domenica 11 ottobre 2015

Una serata normale a Villa Maiella


del Guardiano del Faro



Lo sono stasera, e lo saranno sicuramente anche domani a pranzo, perchè glielo leggi negli occhi quanto sono convinti; sono io ad essere stanco stasera, quello con l'occhio spento, ma se ben sospinto riuscirò comunque a vivere ancora una volta una storia, anche stasera, perché sono convinto ne valga la pena di farlo. Tutto di testa, ma che mal di testa. Ho incrociato lo sguardo fuori con il gatto del quartiere. Mi ha detto: Vai!

Su! Niente Optalidon stasera, fanculo, datemi un Egly e ce la farò lo stesso. Questo telegiornale non andrà in onda in forma ridotta per venire incontro alle vostre capacità mentali, sono le mie che si stanno cortocircuitando, ma se ne esco dal confronto con gli orsi marsicani, con i cinghiali della Maiella e rimanendo "solo" ad osservare criticamente le Sabrine del litorale con il baricentro basso ... beh, se sono arrivato fin qui incolume, e allora andiamo, e allora ancora una serata degna di essere vissuta lo sarà.

Sono qui -loro- tutti schierati al reparto accoglienza, e lo saranno fino al congedo, che come mi insegnarono da Alpino vero e non del Gran Sasso, è sempre provvisorio -il congedo- come tutto, e quindi ci rivedremo bella banda, ne sono sicuro, ma all'ora di pranzo, con la luce delle ombre lunghe, quelle che da ore 12 si allungano a ore 18, almeno. Non si fanno prigionieri a quell'ora, nessuno si accorgerà di chi manca.

Con voi, la famiglia allargata Tinari - De Crescenzo. Ma è possibile che abitino sempre lontano da ogni posto buono quelli giusti o sono io che mi annoio progressivamente degli altri? Tutti pronti, coperti e ben allineati e per nulla abelinati, lì a ricevere; a ricevere una clientela amante di questa terra  che è di mezzo ma scevra da compromessi, fatta di sapori schietti e decisi, ruvidi all'approccio ma mai ostili; morbidi e docili solo dopo averli accarezzati. 

Da provarci, e a convincermi da solo affrontando un cinghiale. Uno di qui, uno con il quale ci ho vendemmiato sullo stesso filare giusto ieri, giusto lui, uno che sulla San Marco dava ordini che colpivano anche oltre l'Adriatico, figurati qui, dove se lo sapessero gli stessi cinghiali di che stoffa e pasta di grano duro è fatto si rifugerebbero in un asilo in Basilicata.

Sono convinto ancor prima di conoscerlo: secondo me sia l'orso Marsicano che il lupo del Gran Sasso ...  dicevo, cosa dicevo: secondo me se non glielo meni con discorsi strani, fastidio non ti darà, sia l'uno che l'altro, o chi per loro. Bho. La volpe? Il cervo? Emozioni si, come il maiale nero o il cinghiale, ormai presi nella nassa e insaccati.

Qui, sotto l'imponente massiccio della Maiella, a Guardiagrele, in pieno Abruzzo, luogo apparentemente lontano da ogni altra cosa, mentre invece il contatto diretto con i prodotti del territorio è quasi ossessivo, e i piatti che ne nascono spontaneamente e meritevoli della stella Michelin, conquistata ormai da un lustro abbondante, ne sono la conseguenza naturale, quella naturellezza stagionale che quest'anno non arriva, la nuova stagione, quel cambio che proprio non arriva. E' sempre estate, fa caldo, fa caldo per me che bevo vino. Che ne penserà l'orso marsicano che beve acqua fresca o morde ghiaccioli di fonte ?

Qui il territorio osserva il mare, da lontano, con distacco, dalla splendida terrazza di questo ristorante albergo gestito da persone che sanno il fatto loro, non essendosi limitati a far bene e a lasciar dire nei dintorni, ma che hanno anche cercato nel tempo il confronto all'estero, ma non un estero casuale, perché i ragazzi non hanno ne' perso tempo ne' sbagliato indirizzo. Nulla di appariscente, ma parecchio cosciente.

Uno in sala per anni all'Auberge de l'Ill (mito alsaziano meritevole di tre stelle michelin da epoche immemori) e l'altro in cucina -pure per tre anni- da Michel e Sebastien Bras, gli chef randonneur de l'Aubrac.

Un anno anno difficile da vivere questo 2015, e se alla fine se non sarà l'anno del gdf - impossibile ormai- chissà se non lo sarà per il suo alter ego, l'ego del Gatto, che di vite ne ha ancora da spendere.

Dettaglio che non lo è: il carrello dei formaggi è già in sala alle 20.30 Il carrello è protetto e refrigerato, per portare alla giusta temperatura i formaggi al momento del servizio


Sala e cucina qui si parlano nella stessa lingua, con quell'accento abruzzese così difficile da intendere da un foresto, perché contaminato dai linguaggi delle regioni limitrofe. La simpatia, i sorrisi, la convinzione, la serenità, la concretezza, la conoscenza vinicola ... qui c'è tutto, e ciò che arriva nei piatti e nei bicchieri non può essere altro che la conseguenza di un duro e proficuo lavoro pluri-generazionale 

Alla carta o a menù si spendono dai 45 ai 60/70 euro

Ogni bicchiere viene avvinato, anche quelli per lo Champagne

Uno Champagne very gdf ...

Tre stuzzichini, tra cui l'uovo impanato, veramente ben riuscito

Gli stagionati di maiale nero della nostra fattoria, che da soli valgono la deviazione dal litorale

Un ricamo di cacio e pepe ?

Se hai lavorato da Bras si vede subito quando interpreti le verdure, pure fossero fuori carta


Un antico maniero inespugnabile, ormai da servire in tazza con cucchiaio

L'insalata di pollo ruspante, geleè di porri, orzo perlato alle erbe

La lingua di D'Annunzio ... molto più di una banale pizza ...

Qui non si servono abitualmente piatti di pesce, ma domandando verdure (pure fuori carta) si innescano pensieri che portano a riuscite sorprendenti

In carta è descritto come sformatino di porcini, ma in realtà è ben di più ...


Anche un apparente spaghettino al pomodoro può decollare verso orizzonti sconosciuti

Territoriali ravioli di burrata e zafferano dell'Aquila. Lenticchie di Santo Stefano di Sessanio

Il negociant haute couture, quando è il caso, sa mettersi gli scarponcini per andare in vigna, tornando infangato fino alla caviglia. Sporco ma onesto


E' spuntato un porcino dalla brace ...

Qui l'agnello si serve così ...

... e si mangia così, a occhi chiusi ...


Merci le chef, più sponsorizzato di Valentino Rossi :-)



GDF


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