lunedì 26 settembre 2011

L'autunno Au Cros Parantoux

- del Guardiano del Faro-

L'arrivo dell'atmosfera autunnale e dei suoi profumi di umido, di sottobosco, di legno bruciato , di funghi e tartufi, mi porta con la mente ai sentori che si annusano passeggiando lungo le stradine di Vosne Romanée . Prima nel villaggio e poi rapito e attratto come un magnete verso le vigne che delicatamente risalgono la collina; un piccolo tratto che costeggia la Grand Rue ( ahimè! ) , poi girando a destra trovandomi tra i muretti della Romanée Conti e la Romanée St. Vivant . Infine girando attorno a Les Richebourgs e infilandomi dentro Aux Brulées . Appena più in là si scorge Cros Parantoux. Gli appassionati la storia la conoscono bene, non lo voleva nessuno quel pezzetto di terra di circa due ettari, praticamente abbandonato dopo la seconda guerra mondiale e privo anche di uno stradino che consentisse di raggiungerlo per poterlo lavorare. Troppa fatica e troppo tempo buttato su un terroir difficoltoso e con la prospettiva di ottenere vinelli troppo acidi e dai tannini feroci. Ai Camuzet sembrava interessare poco , invece a Henri Jayer interessava molto sfidare quel terreno apparentemente ostile. Il mito ci lavorò a lungo, già a partire dall'immediato dopoguerra, applicando una serie di tecniche innovative per l'epoca, ma solo a partire dal 1978 l'etichetta Au Cros Parantoux entrò a far parte dei vini da leggenda, pur non essendo neppure un grand cru, e spuntando in seguito prezzi ben più alti di tutti i grand cru della Cote de Nuits, salvo la Romanée Conti.

Il tappo del Cros Parantoux 1989 di Henri Jayer, in apertura invece quello di Emmanuel Rouget 1998.

Ma la storia, come dicevo più su, la si conosce abbastanza bene, mentre l'attualità è quella che ci conferma che le etichette oggi disponibili per i comuni mortali sono quelle del Domaine storico, Meo Camuzet, legato a doppio filo per decenni a Jayer, e a suo nipote Emmanuel Rouget, che ne detiene la maggior parte della parcella. Volendo quindi permettersi di bere qualche decilitro di uno dei vini più mitici del pianeta senza far sanguinare il conto in banca è consigliabile affidarsi con fiducia alle produzioni confidenziali di Meo Camuzet e Rouget .

Il vino ispiratore della giornata autunnale non è quello che vediamo qui sopra ma è invece quello di Emmanuel Rouget, un 1998, che finalmente si comincia a distendere dopo un lungo sonno. E' una caratteristica risaputa quella dei vini di questo piccolo cru - poi promosso a premier cru-, l'attesa è fondamentale perché tutto quanto si fonda in maniera armonica, perché l'acidità è quasi sempre molto elevata, l'estrazione piuttosto sobria e la mineralità in piena evidenza .

Il colore comincia a cambiare, le sfumature granata si individuano nel rubino chiaro e brillante, eredità della sua gioventù. Il naso parte prima sobriamente su toni di fiori rossi e poi più deciso su note evidenti di lampone, frutto rosso e acido come pochi altri, e dunque anche qui il sentore è quello del frutto rosso che da più l'idea di acidità, anche al naso, appunto il lampone, un po' come nei rossi di Coche Dury, dove anche la visione del melograno integra un bouquet dallo spettro molto ristretto. Come cerca inutilmente di spiegare Pacalet ai suoi clienti americani, la nobiltà di un cru si identifica nella precisione del suo bouquet e non nella potenza e nella concentrazione, per lo meno in Borgogna. Poi arriva la mineralità, le sensazioni tartufate con il finale di ritorno ancora insistito sul solito irrefrenabile lampone. Vista la stagione lo vedrei bene con una pernice tartufata, meglio sarebbe una Grouse, ma a trovarla... bisognerà organizzarsi attorno a questi temi per l'autunno, cru di Vosne e selvaggina, ma non troppo forte di sapore, e si, una Grouse con questi vini mi manca proprio.





E infine la mappa, che ci fa capire meglio quale sia la collocazione del cru, apparentemente sfavorevole, ma che il savoir faire del vecchio Jayer ha reso indimenticabile. E ancora un link dal sito di Meo Camuzet, con la visione dal satellite e la fiche tecnica del vino.










http://www.meo-camuzet.com/pages/fiches.php?lang=fr&vin=parantoux



- gdf -

4 commenti:

  1. ... in questi giorni se ne parla anche sul forum del gambero, di Vosne e dintorni.
    FR.

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  2. Visto. Gran bella selezione. I risultati e alcuni commenti mi sembrano quasi tutti tendere alle grandi conferme , nel bene e nel male.

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  3. Con un Parantoux anche lì, però un 2004 )-: , il peggiore.
    F

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  4. Poi arriva la mineralità, le sensazioni tartufate con il finale di ritorno ancora insistito sul solito irrefrenabile lampone.

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