mercoledì 11 novembre 2015

Riconoscersi

Personale di servizio secondo l'apostolo Marco
Marco 50&50

"Ritrovare sempre lo stesso personale è un elemento positivo di valutazione di un ristorante o di un hotel che raramente viene considerato, ma che ritengo sia tra i più importanti. Innanzi tutto dà benessere al cliente che torna e viene accolto da persone che ormai considera come dei vecchi amici, mentre è avvilente presentarsi per la ventesima volta in un posto e dovere spiegare tutto daccapo, a cominciare dal cognome per la prenotazione; e poi è un segno di serietà della struttura, perché significa contratti a tempo indeterminato e trattamento che soddisfa il dipendente. Quindi lode alla Conchiglia e ai molti altri che non cambiano tutto il personale ogni sei mesi."

Brindo idealmente a Prosit, l'autore del corsivo, che, in un recente commento, ha evidenziato un aspetto per nulla marginale ma, troppo spesso, sottovalutato, il ricambio non fisiologico, ma bensì illogico, del personale di servizio.

Quel che succede spesso con un libro, è accaduto oggi, ponendo un po' più di attenzione e riflettendo sulle parole in apertura di post, attraverso le righe di altri realizziamo quel che sapevamo senza saperlo, conoscenza dell'inconscio, un pensiero quasi in superficie che affiora.

Spesso chi scrive di cibo, di vino, di luoghi, di persone, segnala "in cronaca" la presenza del solito sommelier, o dello stesso team affiatato ma non pone l'accento sul fatto che facce sempre nuove e a rotazione non fanno un gran bene all'immagine del locale, un colpa, veniale in rapporto a quella ben più grave che i responsabili di un esercizio sia esso un bar dove poter far colazione,  un locale per gustare un aperitivo, un ristorante per una pausa pranzo o una piacevole serata e, ultimo ma forse primo, il personale di un albergo, commettono con regolarità, sicuramente senza aver riflettuto sul danno che questo comporta.

Ritrovare anno dopo anno la stessa signora che si occupa della mia camera in albergo è, sicuramente, motivo di tranquillità, oltre a sentirmi libero di non dover chiudere in cassaforte i lingotti d’oro che uso per le piccole spese, il fatto che lei conosca i miei vizi e le miei abitudini fa si che io mi senta maggiormente a mio agio, così come quando, al mio arrivo, trovo in reception la stessa addetta che può aver cambiato taglio, tinta o fidanzato, note di colore, che mi daranno modo di scrivere in costume, un pezzo di costume all’ombra in giardino, dove l’omino che si occupa del parco e del parco macchine, al quale affidiamo le briglie dei nostri cavalli, è lo stesso dell’anno passato.

La figura del portiere di notte ha dato origine ad almeno un paio di post su questi schermi, se trovo un portiere diverso ogni anno, venendo meno Buffon, “raccontarsela” sul tardi, quando anche le ombre hanno meritato il riposo notturno, non avrà lo stesso sapore; come sarà possibile, mi chiedo, segnalargli con un cenno che saliamo un attimo, certi della sua almeno temporanea discrezione, se non ci conosce.

Queste le note a margine di importanza assolutamente non marginale, adesso entriamo nel vivo, perché stiamo parlando di cameriera, sia quella della pensioncina a due stelle Miramare che del bistellato Miramonti poco importa, essere riconosciuti fa bene al nostro ego, trovare riservato per noi il solito tavolo è quasi meglio di sentirsi dire “il solito” al momento dell’aperitivo, la cameriera di lungo corso, al comando del mio tavolo, saprà la preferenza tra frizzante e naturale, farà in modo, anticipandomi, che io non le chieda del pepe nero da macinare a piacimento, indipendentemente dalla portata, ognuno ha la sua copertina di Linus (che non è un DJ), io ho il pepe.

Se in Romagna la “mia” cameriera si occupa di un altro lato della sala cambio tavolo, se cambiano la cameriera posso cambiare albergo, estremizzando ma nemmeno molto, in fondo è una fatica ed un disagio dover spiegare per l’ennesima volta che il cappuccio mi piace scuro, tiepido, con poco latte tanta schiuma compatta ma, soprattutto, essere costretto a segnalare che la porzione di passatelli in brodo deve andare al di là dell’umano e che se parliamo di cappelletti è necessario un ripasso, nel senso di bis, per evitare fraintendimenti vista la differenza tra gourmet e gourmand, parallele asimmetriche che potrebbero anche incontrarsi…

I panni dell’Apostolo, che porto saltuariamente col massimo rispetto, mi inducono al pensierino finale, proprio Domenica, in occasione della Commemorazione dei dispersi in guerra, alla quale ha fatto seguito un pranzo con quel che resta di un’associazione destinata a scomparire, il celebrante, al momento della predica, anziani, alpini e mezzi toscani in ascolto ha puntato l’indice sui cuori, già “smossi” dalle note del “Piave” ricordandoci che l’uomo ha BISOGNO di essere riconosciuto.
Prosit!

M 50&50


Il solito ! (n.d.r. gdf)

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