lunedì 3 febbraio 2014

Roagna

- di Danilo Meo -
Luca Roagna nel suo habitat naturale, gli si illuminano gli occhi e parla delle sue viti con una passione fuori dal comune, lo si percepisce chiaramente...
Roagna è una famiglia storica di Barbaresco, la loro prima cantina sta a pochi metri dal centro dal paese. Vincenzo, il padre, e Luca il figlio, formano una classica e tradizionale famiglia piemontese, sia in casa che in cantina con i loro vini. La famiglia Roagna è proprietaria delle vigne più prolifiche e migliori (a mio parere) di quella zona, Asili, Montefico, Paje, Crichet Paje. Le loro vigne sono tenute nel pieno rispetto del terreno, della terra e delle viti stesse, sono tradizionali, lasciano l’erba tra i tralci, le viti tagliate e tutti i materiali di scarto nella vigna stessa. Dalla terra alla terra. Nessun prodotto chimico, “biodinamico style”, nessun intervento che non sia 100% naturale.

Un piccolo passaggio dal sito della famiglia Roagna: I princìpi fondamentali Roagna si possono riassumere nel concetto di foresta. Un ambiente naturale è l’habitat perfetto per la vita; la nostra famiglia aiuta la vite nelle sue fasi vegetative e produttive senza mai forzarla. La terra é perennemente inerbita e si possono apprezzare diverse varietà. Se venissero tagliate o uccise molte specie morirebbero a scapito della biodiversità. Siamo certi che l’Humus prodotto da centinaia di erbe differenti sia molto più complesso di quello ottenuto da una sola varietà. A seconda della vigna a volte si trovano cespugli di menta selvatica, piuttosto che favino, leguminose spontanee ed un’infinità di erbe dai fiori profumatissimi.
Vecchie viti
Perché distruggere questa biodiversità?
In cantina, in un ambiente spartano ma accogliente e familiare, che ben rappresenta la filosofia Roagna, iniziamo a mangiare salumi e formaggi che Giuseppe Costantino, loro rappresentante, ci ha messo a disposizione insieme al pane rustico d’Alba e iniziamo a degustare un Langhe rosso, un buonissimo 100% di nebbiolo 2008, uve ricavate semplicemente  dalle viti giovani di 20/30 anni presenti nelle vigne di famiglia Asili, Paje e Montefico.
Panorama dalla vigna Crichet Pajé

Questo nebbiolo nasce perché i Roagna usano, per i loro barbareschi cru, le uve delle vigne viti con almeno 50 anni di vita e usano per questo nebbiolo base le viti reimpiantate da loro vecchie piante di selezione massale giovani, che hanno circa 25 anni lasciando invecchiare in modo fruttuoso le viti più giovani.
Dalla terra alla terra

Voglio, inoltre, far notare che tutti i barbareschi e barolo maturano in botti grandi di secondo passaggio (minimo),  in primo passaggio, infatti, vi affinano il loro dolcetto, che, oltre ad essere il loro vino d’entrata, permette loro di pulire le botti, che rilasciano così un’impronta molto incisiva di legno ed ottenendo così un vino, che comunque proviene da viti di con più di 70 anni, che può essere bevuto a distanza di 30 anni! Esistono ancora e sono  bevibilissimi alcuni dolcetto Roagna 1986 (esatto 1986 – 27 anni di vita!).
Quindi, il primo degustato è:
Nebbiolo 2008, ancora crudo, molto alcolico, naso potente, rude, in bocca il tannino giovane e scalpitante allappa, aggredisce le gengive, non molto persistente.
Luca Roagna, figlio ed erede dell’azienda nonché attivissimo enologo, ci spiega le sue intenzioni per la giornata, orizzontale di 2008 e stappo di bottiglie coperte.  Ottimo.

Barolo cru La Pira “Vecchie Viti” (come amano scrivere i Roagna e non Vecchie Vigne)annata 2008;  preciso che le ultime piante, le più giovani, del vigneto La Pira, di proprietà della famiglia Roagna, sono state piantate nel lontano 1937 ottenendo quindi un nebbiolo/barolo da una vigna che ha un minimo di 76 anni di vita.. tornando al vino lo trovo balsamico, al naso anche questo è molto alcolico, è nervoso, scomposto, anche questo aggressivo, (è giovane), terziari non ancora completamente sviluppati, esce la liquirizia, frutti rossi, amarena, in bocca tannini grezzi ma giovani, in ogni caso eleganti.
Passiamo ai barbareschi iniziamo con Tutte le “Vecchie Viti” 2008:

Barbaresco Paje 2008, balsamico, terziari non sviluppati perché troppo giovani, fruttato tendendo molto sui frutti rossi, amarene sotto spirito, in bocca è risultato più corto del barolo ma comunque molto franco e diretto.

Barbaresco Asili 2008, da terreni calcarei e sabbiosi e da vigne con più di 70 anni, anche questo molto balsamico, molto “fruttoso” anche questo, sono stati imbottigliati da poco e i terziari non sono ancora del tutto evidenti, predomina la ciliegia, il ribes, amarena sotto spirito, in bocca è un po’ corto ma con un imbottigliamento di pochi mesi è piuttosto normale, ho bevuto barbareschi Asili più vecchi e so esattamente che in bocca sono lunghissimi, persistenti e golosi. Qui si nota la giovinezza.

Montefico 2008, barbaresco, qui si nota l’austerità e la vigna più particolare delle tre, al naso è ancora chiuso amarena, speziato, balsamico, in bocca leggermente acido e scarico rispetto al naso ruspante.
Ora passiamo ai “bambini” grandi…

Barbaresco Paje, Vecchie Viti, Riserva 1998, almeno 12 anni di botte grande, almeno 18 mesi di bottiglia, altro pianeta, al naso molto complesso, speziato, pelle, liquirizia, frutta rossa, cenere, tabacco, incredibile, in bocca è alcolico, tannino verde, elegante, spigoloso, scalpitante, nota acida al fondo.

Barbaresco Crichet Paje 2004, l’ultimo “nato” della vigna Crichet, erbaceo, pelle, liquirizia, terziari non ancora sviluppati, frutti rossi, ribes, tabacco, note di rosa, una nota di menta selvatica (che poi troviamo molto spesso ai piedi delle viti), in bocca bilanciato al millimetro, equilibrato, secco, diretto, una goduria, come in Borgogna, una goduria golosa. E’ ancora troppo giovane.
Arrivano le bottiglie “sorpresa alla  cieca”: 2 che poi diventano 4; Luca ci sfida: voglio sapere se è barolo o barbaresco e le annate.
Nel primo bicchiere un vino dal colore intenso, si vede che è “anzianotto” terziari molto sviluppati pelle, cuoio, tabacco, cacao, cenere, in bocca i tannini sono dolci, levigati una leggera acidità.
Barbaresco Roagna 1990
Nel secondo bicchiere colore ancora più maturo, terziari ancor più definiti, pelle, tabacco, cuoio, china, liquirizia, cenere, come il ragazzo sopra ma più intense da grande annata, in bocca è elegante bello, pieno ma delicato il tannino è delicato e rotondo, grande bottiglia.

Barbaresco Crichet Pajé 1982
Arrivano altre due bottiglie alla cieca, il gioco continua:
Nella prima colore più carico, è più giovane dei due precedenti, erba macerata, viola, cuoio, liquirizia, complesso tendente al fruttato terziari che iniziano a svilupparsi, in bocca tannino giusto, un po’ scontroso, nel complesso un bel barbaresco.


Barbaresco Pajé 1999.
La quarta alla vista è uguale a quella di prima ma il naso è più complesso, erbaceo, molto balsamico, liquirizia, amarena sotto spirito, frutti rossi, viola, in bocca è aggressivo, i tannini giovani mordono le gengive, è un puledro scalpitante che sgroppa.

Barbaresco Crichet Pajé 2002 (giovanissimo anche se in una pessima annata)

All’esclamazione di uno dei commensali: ma dalla botte niente? Luca parte a razzo e torna con una brocca.
Alla vista scuro impenetrabile, al naso scomposto ma senza fronzoli, sta sviluppando tutti i sentori, molto balsamico, a volte spigoloso a volte fruttato, cambia nel bicchiere repentinamente ma è franco, in bocca è crudo allappa, i tannini sono troppo selvaggi, morde e sgrana le gengive, asciuga la saliva.

Barbaresco Asili 2007
Al termine di tutto, rimasti in 4, Luca va a prendere una bottiglia e dice ora beviamo una cosa che non c’è in commercio, bene!
Non la dichiara… colore scuro intenso, al naso è secondo me un bambino appena nato, balsamico, note animali, fortemente speziato, cuoio, tabacco, intenso, potente, in bocca austero, i tannini giovani sono irrequieti, grandissimo corpo che riflette il naso complesso, golosissimo.

Barolo Vigna Rionda Riserva 2005.
Luca ci spiega che non potendo proseguire la produzione in quanto il proprietario dei terreni da cui producevano il loro Vigna Rionda è morto, e gli eredi ne hanno ripreso possesso, hanno deciso di non mettere in commercio la Riserva non potendo garantire una linea continuativa di produzione.
Grazie Vincenzo, grazie Luca.
Danilo Meo

6 commenti:

  1. Grandi vini ma distribuiti male. Non si trovano facilmente in enoteca e nei ristoranti sono carucci
    Beppe

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  2. Basta sbattersi un po' e si trovano.., il prezzo? giustificato dalla grande qualità (allora Gaia vogliamo parlarne?..). Grandissimo produttore, dopo i due colpi bassi assestati dal GdF all'etica "armadilla" mi sto riprendento. Bravo Danilo! Se proprio devo farti un'appunto le schede sono un po' troppo schematiche stile Ais, dai piu' spazio alle emozioni... Besos Lucien

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  3. E si, in effetti non è facile inciamparci in ogni enoteca.
    Sono scelte commerciali difficili da capire per il semplice appassionato.
    Sai se esiste un elenco di rivenditori? Magari sul loro sito?

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  4. Fine ma instancabile, il palato...
    M 50&50

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  5. Un solo distributore in Italia, così si risparmia tempo e le telefonate con i rappresentanti :-) Vino & design di Reggio Emilia.
    gsm

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  6. se penso che il mio bar ha magnum del 1999 che non riesce a vendere a prezzo decisamente buono....
    F.

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