venerdì 20 febbraio 2015

Aoc Champagne Blanc de Blancs “Les Chétillons” 2000 Pierre Peters



Prima di entrare nel dettaglio di questo flacone, inquadro un attimo il cru, il cui significato circoscrivo prima e blindo poi, al fine di evitare che qualche malcapitato/distratto/saccente/parruccone/erudito incappi, incautamente, da queste parti e impartisca lezioni off topic, a un tanto al kilo, di geografia, piuttosto che di storia, piuttosto che di trigonometria, etc.
Filippiche che, per altro, risultano utili quanto un porcaro davanti alla kaaba della Mecca.
Presumevo, sbagliandomi, che varcate le sogli(ol)e del terzo millennio alcuni paletti fossero ben piantati nella zucca di tutti. Ribadisco, qui si bada al so(li)do, cioè al liquido.
Punto, punto e virgola, due punti (cit.).

“Les Chetillons” altro non è che un lieu-dit di Mesnil sur Oger – il nome non si presta, in alcun modo, nè ad altri riferimenti, nè ad altri significati - all’interno del quale la famiglia Peters possiede tre parcelle di vigne, di oltre 45 anni, che vinifica separatamente.
Lo stile maison è quello di lasciar parlare il terroir che, nel caso di specie, non solo parla, canta addirittura, scalando ottave di bella.

La mia sostava in cantina da 4 anni, ergo un tempo ragionevole per permettere, se del caso, ad un millesimo, generalmente non radioso, di riscattarsi in vetro.
Adesso è oro sfavillante, con perlage finissimo, rettilineo, assiduo.
Al naso c’è qualche lieve traccia terziarizzata che, nel volgere di un quarto d’ora, si disperde non appena il vino inizia ad aprirsi e distendersi.
Intensità e complessità, introdotte da note burrose, speziate e mandorlate, che si sostanziano attraverso una impressionante gessosità – purissima e cremosa – che detta i tempi di avvicendamento ora al muschio, ora al fungo e tartufo, poi ostrica, pera e agrumi confit.

Il palato emoziona per freschezza, ricchezza e potenza. Agile e verticalissimo, ma spalleggiato da materia e struttura proprie della bacca nera. L’apoteosi della mineralità di Mesnil, qui ancora in fase ascendente – ore dieci emmezzo, undici menounquarto – finemente cesellata da texture di fascino, la quale alterna, sapientemente, profondità marine – ostriche e conchiglie – a lucidi tocchi di sottobosco e champignon, scorza di arancia caramellata a miele e cannella.
Interminabile, profondo, largo, alto, basso, di qua, di là, come vi pare, su insistenti e dense consistenze gessate, tatuate di radice di liquirizia.
Con tartare di sugarello e ombrina al sale, sorsi, a tratti anche cerebrali, indimenticabili.


2 commenti:

  1. "Sorsi cerebrali, indimenticabili", si vede che ti sono rimasti impressi bene e senza prendere appunti.
    La marca di liquirizia è Tabù e non Tatoo, ma la possiamo considerare una licenza poetica ;-)

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  2. ...detto dal Principe del calembour ;-)

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