giovedì 3 ottobre 2013

Indiani in Metropolitana

Marco 50 & 50
Quando Guccini diceva tra la Via Emilia e il West, non pensavo intendesse "selvaggio West". Alle porte di Milano, nelle grandi pianure, invece, il traffico così come il parcheggio è selvaggio. Manca Cavallo Pazzo ma giovani centauri e meno giovani uomini in carriera, gareggiano con la corriera dei pendolari non più in carriera mentre giovani donne in carriera e non, fanno a gara a chi usa il suv più grande per accompagnare il bambino piccolo all'asilo.

Il parcheggio in doppia fila è il più gettonato, ma saltuariamente il grosso bisonte viene abbandonato senza doppie frecce in prossimità di un incrocio, sulle strisce, (ma non fanno notizia) in curva o davanti al cancello di un palazzo dal quale dovrebbero uscire i mariti che usano la city car, acquistata per le mogli aspiranti piloti o aspiranti i piloti o solo aspiranti-aspiranti.

Ogni tanto qualche vistosa estrosa s'impianta in piena carreggiata, se piove qualunque posto è buono, se il tacco è 12 ci mettono 12 minuti (come i post di pancia o di cuore di gdf), ad attraversare. Si avanza a scatti, anzi a scacchi, un pò per uno come nei duelli e come nel gioco, i  pedoni devono stare sempre all'erta, anche se non è mezzogiorno di fuoco e manca il cuoco per la prova,  perché il pericolo può arrivare da chi si crede il re o la regina, dai palazzi che sembrano torri può sbucare una bici e, se attraversano col rosso, il vigile che ha rinunciato a districare il traffico si trasforma in alfiere sventolante una multa.

Mancano solo le diligenze inseguite dagli indiani, perché le gare coi cavalli sono all'ordine del giorno, sono cavalli motore inquinanti e sfreccianti, ah ci sono anche le frecce, l'arco manca, è un oggetto antico sarà andato a darsi una "rinfrescata" al mare. Le frecce, dicevo, sono un pericolo, soprattutto se non si mettono, si gira a destra all'improvviso e i ciclisti... freneranno. Le fermate degli autobus e dei pullman sono luoghi di aggregazione il marciapiede non fa tendenza, si tende ad impossessarsi della strada. Se senti qualcuno urlare non è certo un coyote che ulula alla luna. Proprio su uno di quelle carovane, l'amico chitarrista, collega e pendolare ne ha sentita una : “arrivati in ufficio il più è fatto”, eh si, perché tutti, due volte al giorno, entrano ed escono da questi avamposti nella prateria, costruiti in cemento, armato fino ai denti.
 In un fortino inespugnabile, (anche se nessuno beve come una spugna perché l’alcol è bandito e senza taglia) con lo stemma del cane giallo e con i camminamenti nord sud est ovest denominati con lettere dell'alfabeto, all'apertura del ponte levatoio entrano centinaia di coloni sopravvissuti alla battaglia lungo il canyon, sulla cravatta da lavoro indossano una targhetta con nome  e numero, così il polso rimane pulito, per entrare devono passare attraverso un tornello conta-pecore sotto l’occhio vigile degli sceriffi alla sicurezza. 

Manca il deserto ma non mancano serpenti e “roditori” anche tra i coloni. Non avendo cavalli, abbeverano se stessi alle "fontanelle" situate nei punti di congiungimento dei camminamenti interni, quelli all'esterno, dotati di vista sul giardino, sono i più ambiti, in questo caso la postazione "caffè senza caffè dalla macchinetta" non è così a portata d'ufficio.

Sono comunque spicchi di cielo o di nuvola (difficilmente rossa) per cui un controsenso per chi è abituato a dormire all'aperto sotto le stelle, che invece sono sopra o al ristorante. Anche l'ora d'aria o la pausa pranzo, sono un controsenso che fa senso, la pasta è scotta, la pizza è di gomma, la griglia è amara ma è un all inclusive, questa è la vita dei coloni nel 2013, se non ci si pensa è normale, forse anche un privilegio, ma alcuni sentono questa mancanza di libertà come una forma di schiavitù anche se liberamente scelta, un degustazione imposta a tutto il tavolo per tutta la vita.

Gli schiavi un tempo, venivano frustati, l’assonanza con frustrati è notevole. E’ tutto un controsenso, non solo “la sciura” col suv, “prigionieri” nel selvaggio west che dovrebbe essere terra di libertà, pellerossa dalla pelle rossa perché disabituati a stare al sole, cercatori d’oro asserragliati nei compro oro, i segnali di fumo divenuti pausa sigaretta. 
Toro seduto non è un grande capo indiano, più probabilmente una borsa indecisa. Mentre stappo un Francia, corta la durata della bottiglia, a casa con amici, pur non avendo ancora tanto spirito nei miei trascorsi, da spirito libero mi chiedo chi possa vivere prigioniero da libero e mi viene in mente un tipo che lavora in mezzo a questi coloni. E’ un indiano metropolitano in metropolitana, anzi con una macchina gialla ma il motore non è un boxer, quindi senza cane.

Il colore della sua pelle, l'aspetto, l'abbigliamento si sono  "biologicamente" adeguati e conformati, ci si abitua quasi a tutto.Sembra muto, farà l'indiano, come il gigante di "qualcuno volò..." che muto non era. Se si farà bastare questa libertà part time, probabilmente non deciderà mai di aprire un varco per uscire nel parco, macchine del cane giallo, eppure dovrebbe solo prendere il suo cavallo giallo senza cane o in alternativa un sottomarino, che dà meno nell’occhio, per rinascere. Eppure, quel 50&50 di Avignonesi insieme ai profumi sembra celi anche  un messaggio da Avignone, che sia pronto anche lui, lui che non si veste di “Celestino”, per un piccolo "gran rifiuto"...


M 50&50

4 commenti:

  1. Bravo 50&50, questo pezzo mi è veramente piaciuto. Uno spaccato della vita (o no) a Milano (o in un'altra grande città) attorno alle 8 del mattino.

    Pallok

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Stasera in tangenziale sembravo matto al 100%, mi farò gli interni in pelle, rossa.
      M 50&50

      Elimina
    2. Purtroppo anche di quelle sotto a 40 000 abitanti, attorno tra le sette e le otto a.m. e p.m.
      Alba

      Elimina
  2. All’andata mi sveglio all’Alba e risolvo, è il ritorno all’ovile che mi frega…
    M50&50

    RispondiElimina