- Silvia Vecchione -
Stessa cabrio, stesso mare.
Era una limpida serata d’agosto: passavo il blush
sulla pelle ancora calda di spiaggia e con cura stendevo il rossetto in un
bell’esercizio di stile, con lo sguardo puntato sullo specchietto per tenere
d’occhio il risultato e, in alternanza, il blu che lentamente abbandonavo alla
mia destra. Non saprei dire chi fosse più malinconico, quella sera, tra me, le
onde lente del mare o il sole al tramonto.
Una bella gara, sicuramente tosta anche per il cabrio, che sembrava soffrisse all’idea di indossare il cappotto ed entrare a Milano; e, difatti, preferì temporeggiare: deviare per credere. Stessa cabrio, stesso mare. Mare che, stavolta, in una scintillante mattinata d’inizio settembre, non abbiamo più voluto lasciarci alle spalle. L’ho voluto vivere tutto, io, questo mare, fino ad invadermene gli occhi. Allagarli di sola bellezza, dalla splendida terrazza panoramica del Ristorante San Giorgio di Cervo.
Una bella gara, sicuramente tosta anche per il cabrio, che sembrava soffrisse all’idea di indossare il cappotto ed entrare a Milano; e, difatti, preferì temporeggiare: deviare per credere. Stessa cabrio, stesso mare. Mare che, stavolta, in una scintillante mattinata d’inizio settembre, non abbiamo più voluto lasciarci alle spalle. L’ho voluto vivere tutto, io, questo mare, fino ad invadermene gli occhi. Allagarli di sola bellezza, dalla splendida terrazza panoramica del Ristorante San Giorgio di Cervo.
Suggestivo il percorso che
sale per i vicoletti dell’antico borgo medievale, tra profumi di Liguria e soffi
di freschezza marina. Già abbastanza per far perdere la testa a una milanese
dall’animo romantico. Gli scalini ci accompagnano fino all’ingresso del locale,
dove una felice promessa è sulla bocca di tutti: oggi, si pranza con vista.
Et voilà, che lifeonthetopfloor sia. Superiamo le sale principali, sontuosamente arredate, dove si respirano raffinatezza, calore e classicismo. “Madame, attenzione al gradino”: mi lascio guidare da chi è di casa, perché troppo spesso, a casa, guido io; il lusso di temporeggiare che fa pendant con il lusso di farsi, di tanto in tanto, affettuosamente viziare.
Et voilà, che lifeonthetopfloor sia. Superiamo le sale principali, sontuosamente arredate, dove si respirano raffinatezza, calore e classicismo. “Madame, attenzione al gradino”: mi lascio guidare da chi è di casa, perché troppo spesso, a casa, guido io; il lusso di temporeggiare che fa pendant con il lusso di farsi, di tanto in tanto, affettuosamente viziare.
L’elegantissima chef
Caterina Lanteri, alla guida del ristorante dal 1975, mi accoglie con parole
bellissime e sincere, corredate da un sorriso autentico, vero, trasparente. Ho
davanti a me una donna di classe innata e forte personalità. In lei, è curato
ogni minimo dettaglio, a rivelare attenzione, gusto, precisione.
“Quando cucino
io, scansatevi”: dichiara, decisa, l’insegna apposta all’ingresso della cucina.
Lo sguardo, però, è dolce, e lo sono anche i contenuti che mi trasmette. Riconosco
in lei tutti quei contrasti che rendono le personalità davvero affascinanti, irriducibili,
calamitiche.
Passiamo qualche minuto a chiacchierare: “pace assoluta” concordiamo, è la sensazione che si vive lassù. Caterina è una persona a cui piace darsi da fare. Difficilmente si ferma. Ricerca, si sfida, si impegna, si supera; ma poi, a volte, confessa, ha bisogno di qualche attimo di pace assoluta. Invade gli occhi di mare, anche lei, insieme a me, poi prende la via della cucina, lasciandomi piacevolmente ipnotizzata e sempre più curiosa.
Passiamo qualche minuto a chiacchierare: “pace assoluta” concordiamo, è la sensazione che si vive lassù. Caterina è una persona a cui piace darsi da fare. Difficilmente si ferma. Ricerca, si sfida, si impegna, si supera; ma poi, a volte, confessa, ha bisogno di qualche attimo di pace assoluta. Invade gli occhi di mare, anche lei, insieme a me, poi prende la via della cucina, lasciandomi piacevolmente ipnotizzata e sempre più curiosa.
Al figlio di Caterina,
Alessandro Barla, è affidata la cantina. Sommelier per vocazione, in lui l’esperienza
ha affinato un talento che è fatto innanzitutto di passione. Alessandro riesce
giusto in tempo ad accoglierci con un Emmanuel Brochet Le Mont Benoit, che già
io non riesco più a trattenere il desiderio di sapere. Ricco e cremoso, come il
décor delle sale, seduce con la dolcezza della frutta bianca lasciando poi
spazio a piacevoli sentori tostati. Per me, un inizio sofisticato in pesca e
mandorla.
Nell’attesa, un cestino di
pane, liguri sfiziosità fritte in formato mignon e cubetti di immancabile focaccia;
a lato, piccole e deliziose olive taggiasche. Un olio tanto profumato quanto
pericoloso, che, su questa tavola vista golfo, ruberebbe la scena persino al
più francese dei burri.
Come antipasto, scelgo un prezioso crudo di gamberi di
Oneglia, con melone, finocchietto e zenzero: un trionfo di freschezza riservato in
esclusiva alla cucina di Caterina, perché lo lavori con rispetto e impeccabile
stile, la sua firma. A seguire, un primo di tagliolini alla carbonara di bottarga
con nocciole e scaglie di tartufo: aromatico, cremoso e croccante, dolce e
sapido; un piatto eccellente nel suo equilibrio.
Scendendo, ogni scalino rivela
un nuovo angolo di mare. Quando il tema è pace assoluta, non rimane spazio per
troppe riflessioni, che sono scomode – spesso – e distraenti – sempre. Meglio,
allora, lasciarsi trasportare, invadere gli occhi di bellezza e non pensare.
Stessa cabrio, stesso mare.
S.V.
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