mercoledì 16 settembre 2015

Chicchi per le rime


Marco 50&50

Alcuni reggono bene il vino.
Io reggo bene il riso, cereale coltivato da diecimila anni, indispensabile alle popolazione più povere che dipendono dal riso per sopravvivere.
Dopo l’avvento a cavallo degli anni ottanta di nuovi fertilizzanti chimici che permisero di raddoppiare la resa , un agronomo francese osservando i metodi di coltura dei contadini del Madagascar, studiò un metodo, in seguito denominato Sri, System of Rice Intensification, che permise di utilizzare il quaranta per cento di acqua in meno rispetto ai metodi tradizionali, considerando che solo un quinto dell’acqua necessaria arriva naturalmente dalla pioggia si è trattato di una vera e propria rivoluzione, che sta dando, ancora oggi i suoi chicchi, frutti mi sembrava inappropriato.

Lo stesso Comitato Scientifico Expo 2015, colloca questo sistema di coltivazione tra i più grandi sviluppi agricoli dell’ultimo mezzo secolo, nutrire le persone mantenendo in vita la terra, mentre la domanda sale, però, sale di conseguenza anche quella dell’acqua dolce necessaria alla coltivazione, intanto caldo e siccità riducono le aree coltivabili, i cambiamenti climatici osservabili anche nel piccolo, su larga scala potrebbero produrre danni incalcolabili, così la sfida sembra spostarsi su un altro campo, le coltivazioni delle zone aride, dove l’Irri, International Rice Research Institute, sta studiando varietà genetiche che sopportino caldo e siccità.

Ma l’attacco al cereale che sfama mezzo mondo, arriva anche dall’acqua, con l’innalzamento delle acque oceaniche in prossimità del delta dei grandi corsi d’acqua asiatici, dove si concentra la maggior parte della produzione mondiale.

Il conseguente aumento della salinità in questa zona strategica per la coltivazione, è una minaccia ma anche una sfida per quei ricercatori che dovranno trovare nuove idee per poterci garantire una continuità di chicchi.

Ci vorranno studi, prove sul campo, comparazioni, fondi, per raggiungere lo scopo, ma potrebbe bastare, come già è avvenuto, l’intuizione che illumina, in fondo per ottenere risultati strabilianti, è bastato osservare con attenzione, evitando di fare “rice surfing”, dei semplici contadini malasci.

Ngob, il cappello usato da sempre dai coltivatori di riso, emblema di saggezza locale, oggi simbolo del padiglione thailandese appena visitato ad Expo, potrebbe essere lì a dimostrarci che la soluzione, magari, è a portata della mano e del sapere di un semplice contadino.

Adesso però, il chicco multiforme e multiuso mi chiama per un assaggio “letteral-culinario”, allora facciamocelo un giro veloce sul risottovolante.
Dal Tenzone, la battaglia di sonetti tra Dante e l’amico Forese Donati, dove seguendo lo stesso schema metrico si faceva largo uso di doppi sensi utilizzando espressioni crude, volgari ed allusive, deriva l’espressione “rispondere per le rime”.
Qualche tempo dopo, nel 1905 per l’esattezza, ad Augusto Guido Bianchi, scrittore e giornalista del Corriere della Sera, che gli mandò una lettera in versi che esaltava il risotto alla milanese, Giovanni Pascoli, che amava i risotti, in particolare quello che gli cucinava sua sorella Maria, rispose alla battuta con garbo e per le rime :

Il risotto romagnolesco
Amico, ho letto il tuo risotto in …ai! 
E’ buono assai, soltanto un po’ futuro, 
con quei tuoi “tu farai, vorrai, saprai”! 
Questo, del mio paese, è più sicuro 
perché presente. Ella ha tritato un poco 
di cipolline in un tegame puro. 
V’ha messo il burro del color di croco 
e zafferano (è di Milano!): a lungo 
quindi ha lasciato il suo cibrèo sul fuoco. 
Tu mi dirai:”Burro e cipolle?”. Aggiungo 
che v’era ancora qualche fegatino
di pollo, qualche buzzo, qualche fungo. 
Che buon odor veniva dal camino! 
Io già sentiva un poco di ristoro, 
dopo il mio greco, dopo il mio latino! 
Poi v’ha spremuto qualche pomodoro; 
ha lasciato covare chiotto chiotto 
in fin c’ha preso un chiaro color d’oro. 
Soltanto allora ella v’ha dentro cotto 
Il riso crudo, come dici tu. 
Già suona mezzogiorno…ecco il risotto 
romagnolesco che mi fa Mariù. 


Anche il Risotto giallo Milano 2010 dell’Antica Osteria Magenes di Barate di Gaggiano meriterebbe un sonetto, non mi sento ancora pronto a raccogliere la sfida per cui mi astengo, non vorrei che qualche Raspellone di turno mi risponda per le rime, a proposito, il prossimo week end, nell’ambito della Festa dell’Uva più antica d’Italia, si terrà a Caluso il primo Festival del Risotto all’Erbaluce, per una sfida all’ultimo chicco sono sempre pronto, magari con un Risotto all’Erbaluce, paletta biellese, come l’editore e castelmagno mantecato con burro d’alpeggio, anni di allenamento mi consentono di affrontare porzioni che richiedono un potenziale che pochi umani possono permettersi, quindi per un singolar tenzone sono qui.

M 50&50

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