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Certo che bisogna essere dylaniani sopraffini, per vedere quanto Dylan il Bonfa ci ha stipato dentro. Ne riparliamo tra un cinquant’anni, Paolino? Per me va bene. E ora? “Jimmy e Maria”, cavolo. C’ero, io, quando Bonfa la faceva rotolare a duemila all’ora. Questa è diversa, ha un sapore texmex, ha respiro, grazia, si stagliano le parole, la fisa è una grande idea. Parola mia, un capolavoro che tutti i bubola del mondo possono solo tentar di bubolare. E quest’altra? Non ci credo, Paolino in talkin’ puro. Ha tradotto Leo Kottke, Santa Maria (Ahia, belin, che bacchetti, mi scappano, anche questa non la dico più dai: ma guarda che alla Signora piace il rock, ho scoperto, tié, Bernadette). Gran disco, Bonfa, andiamo avanti. Ripetilo, questo piccolo miracolo. Gabry, come si chiama questa? “Qui non ci voglio più stare”. Lo so Bonfa, anche io non ne avevo gran voglia, di dividere l’ossigeno con il Miliardario Ridens, però, cazzo, potevate anche avvertire prima di farmi fare le uscite di scena da filodrammatica: in fin dei conti anche io ne avevo da dirgliene. Sì, lo so, Bonfa arriva subito al sodo. E si sente. Mhhh, altro rock, come dici? “Bei tempi andati”. Per me ora lo sono davvero, anche se, prima di entrare in quella maledetta doccia, un disco dei Creedence l’avevo messo da parte, e ce l’ho pure qui. Non ci credi? E aspetta che te lo faccio vedere, razza di Piccione. Però, Bonfa, ora sa fare anche la “storia della storia”? Pazzesco. Speriamo che lo capiscano. Quest’altra invece, l’ho capita da qui: Bonfa è un Genio, sa inoculare fiale rock anche dove il rock era il ricordo di un sospiro: massimo rispetto, come dicono i tuoi colleghi di penne di rango inferiore. Sì, occhei, olrait, “Cosa danno” è un pezzo della gloriosa ditta Stormy Six. E che vi credete, razza di Passeracei Angelici, che il Bonfa non sappia “trattare” roba fine, spessa, modello “rock in opposition”? Lo sa fare, arpisti eterei del mio berretto (ahia, basta: và a finire che mi sembra di avercelo ancora, un corpo). Siamo in fondo, dici? E allora? Vai, non stare lì a farti pulizia tra le piume. In genovese, una ballad. Come si intitola? “Dove a l’è”. Magnifica, ragazzi. Sembra una ninnananna, come quelle che scrivevo io con la Rosa Tatuata. E questa voce? No! E’ Vittorio De Scalzi, belin, senti che classe. Senti allora Gabry, facciamo un patto: io presenzio a tutte le prossime Passioni dei prossimi tremila anni. Tempo ne ho. Tu mi procuri, e subito, quel cazzo di lettore Mp-Angel che vi tenete nascosto tra le piume. No, non negare. Mettici su il Bonfa, che ho da ascoltare qualcosa di decente. E dillo anche alla Signora, se non ti fa troppa soggezione. (Guido Festinese per Max)