Persona illuminata
e lungimirante, monsieur Lalou, presidente della Maison dal 1939
al 1973, con la vendemmia 1966 creò, con lo chef de cave dell’epoca,
J.Barrot, questo assemblaggio - 50 Pinot Noir e 50 Chardonnay - che costituisce la Cuvée de Prestige della casa, che ha sede a Reims. Prodotta solamente
in annate ritenute eccezionali, passa otto anni sur lattes.
La tipa è
nella mia in cantina, fin dall’uscita (2007) e il tempo, sempre galantuomo, me
la consegna topa assai. E’ maggiorenne, il penale è scongiurato, si può
fare, scarto la coiffe e penetro.
I profumi, all’inizio composti, ma già titillanti
- ah, il Titilla privè - corrono lungo una traiettoria che contempla un
riuscito mix di giovinezza ed evoluzione, se preferisci, fascino conferitole
dalla maturità, ma nulla a che fare con (dis)attitudini attempate, piuttosto
che sfiorite. Frutta secca e gialla – pesca e albicocca – cioccolato bianco e scorza di cedro confit, gocce di miele e nocciola
tostata. Tanta roba, “accesa” da un costante e crescente spaccato gessoso, che impenna…il
naso.
In (di?) bocca ci sa fare, de put@ madre, grazie a effervescenza
sottilissima e cremosità conturbante. Lo Chardonnay garantisce alti livelli di freschezza,
qui maggiormente premiata, rispetto al profilo, leggermente più evoluto, del naso.
Proprio il determinante contrappeso dell’acidità, disegna un palato compatto,
stratificato e “in movimento”.
Resta integra, fino alla fine, la rispondenza
gustolfattiva, con un’ascendente trama gessosa, trafitta da persistenti nuances fungine e tostature di pregio.
I cugini la chiamano maîtrise - padronanza, maestria – classe, per estensione, aggiungo
io, da una tipa giovane, ma già
esperta, con quella esuberante freschezza, in piena progressione, che ce la
consegnerà, tra qualche anno, più scaltra e maîtresse
del terzo peccato capitale.
Immantinente, ricorro al “rendimi casto, ma non subito” di Sant'Agostino.
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