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martedì 5 febbraio 2013

La pizza e suoi abbinamenti


del Guardiano del Faro


Diversamente da una giornata passata felicemente in solitario al ristorante, in pizzeria è sicuramente meglio andarci in compagnia. Perché, è inutile negarlo, la pizza è un cibo collettivo. Terminare una pizza da solo è un esercizio psicologico troppo introspettivo. I pensieri diventano negativi, poco per volta, mentre si va avanti in solitario guardando ogni singolo spicchio di pizza mancante.  La mente comincia a fare giochi strani in quegli istanti. Dalla filosofia del cornicione alla consistenza del centro del disco di pasta che non è mai cotto uguale ai bordi e alle zone intermedie. Birra o vino bianco si possono alternare quanto vuoi alla consistenza della pizza, ma ogni distrazione non riesce a levarmi dalla testa che dopo ogni sorso dovrò tagliarne un altro pezzo, che sarà sempre più tiepido e ciccoso. Inesorabilmente.
L'ingresso del centro commerciale

Quindi basta pizze in solitario, perché tanto non ce la faccio mai a finirne una da solo, salvo quando qualche gentile pizzaiolo mi consente di scegliere una versione baby, che finalmente riuscirò a terminare nelle migliori condizioni di fragranza e di temperatura. Volevo ribadire il concetto che una pizza grande e che abbia subito uno choc termico da temperature superiori ai 300 gradi per 90 secondi sarà "buona" si e no per altrettanti 90 secondi, dopodichè passa allo stadio successivo, quello del chewing gum al gusto di pomodoro e formaggio freddo. Non c'è niente di peggio che una pizza fredda con il formaggio ormai solidificato e raggrinzito.

Il dehors del Paradiso della Pizza di Vimercate
Tutti questi pensieri però non mi sarebbero comunque venuti di fronte a una qualsiasi pizza di Giulia e Marco del Paradiso della Pizza di Vimercate. Si, il centro commerciale è di una tristezza pari ad una pizza fredda e gommosa, ma quello che fanno qui dentro questi ragazzi è per lo meno consolatorio se non terapeutico. Non so quanto sia alto il tasso di mortalità causato da stati depressivi in questa zona, ma sono certo che una di queste pizze potrebbe rivelarsi un buon rimedio per sistemare l'umore per qualche ora, passata qui o a casa, dove me ne sarei portate 12 di queste pizze, da infilare in freezer, in attesa di qualche giornata grigia da colorare di rosso e di verde.


Però, per fare il pieno di buon umore la condizione migliore sarà presentarsi in quattro e dare carta bianca a chi sta davanti al forno, solo raccomandandogli di farsi vedere al tavolo ogni 20 minuti con una singola pizza sempre diversa e già tagliata in otto spicchi. Due a testa, il miglior modo per non lasciare avanzi di cornicione nel piatto, quello che succede regolarmente quando mangio una pizza da solo. Ma spesso mi sorprendo a lasciare anche il pezzo centrale della pizza, perché è quasi sempre umido e disgustosamente molliccio. Anche questo problema qui è stato risolto. La caramellizzazione degli zuccheri delle farine, grazie alla qualità delle stesse, del lievito, ma soprattutto perché finalmente la temperatura del forno e il tempo di cottura  (cinque minuti), concorrono alla splendida riuscita del prodotto finale. Perfetto.



Abbinare ogni tipologia di pizza ai caratteri delle singole persone. Lo farò, prima o poi, perché rimanere troppo laconico sul tema della pizza non va bene. La pizza quando è così buona e convincente ti fa venire tante voglie collaterali e fa emergere i caratteri. La marinara la ordina un uomo sicuro di se, la margherita i dolci di carattere, la quattro stagioni i confusionari, la bufalina il modaiolo, il calzone gli introversi... la mia preferita la ordinerò la prossima volta: prosciutto e funghi, con poca salsa di pomodoro, fior di latte e una spruzzata di origano. Se con porcini ancor meglio.

Ma oltre a questo cosa volevo dire: intanto sottolineare che grazie ad Alessandro Pellegri e Fabrizio Nobili si sono potuti improvvisare anche abbinamenti culturali di un certo livello, mica pizza e fichi insomma. E qui sopra ne manca una, quella di Pascal Cotat 2011. Chavignol Sancerre che si abbina bene alla marinara, mentre Egly Ouriet è ottimo con la farinata, ma se la cava bene anche sulla margherita, mentre un Volnay vagamente modernista (di Mikulsky), di annata piena e tonda come la 2009 andrà come una copertina di velluto sopra all'alpina (con bresaola e caprino...)

Chateau Grillet invece va per conto suo, perché è un vino fuori classe e fuori controllo. Di nuovo lui, il 1990 di Chateau Grillet. Era già successo quando presentammo il primo libro - quello sui vini francesi - che il Nobili e il Pellegri (all'epoca per conto della Gazzetta Gastronomica di Bonilli) arrivassero proprio con questa bottiglia. L'altra volta il Pellegri aveva mal di resta, mentre questa volta gliel'ho fatto venire io con le solite menate bloggarole invece di ringraziarlo per essersi presentato con sei bellissimi bicchieri di cristallo degni di questi vini.

La ciliegina sulla torta? Proprio una torta, una buonissima crostata di marmellata di fragole fatta da Twiggy, di cui (della torta), per l'emozione, mancano le immagini ma posso garantire che la ragazza impasta la frolla e cuoce le torte con la stessa maestria con la quale Giulia e Marco impastano e cuociono le pizze.

Questa giornata faceva parte della tournée dedicata all'operazione baratto. Libri consegnati e bottiglie bevute. Pizze perfette, crostata e farinata allo stesso livello. Vini buonissimi. Buon segno, il barbonismo etico e l'operazione baratto diverte e convince. Grazie ancora a Fabrizio, Alessandro (rimasto fuori dalle immagini), Twiggy, Giulia e Marco.




Margherita con impasto base: 4 euro!

Alpina: caprino, mozzarella, bresaola... con impasto integrale

Siciliana

Farinata belinense

Con broccoletti e salsiccia... impasto di trebbie

 Marinara:  Euro 3,50 !!!

E' ora di fare le palle per la serata

Eccola  la bottiglia mancante, quella di Pascal Cotat, tra il Nobili e Twiggy

Fabrizio (con barba etica), Giulia e Marco



"... per questo motivo la nostra pizzeria, invece di andare verso il futuro, che per noi vuol dire omologazione dei sapori, in qualche modo è tornata indietro a quando il cibo era quotidianamente genuino..."

E aggiungo io, con questa qualità anni '60, con queste materie prime di nicchia, e a questi prezzi, come dire: paradisiaci?

gdf




martedì 19 aprile 2011

Il Domaine del giorno : Francois Mikulski



Francois Mikulski fa parte di una nuova generazione di vignerons di Borgogna con orizzonti aperti al mondo . Già dalle etichette e dall'aspetto generale delle sue bottiglie ci fa intuire che dai suoi vini non ci dobbiamo aspettare proprio una interpretazione profondamente classica e tradizionalista dei terroir de La Cote de Beaune. Ho avuto modo di provare un paio di suoi Meursault, molto convincenti e buoni subito. Importante ricchezza aromatica, tipicità dei sentori del comune ben definiti, acidità e frutto in bell'equilibrio, elevage di gran classe e risultato finale di alto livello. Un bel Meursault dalle spalle larghe e ruffiano il giusto per essere apprezzato anche da giovane, vedremo sul medio e lungo periodo, ma intanto bene così. Il piccolo Domaine possiede circa sette ettari di terreni vitati principalmente collocati a Meursault, ma anche sul tema svolto in rosso a quanto pare i risultati sono più che buoni. Qui di seguito le sintetiche impressioni di Fabrizio Nobili di Passione Gourmet che ha appena visitato il Domaine e ci invia una breve scheda di questo Volnay.


Volnay Santenots du Milieu 2009 Francois Mikulski: rosso rubino brillante trasparente con riflessi lampone, al naso si respira la borgogna, impossibile sbagliarsi! La sua giovinezza la tresmette con una scomposta ed esuberante espressività dell'acidità, profuma di frutta rossa ciliegie e lamponi, rami secchi e zucchero filato in bocca i tannini sono graffianti e pungenti come le unghie di un micetto che è appena uscito dalla cuccia e la sua persistenza ha 7 vite come i gatti e proprio cume un cucciolo si farà e diverrà un brillante e bellissimo felino. Valutazione : 17/20mi . Comodi comodi... -Fabrizio Nobili-