jorg è Evergreen, perché è sommersa da una
coltre di verde. Verde il Levistico, verdi le fave croccanti, verdi i germogli,
verde il raviolo d’acqua seminascosto al prebuggiun e verde anche la mela,
verde. Anche il gusto è di verde, di erbe primaverili appena raccolte e vivaci,
un po' tanniche e tanto amare. Amara anche la pelle bruciacchiatina della razza
tanto morbida che non serve nemmeno tagliarla. È un piatto stupefacente che
stupisce tutti, prima li intontisce perché diamine se sveglia il palato
coccolato di dolcezze salate fino a quel momento e poi lo conquista con un
delicato equilibrio di mare e amarezze e profumi di prima collina. È un piatto
non da Jorg, o meglio è un piatto da Jorg visti i cotanti elementi e il tocco
di dolcezza della mela verde che ci sta proprio bene, ma è uno Jorg un po’ più
grande e meno timido che si mette in gioco senza frontiere. B R A V O
Poi tocca a Emily che non si lascia mica metter in secondo piano
da quei due maschi in toque. E se ne esce fuori con una semplicissima Frolla
alla nocciola con cioccolato Caramelia, ciliegie e prescinseua.Le basta un tocco
di classe, una mousse che ti rimane impressa e stampata nel palato e sigilla la
cena, un tocco di classe ‘semplice’ e un dessert come un altro è il dolce ricordo
della serata.
Ci sono anche i Petit Four,da non lasciare li, ancora a
quattro mani: Capocotta presenta le Strosciate olio evo e marsala e le Madeleine
al miele con mela e rosmarino. Emily torna sulla lastra d’ardesia con un
Frollino ricoperto di gelatina al lampone e cardamomo e con il vincitore della
kermesse di fine pasto, un indimenticabile Macaron giallo canarino ripieno di ganache
al basilico e limone. Da far invidia a Pierre Hermé e a Ladurée, Grand Maisons du
Macarons.
Naturalmente si è bevuto (bene): Vermentino LM 2015 Santa
Caterina, Chardonnay 2007 JNK e
Timorasso San Leto 2011 Ricci. E persino un cocktail in abbinamento al dessert.
Combo vincente non si cambia, ma se riuscite a coinvolgere
anche gli altri in cose belle così… WOW proprio - e fate un po’ vedere quanto siete bravi in Liguria anche a Levante
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