La cuvée
Moon è l’assemblaggio studiato e confezionato, intenzionalmente, per il
mercato italiano, che predilige (anche) tagli più dritti, con dosaggi più
contenuti o, come nella fattispecie, in assenza totale di liquer d’expédition.
I vitigni sono i classici tre, le cui
percentuali sono, all’incirca, identiche a quelle della versione brut: Pinot Nero, prevalente, al 65,
Chardonnay al 30 e pizzichi di Pinot Meunier. La 242 è vendemmia 2006, integrata
da un quarto di vini di riserva, vinificazione in legno, malò parziale, 3 anni sui lieviti.
Il mio flacone è stato sboccato nel settembre
2010, già un tot.
Le prime impressioni olfattive sono austere e
sottolineano il peso della bacca nera – è il marchio della casa – con un
ventaglio di aromi che vanno dall’arancia scura al lampone, dal mirtillo alla
ciliegia, arricchito da tostature e rifinito da un compiuto profilo minerale.
Le caratteristiche olfattive si presentano,
in orario, pure all’assaggio, con la consueta autorevolezza del Pinot Nero che
distribuisce tempi, modi e pause allo Chardonnay. Un’intatta acidità segna un
sorso puro e compatto. Eleganza e struttura sono i due pilastri di questa
boccia, il cui assetto verticale – spigolosetto, a tratti severo e
intransigente – non verrebbe, minimamente, compromesso da qualche grammetto di
dosaggio.
Senza dubbio la sorellina, pari grado Moon, a declinazione brut, con un filo di equilibrio e
cremosità in più.
Termina con buon allungo, tutta bacca scura e
convincenti progressioni di caffè, tabacco e curry.
Riscoprilo con un live dell’intramontabile James Brown, aka Mr. Dynamite.
A Milano non fa freddo, per cui stamattina, appena alzato, ho bevuto un bicchiere di acqua minerale e una spremuta di sanguinelli, al mercato le ciliegie erano terminate e all’asta i mirtilli avevano raggiunto cifre da capogiro ancor prima delle otto, sono entrato in un bar munito di moneta e ho chiesto dove fosse il jukebox e di togliere cortesemente banane e lamponi perché volevo “mettere” James Brown, guardandomi storto mi hanno fatto accomodare fuori al caldo, nel dehors sull’asfalto bollente vista traffico, ho ordinato un caffè senza poterne sentire l’aroma perché due indiani che avevano mangiato curry a colazione stavano fumando come turchi, ho aperto l’IPAD rendendomi conto che sarebbe bastato un calice di Champagne del DJ per evitare questa falsa partenza da bollino nero
RispondiEliminaAl Poeta ricordo che banane e lamponi è sempre un classicone!
EliminaDuca Lei ha ragione, ma era una versione strumentale con un video tutorial di nonna Pina che mostrava come preparare una torta giallo rossa senza doversi chiamare per forza Ilary.
Elimina@ severa & intransigente, buon pomeriggio
Mi hanno infastidito entrambi, sia la parola assemblaggio che l'urlo di James Brown alias Sex Machine...che vuoi fare, è presto ancora.
RispondiEliminaAlba
Posso rimediare con altro calice, magari monovitigno, e sostituire l'urlo di James con quello di Chen, Alba?
EliminaNo, sono ormai in assetto verticale impostata a severità e intransigenza.....
EliminaAlba