lunedì 25 gennaio 2016

La lepre travolta dall'Intercity - Seconda parte


gdf

Prima parte? QUI


La Voglia Matta di lepre è stata soddisfatta. La numero zero dell'adrenalinco Davide Cannavino ha convinto. Con tutti i limiti delle luci del locale di Catia e Davide, e dell'aspetto fotogenico della ricetta, ma la densità della salsa parla chiaro, nascondendo con sicurezza il medaglione spesso il giusto, ben farcito, e dalla consistenza della polpa forse un po' troppo compatta, ma del resto -per usare un eufemismo- il tempo dedicato alla frollatura è stato piuttosto breve ... non scenderei in ulteriori dettagli. Gli stomachini deboli potrebbero dettare al dito dei più di clicckare e chiudere questa pagina. Adesso.

Se non ce la fate, chiudete qui, subito. Domani ci saranno cose più delicate.


No, non è stata assolutamente la peggiore royale di lepre del decennio, anzi, nella mia personale collezione entra tra le prime dieci, ricordandone circa una trentina a memoria di fegato. No, non è assolutamente facile metterla in scena, così veloce, così scontrosa, così paurosa, così come tanti cuochini che nel dubbio del saper eseguire il certo, inventano invece di interpretare ed eseguire. Però non è morta bene, ne sono convinto, me l'ha fatto intuire di contorno.

Certezze ne esistono, perché è vero che una royale di lepre si comincia a prepararla il lunedì per impiattarla nel week end, dopo una sequenza di passaggi e lavorazioni che vanno all'opposto della tendenza della cucina contemporanea, basata su cotture brevi e da assemblaggi di ingredienti, che è uno stile di cucina piuttosto vicino alla concezione di base di Davide, che è un bel soggetto da analizzare, ma che sul soggetto si è veramente impegnato, e non solo per arrivare in fondo alla prova del cuoco ... pardon, alla prova della lepre, che non gli è sfuggita verso la prossima Riviera.


Con l'aperitivo
Lo snack di testa di pesci in cassetta con frutta secca

Tartare di capriolo ai quattro sapori

Molto altro oltre alla lepre, nello stile dello chef sotto il Turchino, a partire dal suo stecco di teste di pesce in cassetta, unico elemento ittico della giornata, interamente dedicata, oltre alla lepre, a molte variabili selvatiche, anche impreviste, come un'andouillette prossima ai confini delle mucose nasali; ad anticipare cinghiale, capriolo, piccione ...


Da bere? Beh, è stato un piacere raro stappare bottiglie (dell'alta Valle del Rodano) non molto conosciute, ma degne di un menù di tale consistenza. Hermitage Gambert de Loche della Cave de Tain 2001, Crozes Hermitage Cote de Grives Domaine de Combier 2010, Cote Rotie 2001 Les Grandes Places Domaine Monteillet 2001. Vini che rilevano le differenze di terroir pur se derivati dal medesimo vitigno : Syrah.


Vini governati al meglio da il primo special guest di giornata, Matteo Pastrello, capo sommelier di Villa Crespi (da sempre), in riposante e amorosa pausa invernale sulle alture di Imperia, in attesa che Tonino Cannavacciuolo esaurisca i suoi impegni da extra e ritorni ad Orta San Giulio con in tasca le chiavi della Villa.


Arriva l'altro special guest, Matteo Badaracco, impegnato a fondo (insieme a Luca Collami detto anche il Baldin) nello sviluppo del Capo Santa Chiara di Genova Boccadasse, ristorante con spettacolare vista mare, frequentatissimo in ogni periodo dell'anno.





Arrivano anche tante altre cose buone, come lo stracotto di cinghiale con fine crema di cavolfiore al rafano, goduriose tagliatelle tagliate al coltello con potente ragù selvaggio, e poi un fantastico piccione di Greppi, talmente dolce e tenero da poterlo mangiare quasi crudo ... infatti ... e poi la "compressione" di terra di Cannavino, autentico signature dish ormai.


Esce fuori dai sentieri battuti anche questo vino dolce naturale (16 gradi) , senza annata ma con mille profumi intriganti, tra il miele di castagno e la frutta candita, utile per accompagnare gli altrettanto originali dessert poco dolci, che seguono coerentemente il pensiero di Davide. Pensiero originale quanto minimale, espresso sia nel bianco mangiare al profumo di liquirizia, sia nella mattonella digestiva al limone di salvia, o nel più confortante tiramisu di una seconda misura tonica, o forse di una terza moderata. Il tutto documentato a beneficio del nostro album di figurine da lepri, così da poterlo ritrovare e aggiornare, anno dopo anno.
A bientot les amis.
gdf




gdf

p.s. il video non c'entra un belino, ma la cucina non è fatta di sola coerenza


9 commenti:

  1. Un pensiero per la lepre entrata come animale d'affezione e uscita con le ossa rotte anzi disossata

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    1. E un pensiero -condiviso- sull'alleggerimento della salsa, mai avrei detto ... chissà com'era la sera prima ;-)

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    2. I cuochi intelligenti colgono, e poi aggiungono o tolgono

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  2. peccato non essere venuto ma lo stato di salute non me l'ha permesso.
    F.

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  3. Si nota un bel cambio di passo sui dolci rispetto al salato
    Franck

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  4. Penso ,a mente fredda che la lepre alla royal sia davvero una grande ricetta se poi pensiamo quando è stata inventata,1800 e passa con gli strumenti di allora era un piatto di difficoltà elevatissimo come oggi.

    Devo essere sincero che è stato emozionante e propedeutico cimentarmi con una ricetta del genere,ma sulla giornata di caccia in genere.

    Grazie a due dritte utilissime si rischiava di far passare la lepre come pre dessert ;)

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    1. Più dolce di quei tre dessert "non dolci" ? ;-) E' Bravo Luca, arrivato a tempo con la dritta

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  5. Davide corrre come una lepre,speriamo che qualcuno se ne accorga e lo afferri, non ai ferri��

    TMC

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