martedì 13 ottobre 2015

Al Domaine de La Corneille


gdf


Certo che i francesi sono bravi a nobilitare le denominazioni, anche le più piccole o le più improbabili: un bel titolo introduttivo, un termine o un cognome di famiglia evocativo dopo "Domaine o Chateau" e il gioco è fatto, e la rivalutazione del luogo e dei vini che si producono in quel luogo saranno presto obiettivi raggiunti, avendo più o meno storia da ostentare, più o meno qualità, e i prezzi a correre al seguito della fama, vera o presunta.


Ma che cos'avrà in più il panettone di Corton rispetto a questo panorama? Ad ogni modo in questo caso non c'è nulla da nobilitare, tenuto conto del blasone del Barone Cornacchia, la cui storia di famiglia sarebbe degna di un romanzo televisivo a puntate. 

Lo sfondo storico e lo spessore dei contenuti ne farebbe una serie imperdibile, sulle tracce della Freccia Nera televisiva, che qui si concretizza modernamente in splendida affusolata morettina. Nulla qui è improbabile, preso atto della consistenza della proprietà e dalla sua dichiarata data di fondazione, addirittura il 1577.


L'introduzione della storia della famiglia, tratta dal sito, narra che ... " L’ Azienda Agricola Barone Cornacchia ha una antica tradizione che affonda le sue radici alla fine del XVI secolo, quando la famiglia Cornacchia ricevette, da parte dell’allora Vicerè di Napoli, il titolo baronale e il compito di controllare i  vasti feudi che si estendevano intorno alla Fortezza di Civitella (TE) sulla terra di confine del Regno dei Borboni. Con l’unità d’Italia, 1861, la famiglia dovette  abbandonare la  Fortezza e ritirarsi in una riserva di caccia. E’ qui, in una frazione del Comune di Torano Nuovo, che risiede  ancora oggi ed è qui che ha sede l’azienda vitivinicola." Il seguito è godibilmente leggibile sul sito web dell'Azienda.


Da quassù, a Torano Nuovo, si dominano colline dolci che volgono il loro sguardo verso il mare, quello della prossima Giulianova. Torano Nuovo, forse più noto agli appassionati per le produzioni biodinamiche dell'Azienda Emidio Pepe, che tanto clamore hanno sempre creato intorno al tema dei vini biodinamici, a prescindere.

Qui non ci si mette in competizione con Pepe ma si fa del diligente biologico certificato, decisione condivisibile, tenuto conto dell'importante estensione dei vigneti di proprietà, che non consentono azzardi che potrebbero costar carissimoo in un'annata sfavorevole oppure funestata da qualche letale malattia in vigna, più contagiosa di un'ossessiva tendenza Steineriana. Se non te la senti, meglio non farlo, e comunque moriremo tutti lo stesso.


Dalla degustazione guidata da Caterina Cornacchia, non una donna del vino, ma una delle più belle ragazze millesimate del mondo vinicolo -gentile e ovviamente grande conoscitrice di questi vini- il riscontro più piacevole deriva dai vini di minor struttura e di maggior finezza, a partire dal Trebbiano, fresco e verticale. Si direbbero verticali quelli che più mi sono piaciuti, di una piacevolezza immediata, al primo sguardo, come nel bicchiere del Cerasuolo, grande vino estivo, proprio come si userebbe in Provenza, semplicemente sostituendo a tavola una Bouillabaisse con una delle tante varianti di brodetti di pesce tipici di questo litorale. Un Cerasuolo può valere un buon Cote de Provence? Beh, non mi piace fare il retorico, ma in questo caso direi proprio di si.



Più tosti i Montepulciano, vitigno a bacca rossa, che come molti altri in Italia -Sangiovese ad esempio-, è spesso più godibile da giovane o comunque quando non troppo invecchiato o "concentrato".

E così, per poche unità di euro sarà un piacere bersi il "base" dell'azienda, mentre volendo salire, esplorando il mondo dei cru della proprietà, in questo caso quello che ci è parso più fine, equilibrato e raffinato è stato il "Vigna Le Coste", vino che ben si specchia con Caterina, che come fu il caso fortunato di una "vignaiola" dell'Acquario, Elisa, che invece di proprietaria dell'azienda vinicola La Colombera, divenne per noi appassionati la gerente del Domaine de La Colombière, premiato quest'anno con un sonoro 18/20mi dalla Guida de L'Espresso per un Timorasso, un vino dalla denominazione altrettanto aleatoria e allusivo quanto un Pecorino o una Passerina, le altre uve che diventano i vini di tutti i giorni di questi luoghi apparentemente ruvidi come pellicce di cinghiali, ma che con il tempo potrebbero coprire morbidi ruoli, diversi dall'irrorare i pasti in trattoria di ogni giorno, in ogni dove, sorprendendoci invece un bel giorno, seduti al tavolo di una trattoria di campagna di queste parti, sbalorditi da un improvviso passaggio radente di un'elegante Corneille.

La degustazione dei bianchi, rosè e rossi della proprietà, abbinati ai migliori prodotti derivati dalla norcineria e dalla pastorizia locale


La batteria dei Montepulciano

La vasta proprietà Barone Cornacchia

gdf

3 commenti:

  1. Leggo Ortona e i ricordi dei mezzi navali Micoperi ormeggiati in porto si confondono con quelli delle prime vacanze a casa di un amico a Francavilla, a quel tempo tenevo gli occhi ben aperti, eppure sono sicuro, una Cornacchia così non l’ho vista, forse avrei dovuto abbandonare il mare, almeno per una sera e “sedermi al tavolo di una trattoria di campagna…forse sarei rimasto anch’io sbalordito da un improvviso passaggio radente di un'elegante Corneille”.
    Mi inchino, a distanza di sicurezza dagli scogli, al cospetto di questo pezzo che ci parla di vino e di storia, poeticamente.
    Se stimolato, gdf può diventare inarrivabile.

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  2. Bello, complimenti al panorama.
    Cmq essendo ermetico e sbrigativo: quando li posso provare? Visto che non ne ho mai incontrati.

    F.

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