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mercoledì 17 dicembre 2014

Testalonga 2013


Cambia l'etichetta, cambia l'annata, ma il succo della questione rimane inalterato negli anni. Anche l'edizione 2013 dei vini di Nino Perrino (ormai star internazionale), segue il fil rouge noto agli appassionati dei suoi vini, appassionati abituati all'originalità, alla diversità, alla variabilità del bouquet del suo "Dolceacqua", come tenderebbe ad etichettarlo, per differenziarlo definitivamente dalle decine di Rossese qualunquisti che infestano l'entroterra ligure, di qualsiasi provenienza.

Ma non servirebbe neppure far del maquillage all'estetica per capire la diversità, come di quella ragazza che fa vanto del suo setto nasale non perfetto, però intrigante, interessante, ed infine affascinante.  Quelli dalla facile puzzetta sotto il naso si stupiranno di sapere che ormai questi rossi vanno in carta in alcuni ristoranti Newyorkesi vicino al centinaio di dollari, a trovarli, perché farne poco di vino, come insegnano in Borgogna, non significa aver poca incidenza sul mercato. A far massa ci pensa già l'impatto vinoso, dove andare a cogliere la mora selvatica oggi è fuori luogo. Bisognerà attendere la stagione migliore, tra qualche mese, quanto il tumultuoso Rossese ... anzi, il Testalonga Dolceacqua 2013 troverà una collocazione dove sistemare tutte quante le sue sfaccettature di personalità


Intanto ci sarebbe da bere a secchielli il bianco, che si sforza a non sembrare ruffiano tanto è gourmand di frutto maturo, da sembrare un 'altra cosa piuttosto che un rude vermentino. Fiori bianchi, crema pasticcera, susine mature ed un rimando citrico a resettare il palato ad ogni bicchiere. La bottiglia dura veramente poco, e poche ce ne sono, ma bisognerà farle bastare attendendo che la movimentata massa critica del Rossese si plachi.


gdf

venerdì 2 novembre 2012

Testalonga, un Rossese di Dolceacqua da Anniversario



- del Guardiano del Faro -

C’era un’aria malinconica l’altro giorno a Dolceacqua, e non poteva essere diversamente, visto il cielo grigio, la pioggia intensa e il vento trasversale che tagliava in due il borgo medievale del Rossese ancor più del Nervia che lo attraversa sotto l’incombente ponte che divide il vecchio dal nuovo. Impermeabile, sciarpina di seta, ombrello, aspettando che il tempo cambi, perché cambia sempre, e velocemente. Arriva la notte di Halloween anche qui, tra le zucche vuote che organizzano la festa.

Quando ho visto la nuova etichetta del Rossese di Dolceacqua e del Bianco Testalonga 2011 mi è scesa una lacrima nella pioggia e ho intravisto il sole. Ma come, ma di nuovo? …Una bottiglia che per un alcolista sensibile come me potrebbe essere la definitiva, indipendentemente dal fatto  che quel giro  di numeri: 1 9 6  1  buttati li dritti o rovesciati possono formare la medesima combinazione che ho scelto per uscire dalla cassaforte e venire fuori a rivedere il mondo…

Non è il Krug ma la prima vendemmia Testalonga, che fu dunque avvenuta nel  1961, e quindi ci risiamo, altro grosso anniversario, altro trip introspettivo all’interno di questa vita, dove per metà della quale sono andato quasi solo a matrimoni e battesimi, mentre nella seconda parte quasi solo a funerali. Un altro ricordo affiora, nel mio "personale decennale" con lui, con Nino; la mia àncora di salvezza in giornate come questa, dove la sua serenità -nonostante tutto- mi fa bene e mi rilassa quanto una bottiglia del suo sommo Rossese 2011. 

Un altro episodio che neanche il web ha dimenticato, figuriamoci noi, che di tanto in tanto ce lo rieditiamo con in mano un bicchiere pieno rischiando di versarcelo addosso dal ridere: With a flourish Roberto produced his coup de grace, a Rossese di Dolceacqua 2003 from Antonio Perrino, a wild brambly glassful made from native Ligurian grapes. Thank goodness he didn’t play the options game and make us guess what it was. (Apparently the winemaker charges €1 less per bottle for it than for his olive oil as the olive oil costs him more to make.)  E ‘ di Fiona Beckett questo brandello  di articolo in slang che pochi hanno inteso, apparso a suo tempo su Decanter web. Fiona Beckett, quella che scrive sul Guardian, what else?


Si ma come sono i 2011 di Antonio Perrino? Il Bianco è proprio come questa vita, scontroso, complicato e controverso, ma alla fine qualcosa di buono ci riserverà. Il Rossese è invece come vorremmo che fosse questa vita, eccellente. Questo Rossese è forse tra le migliori riuscite nella storia della cantina di Nino Perrino, e lascerà il segno per lunghissimo tempo. Visto che siamo in clima malinconico ci metto dentro anche una classica battuta dell’indimenticato Franck The Big One, che quando gli si domandava com’erano certi vini di queste parti esclamava: Belìn, quest’anno si sono sbagliati e l’han fatto buono! Ecco, io spero che anche nei prossimi anni Nino continui a sbagliarsi come per questo 2011, un grande vino da anniversario, profondo, potente, autoritario, vivace di acidità e profumato di more mature ma non confit; tannico più del normale, perché vinificato a grappolo intero, ma soprattutto equilibrato, che è la cosa più difficile da conseguire, in tutti i sensi. Mi spaeso con la mente verso un comune defilato come Morey St.Denis, e mi sento di nuovo a casa.

La caccia è già partita: il vino è già disponibile sia in Svezia che negli States, ma per fortuna anche a Dolceacqua. E anche al Faro.

 - gdf 2012-



P.s. Questo è il colore del Rossese Testalonga 2011, che è il colore che dovrebbe avere normalmente un Rossese di Dolceacqua, e questo è già più carico del solito... e questo bicchiere non troppo dispersivo - appoggiato qui a fianco alla tastiera-  secondo me è il contenitore migliore per goderselo al meglio in questo momento di gioventù estrema. E' buono subito, senza attese, e insisto, se un vino è buono subito difficilmente può diventare gramo nel prossimo futuro; il contrario è molto più improbabile. La foto non è sfocata, e neanche il vino, anche se lo potrebbe sembrare.


sabato 2 luglio 2011

Dolceacqua, Testalonga e le vedove inconsolabili..

E alla fine l'uomo orange mi porto' a Dolceacqua, quel senso di inadeguatezza, quella voglia di ubiquita' che mi pervade ultimamente trova pace solo in giornate così.

Ritrovarsi quasi per caso in questa piccola enclave dove regna il Rossese (no, non voglio chiamarla piccola Borgogna!) mi riempie il cuore di gioia e mi offusca la mente dai pensieri piu' bui e reconditi. Conoscere, e dopo qualche istante disquisire in maniera piu' che confidenziale con personaggi come Nino Perrino aiuta non poco, quando si dice che è l'uomo che fa la differenza.. nulla di piu' vero, personaggio schivo ma dal cuore grande con i vini che parlano per lui.

Il rossese ha trovato a Dolceacqua e dintorni il suo habitat naturale, l'aria che si infila e asciuga i filari in questa suggestiva vallata aiuta a combattere i naturali nemici in agguato, oidio e peronospera, pochi i trattamenti, il meno possibile e tanto lavoro, ecco il segreto! Vini che trasmettono sensazioni e si ripropongono come melodie antiche e ancestrali, con il fluire calmo che propone saggezza. Uve pigiate, botti di legno, l'odore del mosto, il ricordo lontano per queste bottiglie che hanno contato i lustri con la loro patina di polvere ancora addosso.

L''apertura del '78 in un solo ed irripetibile attimo apre uno spiraglio che permette come in un flashback di intravederne l'origine, la genesi di un ricordo sommesso ma intensamente emotivo.

L'uscita dalla cantina di Nino propone ancora suggestioni, le vedove si incontrano in questo stralcio di piazza, chissa' cos'hanno ancora da raccontarsi ma si sa i ricordi non smettono mai di vivere, al contrario dei loro mariti che le hanno lasciate troppo presto..

C'è ancora tempo per una visita alla Mano Rossa, ma questa è un'altra storia che vi ha gia' raccontato con dovizia di particolari l'uomo del faro qui: http://armadillobar.blogspot.com/2011/06/la-mano-rossa.html

E poi via a sorvolare idealmente la vallata, vedere i vigneti fin laggiu' al mare, a presto Sweetwater mi sei gia' entrata nel cuore..

giovedì 3 febbraio 2011

Il vino del giorno : Testalonga 1973 . Della longevità del Rossese.

- gdf 2011 -

E’ molto dibattuto questo argomento sul web ultimamente. Sinceramente la questione mi appassiona poco e non perché non valga la pena di parlarne, ma perché ormai non mi stupisco più del risultato di uno stappo di vecchio Rossese di Antonio Perrino, di Guglielmi o del fu Croesi.

Otto volte su dieci il risultato è più o meno il solito: stappo perfetto con uno schiocco secco e convincente, colore rubino scarico con un unghietta appena mattonata, naso evoluto di more selvatiche e tartufo nero, qualche traccia di humus sul fondo . Dieci minuti sono più che sufficienti perchè la reliquia si riprenda dal lungo sonno e si manifesti in tutta la sua grazia donandoci sensazioni di pienezza di sapore pressoché integro e lasciandoci in bocca una scia di frutti rossi più o meno confit guarniti da golosa gourmandise. Si, sembra si stia bevendo un vecchio Chambolle Musigny, ma è perché quelli sono i miei riferimenti e qui ritrovo sempre parecchi parallelismi con i pinot noir nordici di Borgogna. Ancora una volta siamo andati indietro parecchio, diversamente dalle performance anni 60 di Guglielmi, questa volta ho voluto ritornare sul contraddittorio 2003, che a due anni dall’imbottigliamento si preannunciava grandioso, invece aveva ragione Guglielmi, perché oggi il suo 2003 è arrivato mentre è il 2004 ad avere ancore tante cose da raccontare. Molto gentile il 2003, piacevole, ma la scarsa acidità l’ha piuttosto appiattito su una dolcezza che ne limita un po’ la corsa verso il futuro. Viceversa il gran colpo stavolta è arrivato dalla cantina Testalonga di Antonio Perrino, perché è stato addirittura un 1973, dopo il ‘78 della scorsa visita a far saltare il banco. Bottiglia notevole bevuta in meno di un ora, anche perché in questi casi non bisogna fidarsi troppo a lasciare andare l’aerazione per un periodo prolungato. Il vino potrebbe andarsene nel vento tra un fruscio di seta lasciandoti il bicchiere pieno di liquido ma in realtà svuotatosi di tutto il meglio. E basta con il vorticoso agitare il bicchiere, non serve, è già tutto a disposizione senza far ginnastica ai polsi. L’unica cosa che continua a stupirmi non è la piacevole esuberanza da giovane e la grande e nobile evoluzione progressiva lungo i decenni di permanenza in bottiglia. Quello che mi stupisce è il prezzo ridicolo che continua ad avere sul mercato. Un vino di questo livello, dove ormai sono parecchi i produttori che si sono liberati dello stereotipo del vinello puzzolente degli anni ’90, dovrebbe poter spuntare un prezzo superiore ai 10 euro e non collocarsi in quella fascia 7/9 euro che ne fa uno dei migliori rapporti qualità prezzo sui vini autoctoni italiani ma che non ricompensa adeguatamente i produttori.




Antonio Perrino, cantina Testalonga. Dolceacqua

Enzo Guglielmi, Soldano. Con Franco Solari.