- gdf archivio 2011 -
- Ah ahh… uscita Arles direzione Camargue, o quasi, diciamo che posto
più ameno non potevamo trovarlo. Un insalata tra i canneti e le saline?
- Più o meno, La Chassagnette è un
vecchio Mas provenzale nascosto tra questa fitta vegetazione, intuisco che
questo le è sfuggito durante i suoi viaggi.
- Abbia pazienza ma sono ormai
diversi anni che non scendo in Provenza con velleità gastronomiche di primo
livello, questo per me è proprio una novità assoluta.
- Non lo sarà particolarmente
invece, si tratta di un altro esponente della cucina naturale, derivata da
prodotti biologici coltivati sul posto, un esponente della generazione dei
cuochi contadini. Lei riesce ancora immaginare un cuoco di successo, uno che
sappia stare al passo coi tempi e non abbia accesso ad un proprio orto
biologico?
- Impensabile, siamo passati dalla cucina del mercato alla cucina del proprio
orto. Una volta gli chef parigini si alzavano presto per andare a cercare i
migliori prodotti, vegetali o altro, ai mercati come quelli di Rungis, appena
fuori Parigi, poi ci fu il momento della priorità del fornitore di fiducia,
sempre il solito, mentre oggi una star come Alain Passard si fa arrivare i
prodotti addirittura dal suo orto, lontano ore ed ore dalla città. Ma è un caso
limite, per chi sta in città è difficile replicare le condizioni di chi sta in
campagna. E’ certo che almeno un erbario lo devono piazzare vicino o nei
dintorni dell’ingresso del ristorante per convincere il cliente della
prossimità di reperimento delle materie prime vegetali, in attesa che ci
mettano anche un pollaio e una gabbia di conigli.
– Lei lo dice sorridendo ma io
non lo escluderei, il chilometro zero è un’altra tendenza, anche se le scuole
di pensiero degli chef fondamentalmente sono due. Quelli che pensano il piatto
in funzione di quanto hanno a disposizione in quella giornata, in quella
settimana, in quella stagione; e poi abbiamo gli chef che pensano il piatto in
funzione di se stesso, secondo la teoria dell’alimento come elemento, e dunque
se gli servirà una ciliegia in novembre per completare una determinata
composizione non esiteranno ad acquistarla a caro prezzo, di qualunque
provenienza sia la ciliegia, ma vorranno la ciliegia in novembre e l’asparago
per Natale invece del carciofo.
- Solo una cosa prima di entrare
qui dentro, ma non andremo per caso ad affrontare una cucina unicamente
vegetariana oggi? O magari fatta di radici, pompelmi e alghe amare come stava
accadendo anche da voi in Italia?
- No, no, stia tranquillo, quella
è un’altra moda che ha fatto flop un po’ dappertutto, il canto del cigno è già
avvenuto; lei prima citava Passard
dell’Arpege, che ci stava provando, e in alcuni menù ha spinto molto in quella
direzione, così come Gagnaire per altri versi, però poi sono tornati tutti
verso menù più equilibrati. Un po’ per le perplessità del pubblico, ma anche
della critica, voglio dire, se un qualche redattore della Guida Gault Millau
scrive platealmente di aver mangiato
delle villane radici in un menù a 300 euro, oppure un cliente lamenta gonfiori
da abuso di verdura, radici, bulbi, foglie, fiori e frutti nel menù
monotematico, sarà lo stesso chef a doversi preoccupare di ritrovare un
equilibrio tra la pura filosofia, i desideri dei clienti e la giustificazione
di certi prezzi, che con un cesto di radici, alghe e pompelmi da riversare nel
piatto è una condizione difficile da
sostenere. Così come applicando all’esasperazione la filosofia dell’acido amaro
fino alla saturazione del palato e del cervello. Ma le sto dicendo cose che ovviamente
conosce, qui invece si tratta di una cucina di frutta e verdura della
proprietà, con pesce e carni reperite non troppo lontano, senza salse troppo
grasse e con un saggio uso di cereali.
– Da come me l’ha spiegato
questo luogo… sa che nella maniera che
me l’ha fotografato mi sembra di aver
già pranzato, potrei passare direttamente al digestivo.
- Non si preoccupi, qui non le rimarrà dell’amaro in bocca, quello è un
sapore che lasceremo ad altri.
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gdf 2011 - segue, ma chissà quando -
Io della Chassagnette ho un bel ricordo che va oltre le radici amare, la carne di toro era favolosa.
RispondiEliminaStronzo&Ladro.
...piatto freddo...
RispondiEliminail mio ritorno alle "radici" è stato "dolce", condivido volentieri il ricordo...Le interpretazioni talvolta allontanano ma tutto torna...dopo l’amaro, l’allegato…
RispondiEliminaMarco
La radici amare erano altrove, così come le alghe, quelle che provocarono l'editto Franconiano: "finché ci sarà insalata non mangerò alghe"
RispondiEliminaPiatto freddo, non c'è fretta a gustarlo, anche cinque anni dopo va bene.
Tutto torna, sono d'accordo, anche quel cerchio è stato chiuso.