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alla ricerca delle emozioni lungo le strade asfaltate e non: del vino, del cibo e della musica
Acciughe croccanti farcite di prescinseua su pistacchio
Triglie, ortaggi e burro bianco al tartufo nero
Foie gras, timo al limone e fragole
Animelle, nocciola, liquirizia e fagiolini gancetti
Guancia di vitella piemontese, burro e acciughe salate
Pancetta di maiale romagnolo, sedano rapa e agrodolce di menta e caffè
Risotto bianco con ragù di daino alla Royal
Ciliegie sciroppate, crumble di cannella, fior di latte e spezie
- gdf 2011 -
Lo spunto me l’ha dato Dark Knife con la sua ultima recensione from London apparsa ieri su Passione Gourmet. The Dark non lo conosco, così come non so quale significato nasconda questo nick una volta tradotto dall’inglese, ma in ogni caso quest’uomo ha avuto il pregio di scoprire Bruno Loubet. E’ andato fino a Londra e ha scoperto Bruno Loubet, pur sapendo che quello buono ( si fa per dire ) si chiama Edouard, che nonostante sia tra i più insani chef creativi del pianeta è capace di colpi di cucina degni del suo maestro col cappello a falda larga. Lui non serve che venga citato nello specifico prenom, perché che io sappia, di Veyrat ne abbiamo uno solo. Era successo anche a Carlo Cappelletti con Simon Selosse, che invito a provare anche i vini di Richard Leroy. Ora non vorrei insistere sui miei ex associati di Passione Gourmet ma credo che Norbert si ricorderà di una sera a Puy en Velay che risolsi quasi a forza decidendo che andavano bene anche due o tre birre all’aperto sparlando delle nostre ex fidanzate piuttosto che farmi tirar dentro a mangiare salmone e asparagi da tale Francois Gagnaire, per altro mono stellato, ma giunto al punto nel momento sbagliato, tra una Pic e un Marcon. Tra un Serge e un Didier Dageneau spero la differenza sia chiara, ma io stesso sono cascato nella trappola di Jean e Sébastien Dauvissat, mentre su Thierry Mortet sono stato più attento. Leflaive ha compromesso una generazione di apprendisti borgognisti, tra Domaine e Negociant . Dugat invece no, qualche volta a sbagliarsi va bene lo stesso, Bernard o Claude, per una volta è andata bene, così come potrebbe essere tra le gonne delle signore Gros, e così pure nei garage dei Cotat. Si potrebbe proseguire con questo ritmo verso l’infinito, ma per tranciare prima di diventare noioso e prevedibile vi anticipo che più in la vi dirò di Alphonse Pacalet, astro nascente di Fixin ;-)
"La soffiata arriva da un “grosso” amico; si va da Flavio a tirare il collo a qualche Bordeaux vecchio, vieni con noi? Io mi faccio pregare e dopo un nano-secondo rispondo senza esitazione “certo, se mi devo sacrificare sempre presente”.
La spianata delle bottiglie mi fa quasi impressione perché oltre ai sopradetti nobili di Guascogna rossi si aggiungono due compagnucci mica da ridere: uno Champagne Belle Epoque ‘96 e uno Chateau d’Yquem 89, tanto per non rimanere con la sete ad inizio e fine pasto, foto di rito e ci si siede a tavola.
Lo champagne apre le danze, si presenta con un colore giallo carico quasi ambrato ed un bel perlage fitto e persistente, ma purtroppo il naso rileva una certa evoluzione, una frutta troppo matura e in bocca il risultato è lo stesso, il vino è ormai arrivato, ha ancora una discreta acidità che lo tiene in piedi, ma niente di più.
Non va meglio con il Pichon Baron ‘89 che a fronte di un tappo in pessime condizioni si presenta “tappato” anche alla prova del naso, peccato, ma le munizioni in nostro possesso sono ancora molte.
Chiediamo un piccolo fuori programma a Flavio per provare l’Yquem e così arriva una mini scaloppa di foie gras con coulis di fragole da urlo che sarà la sposa ideale per il nobile nettare che si presenta con un bel giallo carico, al naso una bella albicocca matura e un finale di arancia amara che ritroveremo in bocca, dove a fronte di una grassezza notevole e di una acidtà molto modesta, la piacevolezza della beva è data proprio da questo finale amarognolo agrumato.
Ora si passa ai due grandi di Pauillac, Chateau La Tour ‘90 di un bel colore rubino intenso con un’unghia appena, appena aranciata, il naso erbaceo, verde all’inizio, per poi virare su un più piacevole peperone verde, pepe e animale, la bocca ancora un po’ squilibrata con una acidità molto pronunciata e dei tannini ancora duri, secondo me un vino ancora in crescita con ampi spazi di miglioramento, ma che già oggi va giù che è una meraviglia.
Chateau Lafite ‘90 un colore impenetrabile, concentratissimo come da copione, un naso meno esplosivo, ma più pronto: un peperone più giallo, pepe e goudron, in bocca molto Parkerizzato setoso, morbido, grasso, marasca soprattutto, ma con pochi spazi per crescere, meno personalità e meno intrigante del fratello.
Il tour continua a Pomerol (e le mie note a essere sempre meno precise, causa alcol, cibo e chiacchiere) con lo Chateau Gazin ‘96 colore rosso rubino carico, naso subito bello con un frutto maturo, cioccolato spezie, ma dopo un po’ nel bicchiere rimarrà poco dimostrando che il vino è arrivato al limite massimo della sua evoluzione, stessa cosa in bocca vellutato, piacevole subito, ma poca cosa dopo un po’ di bicchiere.
V. Chateau Certan ‘96: bel colore rubino intenso, naso piacevole di frutta matura, terra, pepe e soprattutto più persistente nel bicchiere rispetto al Gazin anche in bocca tannino vellutato, morbido discreta acidità, marasca forse prugna e una spanna sopra al cugino.
Le Graves sono rappresentate da Chateau Haut Brion ‘90, colore rosso rubino profondo, al naso tabacco affumicato, terra e tartufo, complesso e molto lungo in bocca morbido, piacevole ritroviamo il tabacco, la marasca ma anche il cioccolato cosa dire anche questa una gran cosa.
Il viaggio prosegue a Saint Emilion con il grande Cheval Blanc ’90, colore rosso rubino intenso, naso intrigante subito frutti di bosco, prugna secca, ma poi anche caffè, affumicato lungo e persistente; in bocca morbido, ma ancora acido con un tannino maturo, un bel frutto , ma anche cuoio e pepe, un grande vino.
Insomma una gran bella giornata con grandi bocce e una splendida compagnia e non so se i miei compari, molto più preparati di me saranno d’accordo, ma metterei sul podio per primo il Cheval Blanc e molto vicino il Latour e speriamo di poter replicare presto, con altri “mostri” in altri lidi."
Luca Canessa