sabato 5 febbraio 2011

Leggere e rileggere. Oltre il fornello di Gualtiero Marchesi

- gdf 2011 -

L’avevo letto 25 anni fa, fu uno dei miei fondamenti principali per capire la cucina evoluta che avevo iniziato ad affrontare nei pochi grandi ristoranti italiani degni di questa aggettivazione alla metà degli anni ‘80 e per non fare troppo casino quando a mia volta mi mettevo in gioco in casa con coltelli e padelle, attendendo l'arrivo di pazienti ospiti per un'amichevole esibizione. L'originale è del 1986, mentre questa riedizione aggiornata al 2010 mi è stata regalata per lo scorso Natale, regalo quasi ironico, messo li a sedimentare per qualche settimana e poi ripreso in mano e riletto in un solo fiato durante un pomeriggio di sole che avrebbe invitato ad una passeggiata lungo mare, e invece il fascino del Maestro ha di nuovo colpito anche a distanza di un quarto di secolo, inossidabile

Questa volta la lettura è stata ovviamente meno attenta ai concetti colmi di buon senso e di tecnica applicata che già avevo assorbito e messo in pratica nelle piccole esecuzioni di casa e come memoria mentale utile per valutare come sto mangiando in un determinato ristorante. Questa volta lo volevo valutare criticamente, pacatamente, ma criticamente. Diversamente però da quanti nel periodo successivo alla gloriosa permanenza milanese hanno poi ridimensionato il Maestro Marchesi. Qui il rispetto viaggia in parallelo con il concetto.

Sarebbe interessante valutare invece quanti di questi abbiano frequentato con sufficiente continuità il Gualtiero Marchesi di Bonvesin della Riva per ragionare sulle critiche successive, se siano esse solamente frutto del percorso post-Bonvesin, perché in effetti queste non mancherebbero assolutamente di fondamento . Quello che credo manchi è il detenere una bellezza mentale che consenta a chi sa come sono andate le cose, di fotografare storicamente il lungo magic moment di quel sottoscala periferico della Grand Milan.

Oggi rileggendo questa opera deliziosa , minimale, colta, snobisticamente resa facile ma che nasconde a mio avviso un infinita ironia nei confronti degli improvvisati e degli impreparati da sei meno meno, mi riesce difficile trovare qualche punto di vista diverso rispetto a 25 anni fa, e che si potrebbe ridurre alla voluta e continua citazione del suo grasso principe : il burro, della malcelata avversione all’aglio e all’olio d’oliva, al valore pratico del voler sfilettare quasi per forza ogni pesce, ma per contro è li da leggere il riferimento al semplificare per non andare troppo contro alle possibilità mentali di clienti e cuochi di quel periodo. E poi l’integralismo sul mantenimento dei gusti primari e delle cotture separate, come ricercando armonia o contrasti costruendo un sapore fatto di sapori plurimi identificabili, come su uno spartito di una composizione musicale. Inoltre la discutibile ma da un lato comprensibile presa di posizione nei confronti del vino e dell’alcol in genere , in difesa della sua opera, una cucina pura e colta, da non compromettere mai con “coperture” eccessive o inopportune, da qualsiasi parte esse provengano.

Nel complesso tuttora consigliatissimo questo “leggero” volumetto, perché credo che anche oggi ogni cuoco ne dovrebbe avere una copia in cucina a fianco dell’Artusi, da consultare con spirito autocritico quando gli venisse l’ispirazione per un nuovo piatto creativo , risparmiando così ai clienti inaffrontabili pastrocchi. Ma leggendolo bene, molto utile anche per ogni avventore che prestasse un minimo di attenzione a quello che riceve dentro un piatto, allora, avendo capito, lo potrebbe valutare con miglior cognizione prima di ingoiarlo. Mi auguro che questa generazione non dia per scontata questa lettura, così come il povero correttore di bozze che molto probabilmente non sapeva che fosse esistito un cuoco di nome Alain Chapel se ne ha fatto passare una versione da correttore word che lo appella “Chapelle” . Questa sostanzialmente l’unica grande cappella di questo libro.

- gdf -

In abbinamento, in quanto più volte citato dall'autore nel libro, Béla Bartok :



3 commenti:

  1. " L'improvvisazione presuppone la conoscenza della mareria" , Bela Bartok

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  2. Custodisco gelosamente questo libretto che son riuscito a trovare in edizione tascabile BUR molti anni fa. Un "Bignami" utilissimo a chi volesse imparare veramente le tecniche base senza lo stress del "forse non fa per me". Un linguaggio semplice, come sempre, nelle migliori abitudini del Maestro. Conservo gelosamente le fotocopie dei numeri arretrati dell'Espresso, inviatemi dal Maestro stesso. Questo simpatico libretto, altro non è che la raccolta degli scritti settimanali, relativi all'omonima rubrica tenuta dal Maestro sull'Espresso.
    La mia BiblioGastroTECA è abbastanza fornita, ma questa perla
    è in grande evidenza e ad ogni consultazione scopro sempre qualche vecchia novità.
    Grazie ancora Roberto per averlo evidenziato. La tua attenta sensibilità è veramente lodevole.
    LA MAX61°

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  3. Grazie Max, e tieni conto che tutto quanto scritto dal Maestro era sostanzialmente frutto di tanto buon senso, cultura ed esperienza, poi non so cosa sia successo, ma non sono in molti ad averlo conservato il primo elemento.

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