domenica 16 dicembre 2018

La cucina di Ivan Maniago a Impronta d’Acqua: cose che lasciano il segno


- Silvia Vecchione -
- lifeonthetopfloor -


Che cos’è un viaggio? Un viaggio, per definizione, non può essere lineare. Un viaggio è continua sorpresa, scoperta, apprendimento, emozione, trasformazione. È missione in divenire. È vita. L’intento, quel giorno, era partire verso ovest: go west, il grido di incoraggiamento per spingersi tanto, tanto a ovest, oltre ben due linee di confine, alla ricerca del sole ancora caldo e delle giornate ancora lunghe che sembrano non finire mai.



C’è ben poco di lineare nel volersi spingere, prima della grande traversata, nella sua direzione opposta, spostandosi ancora un pelino più a est. Allungare il viaggio? Che senso ha? Il lusso di temporeggiare. Chi ha detto che poi la destinazione è la meta? Chi ha detto che c’è, poi, una destinazione?




Bene, e allora contraddittorio, irrazionale, illogico sia, ma con un’ottima premessa che è anche una promessa: da Genova, before going west, virare verso Cavi di Lavagna per andare a trovare Ivan Maniago e assaggiare la sua Lepre à la Royale al ristorante Impronta d’Acqua. Siamo ai confini della follia, forse, mangiando lepre prima di un viaggio della durata pari a più di 8 ore…ma le cose buone e belle non possono fare così male, non voglio credere in un mondo così ingiusto.



Impronta d’Acqua è quasi nascosto. Non è il classico ristorante vista mare che t’aspetti, nonostante sia a così pochi metri dalla spiaggia al punto da mandare in confusione il mio gps, forse ancora ignaro di ciò che lo aspettava. Per me non è stato nemmeno il solito pranzo di mare vista mare, perché di pesce, stavolta, ho assaggiato ben poco; però, perché rimanere sul lineare quando si può scegliere di viaggiare?


Un viaggio che lascia il segno, questo. Una cucina d’autore, che del suo autore sigilla l’Impronta: un percorso iniziato quasi per caso, quello di Ivan, che ha scoperto la passione per la cucina lavorando nella pizzeria del paese per arrivare ad affiancare celebri costellazioni di due e tre stelle Michelin come Massimo Bottura, Massimiliano Alajmo e Philippe Laveille. Impronta d’Acqua perché c’è, ma è trasparente, non ha segreti questa mano ferma e consapevole, come non ne ha l’elegante cucina a vista, totalmente esposta su la sala proprio perché non ha niente da nascondere.


Sedevo al tavolo più suggestivo, affacciato sulla cucina, quasi al passe. Cucina di design, luci e temperature giuste segnano il tempo fra successioni di gesti esperti. Nessuna parola: sono sufficienti gli sguardi. Una brigata coesa che opera con ordine e pulizia davanti agli occhi di tutti. Per me, ciò significa tanto lavoro, tanto rispetto e tanta collaborazione. E anche se avessi tenuto gli occhi chiusi avrei capito che questo silenzio non svela freddezza alcuna: al contrario, comunica calore. Il calore di chi ama ciò che fa e dedica al proprio lavoro tutto il tempo. Un lavoro che è arte e disciplina. “Per preparare i panettoni abbiamo dormito qui in corridoio”, confessa Ivan, seduto con noi al tavolo al termine del pranzo per condividere una meritata bottiglia di bollicine e dedicarsi all’arte della conversazione fino quasi al calar del sole. Al calar del sole? Ma non dovevamo partire? Prima vi descrivo i piatti.


Gusto sapido e croccante per i grissini alle spezie, serviti insieme alle cialde al nero di seppia e mais. L’amuse bouche è un tris di leccornie perfettamente proporzionate: pasta soffiata cacio e pepe, tartelletta con crema di acciughe, biscotto al curry con robiola leggera.


La prima entrée è un raffinato esempio di forma neoclassica dal gusto romantico: la scarpetta nel bicchiere è un ragù servito con crema di pane e un tocco di pepe e parmigiano. Ok: ce n’è ancora?



Carne cruda alla brace con salsa all’uovo: far mangiare la carne cruda a me non è semplice, ma questa salsa ha così tanto carattere da convincermi. Cremosa e dal ricercato gusto affumicato che, scoprii poi, fu felice presagio del viaggio (stay tuned…).


Siamo in Liguria con l’entrée di seppia e crema di patate alla liquirizia. La maggiorana selvatica e, in particolare, il limone candito sono gemme di freschezza purissima sul manto di velluto nero.


Segue il primo piatto, il risotto alla crema di prezzemolo con burro all’aglio e lumache. Cottura impeccabile e un’essenza di aromi che tiene testa alle note terrose. Ahimè, sono io che devo ancora abituarmi al gusto delle lumache. Certo è che, da questo livello, sarà poi difficile scendere a compromessi…


La lombatina di lepre è davvero tenerissima. Un primo passo verso il leitmotiv del pranzo, è accompagnata da una gelatina di Sauternes e foie gras secondo un accostamento classico, rivestito di ammirevole creatività mescolata a raffinata tecnica.




Poi eccola, la regina del pranzo: la Lepre à la Royale servita con purè di patate tartufato alla Robuchon. Al centro, un cuore di foie gras e, ad accompagnare il tutto, tagliatelle al ragù di lepre. Una lepre così morbida da gustarsi al cucchiaio. Un piatto che ricorderò e racconterò. Un’Impronta eccellente che rivela ancora una volta, con trasparenza, la cura che c’è dietro.



Il predessert è un delizioso gelato al panettone che rinfresca e prepara il palato al dolce vero e proprio: una fetta del famigerato panettone per cui non si dorme la notte. E se questo è il risultato, sarà vero che la notte porta consiglio…io ero pienissima, ovviamente, ma come resistere a una pasta così profumata? Parola di milanese in trasferta.






Dopo qualche scatto con la brigata, caffè e bollicine conviviali con lo chef. Mentre la luce del sole cominciava a calare sul mare, mi chiedevo come sarebbe stato andare incontro al tramonto, verso ovest, con lo stomaco felicemente soddisfatto e la fame ormai solo di novità e scoperta.



S.V.

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