mercoledì 23 febbraio 2011

Il quarto elemento

- del Guardiano del faro -

Il quarto elemento tra noi quattro gatti che ci dilettiamo a far quattro chiacchiere on web su temi gastronomici rappresenta, tra l’altro, il soprannome affettuoso affibbiato a un noto chef stellato e pluri cappellato fattosi notare a suo tempo per la precisa intenzione di non voler mai chiudere la costruzione di un piatto prima di averci messo dentro un elemento più del necessario, atteggiamento frutto del marchesismo craccato, filosofia che non poteva più accontentarsi di fermarsi alla saggia regola del 3. Il quarto elemento è anche inteso per i soliti quattro gatti in carenza cronica di lipidi l’elemento più rischioso da aggiungere quando un piatto è già stato costruito sufficientemente bene per poter reggere un elemento ulteriore che nove su dieci ne comprometterebbe gli equilibri precari: è il solito caso/esempio dello spaghetto al pomodoro e basilico, dove qualsiasi altro elemento aggiunto diventa problematico e quasi sempre disturbante, coprente o comunque superfluo. Il quarto elemento era inteso anche nel poker di pesci da lisca presenti nelle Grande Carte di tutte Les Grandes Tables de France per decenni, dove questi quattro ci dovevano essere sempre : bar de ligne, lotte, dorade royale e turbot. E fosse mancata la lotte ( gli altri mai ) ci pensava le rouget ( al sud ) e la sole ( al nord ) a chiudere il quadrilatero, questo oltre ai due crostacei e alle due conchiglie (scampi e astice più St. Jacques e ostrica) , altro quartetto di elementi spesso impiegati solo nei piatti di entrata mentre tutti i pesci da lisca finivano per editto inappellabile nell’elenco dei piatti principali.



In una occasione non ce la feci proprio a stare zitto e domandai allo chef Christian Morisset,( devo andare a trovarlo in quel Figuier ad Antibes ) titolare in quel momento di una cucina di palazzo tra le più nobili della Costa Azzurra il motivo di tanta carenza di fantasia. La risposta fu che la ricca e pacata clientela del bellissimo Hotel Juana / Restaurant La Terrasse di Juan les Pins non ne voleva sapere più di tanto di quello che stava dentro il mare, aveva imparato quei quattro termini e così poteva bastare per quel due stelle 18/20mi e per decine di altri locali del medesimo livello. Come dire, questa carta è stata realizzata per venire incontro alle vostre capacità mentali. Immaginate lo choc quando Colagreco riempì la sua carta di polpi, saraghi, seppie, sgombri, moscardini e altri misteriosi esseri marini sconosciuti alla clientela assuefatta da decenni di monotonia. Chissà, forse questo è stato il motivo di disperazione per alcuni maitre che hanno lavorato per un breve periodo al Mirazur, incalzati da domande quali: Pas de turbot ? Pas de bar ? Vraiment? In altri momenti il termine è stato invece riferito all’altro poker che assolutamente non doveva mai mancare in un menù degustazione pluristellato in qualsiasi parte d’Europa dove fosse proposto. La cucina borghese e di palazzo, la cucina trois etoiles, la cucina da Relais Gourmand, la cucina Traditions et Qualitè . Qui la ricerca del quarto elemento era talmente elementare da non farci neanche più caso perchè la sequenza arrivava implacabile in ogni menù degustazione degno di questo nome : foie gras, homard, truffes et caviar . Unica variabile poteva essere la sostituzione dell’homard con les langoustines, quando non presenti entrambi.



Sorridevo, prima pensando e poi filtrando con il colino della retina degli occhi le foto dei piatti apparsi ieri su Passione Gourmet e relative al menù degustazione di Philippe Rochat, spartiacque tra il vecchio e il nuovo all’Hotel de Ville di Crissier. Il poker d’assi è stato nuovamente servito e non poteva far altro che vincere facendo saltare il banco , nonostante l’evidente barocchismo elvetico la cui capitale dovrebbe essere Soletta e non Crissier, nonostante le presentazioni ostentative e dell’uso pleonastico di strumenti e ingredienti. La sequenza ruffianissima di ben cinque brodetti cremosi più o meno legati , emulsionati o sbattuti, le buonissime salse classiche , l’immancabile tappa davanti al carrello dei formaggi , i dessert sonnacchiosi quanto decorativi ed un solo pallido segnale di modernismo vagamente minimalista ma immediatamente ridotto alla facile comprensione da una ricca cucchiaiata di caviale fresco a ricordare che il prezzo preteso per il menù avrà così la sua logica e documentata motivazione incontestabile. Queste cose ormai in Europa se le possono permettere in pochi e giustamente le giovani generazioni di chef hanno girato il timone facendo rotta verso materie prime diverse e non così costose , muovendosi più verso la trasformazione e l’accostamento maligno o ruffiano di prodotti a basso prezzo , lasciando perdere i prodotti più classici quanto costosi, perché su queste cose se vuoi fare la differenza devi andare a comprare il top di un prodotto che è già inteso al top e quindi se non sei sicuro di fare il pieno ad una media di 300 euro a coperto chiudi a fine anno. Di un foie gras, di un tartufo nero, di un caviale fresco e di un crostaceo dell’Atlantico il vero gourmet incallito ne ha discretamente piene le palle oltre che averne in mente un repertorio infinito, e quindi se vorrai farlo sobbalzare davanti a quello che per lui è ormai routine dovrai acquistare materie prime costosissime e valorizzarle ulteriormente con la massima cura, che da quelle parti, in Svizzera, non vuol dire lasciarle il più naturale possibile, ma bensì andarci sopra riccamente con altrettanta consistenza di condimento e accompagnamento che sia in armonia o in contrasto, e inconsciamente al cliente, ridurle allo stato cerebrale di texture se vuoi chiamare questa cucina alta cucina. Sono oggi sempre più rari per evidenti motivi i locali che possono permettersi questi lussi corredati da questa qualità sublime, e quindi vale sicuramente la pena di visitarli prima che si estinguano definitivamente come il dodo, prima che la loro clientela si estingua naturalmente per raggiunti limiti di età, prima che la moda del Novecento, la moda del quarto elemento sia ridimensionata o scompaia, e sia rimpiazzata da stili e modi fuori dagli schemi insegnati dai maestri del secolo scorso. Andate a Crissier prima che sia troppo tardi. -gdf -


The Beatles, quattro uomini, quattro strumenti, fantastici quanto datati.

5 commenti:

  1. A Crissier non ho visto "un filo d'oio" in nessuna foto.

    Credo invece che certe materie prime verranno sempre usate nei migliori ristoranti, cambierà solo la provenienza della clientela.

    F.

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  3. Niente filo d'ojo, un etto di ottima panna :-)

    Sicuramente un piccolissima elite rimarrà, bisognerà vedere quanto civilizzata per comprendere certe finezze o se più portata alla cucchiaiata di caviale al naturale.

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  4. "Di un foie gras, di un tartufo nero, di un caviale fresco e di un crostaceo dell’Atlantico il vero gourmet incallito ne ha discretamente piene le palle oltre che averne in mente un repertorio infinito.."
    Parole saggie GdF, pero' se attingi alla ricca (ma cafonissima) clientele dell' Est tutto cio', altamente ostentativo, funziona ancora, eccome se funziona..

    Invece il musicofilo incallito i Beatles li ascolta ancora volentieri..
    L

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  5. Come si fa a non ascoltare i Beatles? I Beatles sono l'inizio. Non i migliori ma originali e son sempre arrivati prima degli altri.
    Son nato, musicalmente, con loro e con loro son cresciuto fino ad un certo punto ma, anch'io, ogni tanto "devo" rivedermi un DON'T LET ME DOWN sul tetto della Apple.
    Saluti.
    LAMAX61°AUC

    P.S. per chi fosse interessato.

    http://www.youtube.com/user/LaMax61auc?feature=mhum

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