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Sanremo è nostalgica: una perla così – si dice – non può essere dimenticata in fondo a un cassetto; arriverà sicuramente qualche sognatore illuminato a tirarla fuori e riportarla in luce. Sembra la favola della Bella Addormentata, anche se qui la strega non c’è: Re e Regine sì, però; e anche musicisti, scrittori e splendenti First Lady.
Siamo ai tempi della Belle Époque e Sanremo è la più preziosa perla della Riviera dei Fiori, destinazione di punta per il jet-set mondiale; l’età d’oro del Liberty, dei grandi alberghi e delle feste alla Great Gatsby scalpita per tornare in vita tra le maestose mura del Miramare The Palace Hotel Sanremo, riaperto a febbraio 2018 dopo una ristrutturazione premiata dalle cinque stelle lusso e culminata nell’inaugurazione del raffinato Mimosa Restaurant. Basterà a riconquistare il cuore della bella Daisy?
Tre bottiglie di finissimo champagne per riconquistarla. “Les Maillons” Ulysse Collin è il galante invito a cena: arriva in punta di piedi – danzando su note fruttate e floreali – per poi sprigionare – onesto e generoso – un carattere audace, ma anche rispettoso e auto-ironico, mai invadente. Tavolo in terrazza; la vista sulla piscina – colorata di intenso blu elettrico – rinfresca i sensi in una calda serata d’agosto. Per Daisy, insalata di King Krab, ginger rosa e crema di avocado: un piatto straordinariamente bilanciato e rotondo, esotico nell’ispirazione, che regala le sensazioni rassicuranti del rientro a casa al termine di un lungo viaggio.
Il temerario invito a danzare arriva con “L'Apôtre” David Léclapart. Il salone è illuminato da sfarzosi lampadari di cristallo e le pareti bianche luccicano come diamanti agli occhi pieni di meraviglia di Daisy. Il senso, seppur sussurrato all’orecchio, arriva forte e chiaro al cuore: champagne opulento, dal gusto complesso e persistente, elegante messaggero di verità.
Al King Crab segue la capasanta su vellutata di asparagi, spugnole e tonda gentile: la conchiglia di Saint Jacques rivela il proprio candore di perla senza timidezza alcuna, in un accostamento morbido ma deciso; un piatto volitivo che – nella ricerca dell’equilibrio tra purezza salina e intensità terrene – tradisce mano e pensiero dello chef Manuel Marchetta.
Arriva al tavolo la ruota della piccola pasticceria: giocattolo dal sapore rétro, aspirante Wonder Wheel dal retrogusto melanconico, che vorrebbe spiccare il volo verso un’altra dimensione e intraprendere un viaggio nel tempo, ma che, alla fine, sa di essere condannata a girare in tondo. Il panorama è lontano, meraviglioso da osservare, ma impossibile da raggiungere. Daisy abbassa gli occhi: non mi fai più danzare?
Champagne Blanc de Blancs Didier Herbert per scendere dalla ruota e chiudere il cerchio: la freschezza d’agrumi sciacqua via l’ingombrante eccesso di decadentismo; schietto, spensierato, sorridente e giocoso, ci accompagna a bordo piscina: al chiaro di luna, ha la raffinata ironia di una chiacchierata notturna tra amici. La nostalgia c’è, ma non è ostentata; il messaggero ha lasciato un segno indelebile ma nell’eterno ritorno non vi è traccia di meraviglia alcuna. Scendere dalla giostra, aprire gli occhi e lasciarsi stupire. Tre, i momenti della Sanremo nostalgica: passato, presente e futuro. Tre, le bottiglie di finissimo Champagne per riconquistare il cuore della bella Daisy.
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