giovedì 17 marzo 2016

Splende un lume la' nella sala



Marco 50&50


Mi manda D. ma preferisco non dirlo.
Una valutazione corretta, deve essere al di sopra di ogni sospetto, di massima trasparenza, niente favoritismi, giocherò la carta della "raccomandata" una volta pagata la "ricevuta" e solo se certo di un mio prossimo "ritorno".

Accogliente ristorante a conduzione familiare, mise en place di livello, tavoli ben distanziati, comode sedute, tovaglie bianche come le ceramiche dalle linee particolari e dalle dimensioni importanti ma armoniche, il locale è impreziosito da travi di legno e colonne in pietra (preoccupante sarebbe il contrario), in cucina Cristian e il padre Gianni, in sala Nives, la mamma di Cristian e la sorridente e per nulla invadente Giulia che si occupa anche della pasticceria e, fortunatamente, anche del mio tavolo.



Solitamente preferisco i locali ad indirizzo unico (anche per poter impostare al meglio il navigatore) , ai Sapori di Terra e di Mare, nato nel 2003 in via Pitentino a Bergamo, la carta invece prende strade diverse, ma i tre mini menù a prezzi davvero piccoli , studiati per poter soddisfare al meglio le esigenze della clientela, forse sono la scelta necessaria per far fronte a richieste ittiche, vegetariane o strettamente territoriali, che potrebbero provenire anche da uno stesso tavolo.

Una carta come piace a me, non sterminata, che pone particolare attenzione ai prodotti stagionali, la garanzia della freschezza garantita anche dalla spesa quotidiana effettuata da produttori di fiducia con i quali i gestori sono in rapporto di amicizia da anni.

Proposte domenicali irrinunciabili garantiscono il tutto esaurito a pranzo in una zona di Bergamo nè "alta" né propriamente centralissima dove, volendo, sarà possibile, invogliati da prezzi oltremodo onesti, soddisfare il desiderio di stappi plurimi, siano bollicine con la erre alla francese o vini toscani dalla c aspirata.



La cantina, gestita personalmente da Cristian, offre oltre cinquecento etichette, (qualche migliaio di bottiglie quindi), lodevole la proposta a calice di una quindicina di vini da dessert ad accompagnare le proposte in carta ad alto tasso glicemico, per gli appassionati, una chicca regionale, il Moscato di Scanzo (del quale si scriveva già nel milletrecento) dalle caratteristiche uniche dovute al Sass de Luna, una roccia calcarea che conferisce alta mineralità al terreno.



La cucina si presenta e mette subito le cose in chiaro, cialda di parmigiano alle arachidi, bigné di caprino e zucca, tartelletta con ricotta e chicchi di riso soffiato al curry e poi ancora, baccalà panato,  crema di patate con aceto della Val di Scalve e "cialda" di crudo, pane e grissini in diverse versioni (tutto autoprodotto e freschissimo) e un paio di calici di bollicine trentine.

Potrei andarmene, si fa per dire, soddisfatto e a costo zero, rimango più che volentieri.








Toma panata in crosta di nocciole con misticanza e ristretto ai frutti rossi


Polpo arrostito, peperoncino, insalata di legumi e frutta secca



Ravioli di zucca, fonduta di Casera e pop corn di maialino



 Scialatielli con gamberi, cavoletti e briciole di pane tostato


Lombo d'agnello cotto nel fieno su polenta bianca e salsa al vino rosso 


 Ombrina con carciofi morbidi e croccanti


Frutta nature


Dopo il sorbetto apripista al mandarino, indeciso tra dolce e gabbana opto per una porzione di CioccoLampone e un Moscato Rosa di Franz Haas




Un corposo signor caffè è accompagnato dalla pasticceria under diciotto dallo sguardo dolce, lei potrebbe essere sua nipote, non prendono né camere né tavoli separati ma si accomodano al mio


Sempre aperto, tutti i giorni a pranzo e a cena, tranne martedì e mercoledì solo a pranzo, costanza significa fatica ma anche passione e dedizione, meritevoli, come Giulia che nell'arco di centottanta minuti non ha sbagliato una freccia, un altro buon motivo per ritornare, oltre, naturalmente, che per la bella mano di Cristian in cucina che, non credo di sbagliarmi, sta proponendo piatti di livello alto, qualche piccolo accorgimento in "levare" e l'aggiunta di una punta di acidità, potrebbero dare a lui, alla sua famiglia e ai suoi collaboratori, inaspettate & meritate ulteriori soddisfazioni.

Quando per coincidenze & conoscenze bazzicavo case discografiche, mi sarebbe piaciuto scoprire un talento, scorgere tra tanti chi sarebbe riuscito a mettere la testa fuori, oltre la mediocrità, ma invece di produrre qualcuno ho solo rischiato di essere prodotto, oggi, ascoltando il suggerimento di una bella persona del settore, rischio, con estremo piacere, di essere il primo a parlare di un locale di Bergamo che offre più di quel che ci si aspetta e si paga, Cristian si muove a tempo, con disinvoltura, sembra suoni la sua batteria da cucina in punta di spazzole, sottovoce, quasi a fari spenti nella notte eppure punta deciso verso un bagliore non così lontano.

... e grazie ancora, ah mi ha mandato il suo collega…
Ma perché non l'ha detto prima...
Ora so che le attenzioni ricevute sono la consuetudine verso la vostra clientela, complimenti.


Il gelsomino notturno – G.Pascoli – Luglio 1901

E s’aprono i fiori notturni
nell’ora che penso a’ miei cari
Sono apparse in mezzo ai viburni
Le farfalle crepuscolari

Da un pezzo si tacquero i gridi
Là sola una casa bisbiglia
Sotto l’ali dormono i nidi
Come gli occhi sotto le ciglia

Dai calici aperti si esala
l’odore di fragole rosse
Splende un lume là nella sala
Nasce l’erba sopra le fosse

Un’ape tardiva sussurra
trovando già prese le celle
La Chioccetta per l’aia azzurra
va col suo pigolio di stelle

Per tutta la notte s’esala
l’odore che passa col vento
Passa il lume su per la scala
brilla al primo piano: s’è spento

E’ l’alba: si chiudono i petali
un poco gualciti si cova
dentro l’urna molle e segreta
non so che felicità nuova


M 50&50

mercoledì 16 marzo 2016

Sorgenti d'ispirazione




Marco 50&50

Altro che flessioni & riflessioni , ecco quel che ci vuole per mantenere in forma corpo e mente.

Ma il mio permesso premio, così come il mio drink, è agli sgoccioli, la libera uscita prevede rientro obbligato e tassativo, fine dello stato brado, mi aspetta un carnaroli, cercherò di trasformarlo in un piatto che si farà ricordare, ma il riso come il Paradiso può attendere, sperando mi tengano un posto, non necessariamente in prima fila, accenno qualche flessione per potermi sentire meno in colpa e più tonico e trovo il tempo per cercare di leggere, come fosse caffè, nel fondo del mio gin tonic…

…nei residui di tonica, contaminati dal ghiaccio, trovo i riflessi del Naviglio in Darsena e di una storia anche un poco mia.

Le persone cambiano, o meglio, le persone rimangono sempre le stesse ma, se ispirate da qualcuno o da qualcosa si trasformano, in quel breve e fuggente periodo, lungo, in fondo, poco più di un attimo se rapportato al quotidiano senza slanci, avviene una vera e propria mutazione, alcuni aspetti sono evidenti e percepibili immediatamente, anche un semplice conoscente “vede” qualcosa di nuovo nella persona ispirata pur non riuscendo a definire questo qualcosa.

Chi è ispirato sa di esserlo ma non fino al punto di poter uscire da se stesso per guardarsi, sono gli altri, gli amici più intimi, le persone più care che avvertono i risultati di questa trasformazione che non può ridursi banalmente ad una variazione della luce negli occhi che è pur sempre, comunque, l’aspetto più evidente.

Tu, ad esempio, adesso hai un aspetto più curato, sei allegro, disponibile, propositivo, il passo è più sciolto, scattante, non cammini a bassa quota né tre metri sopra il cielo ma la camminata è diversa, meno appesantita, c’è luce tra te e il suolo ed è un valore aggiunto, adesso oltre che alto e grosso sei  fluido e la parola non è scelta a caso perché quel che sembra osservandoti  mentre la guardi e le parli è qualcosa di simile ad energia in movimento.

Lei ride delle nostre battute, mentre ci chiede qualcosa di noi che possa servirle a capire qual è il filo che ci unisce da anni, ma soprattutto il motivo per il quale questo filo invece di logorarsi si è rinforzato, tu, non osservato,  con il viso resti al centro della conversazione ma l’occhio ha una visione laterale nella sua direzione e i tuoi muscoli facciali, che si muovono senza chiedertelo, si aprono in un sorriso beato, compiaciuto, parzialmente&involontariamente orgoglioso.

Così nel giro di pochi giorni proponi e concentri opportunità per rivederla, per rivedersi, per aumentare i giri di un motore abituato ad accendersi per routinarie tappe di pianura e non come adesso, per la musa ispiratrice che ti spinge verso discese ardite e relative risalite.

Possiamo tornare indietro, “milletrecento,millequattrocento” ma le variazioni sul tema, in fatto di ispirazione rimangono le stesse, non so dove indirizzerai l’energia in eccesso, se dovessi optare per la sostituzione delle casse con altre più potenti, sappi che in Darsena stanno raccogliendo le firme quanto meno per limitare il tuo eccesso di vitalità, non preoccuparti, in Comune capiranno, quando c’è l’ispirazione…non dovessero capire, tuffati nelle acque milanesi e, caro il mio Master, fagli vedere cosa vuol dire davvero fare “le vasche” in Darsena, poi, mi sembra di vederti, ancora gocciolante uscire dall’acqua e ammonirli così:
“una cosa deve essere Chiara…”

Nella foto (tratta da Wikipedia) in apertura di post le chiare fresche et dolci acque delle sorgenti del Sorgue che ispirarono, o meglio, contribuirono ad ispirare l’aretino Petrarca oltre 600 anni fa…

M 50&50

Anche Cartier Bresson fu a lungo molto ispirato da la Sorgue
foto gdf

martedì 15 marzo 2016

I satelliti di Giove


E' sbagliato correre dietro a chi ti viene incontro

Ma lui non ci venne incontro

Lui ci aspettò

E ci abbaiò forte addosso, assordandoci tra la pace degli ulivi

Ce l'avremmo fatta senza di lui?

Andando da lui si, ma tornando da noi? chissà

Ispido come un cinghiale esposto ad un sole forte all'andata

Macerato come un buon cane da riporto al ritorno sotto le ingiurie del tempo

Fino in fondo, fino in ALTO, fino alla fine di quel temporale, sorridendo, non potendo fare di più per portarci fuori dalla tempesta. Noi che avevamo anche un ombrello

Solare, centrale, osservando tutti gli esseri terrestri che gli giravano intorno con dolcezza

Lui, planetario, di più: solare

Faceva di nome Giove, tra i più grandi tra i cani scesi su Gaia dal Pianeta dei cani

gdf





lunedì 14 marzo 2016

Fiction

di Angelo Antonio Angiulli

Neanche il sottoscritto è sfuggito alla visione di Masterchef, poi la curiosità appagata dopo qualche puntata, è stata soppiantata dall'indifferenza indotta dal “nuovo” malcostume di alcuni giudici sommamente severi, fino al disprezzo immotivato su alcuni “parvenu” aspiranti executive chef (ah ah ah). 



Tuttavia un pomeriggio dopo il gratificante sonnellino post prandiale mi sono sintonizzato su “Masterchef professional Australia”, nel quale il mitico Marco Pierre White è giudice, mentore, padre spirituale/consigliere culinario, stimolatore dei perdenti mai disprezzati, semmai incoraggiati a migliorare.

Non ama la teatralità, che sarebbe stata tutto sommato giustificata dalla sua origine italiana per madre, ma quando agisce in cucina, lui sì come executive chef, mette in mostra una professionalità ed un carisma che i suoi alter ego nostrani si sognano di avere. Ha il massimo rispetto per chi sbaglia, non scaglia piatti nel lavello o padelle dove capita, ma subdolamente o con estrema chiarezza cerca di correggere gli eventuali potenziali errori persino durante le prove di eliminazione.

Tuttavia anche nel contesto di quella contesa culinaria troviamo in tutto il loro massimo splendore gli archetipi che stanno minando i concetti di cucina finora conosciuti, ove superate anche le varie spume la sferificazione e l'uso dell'azoto liquido, lo studio sull'innovazione della tradizione viene soppiantato tout court dalla fantasia sfrenata, che genera piatti in cui l'accozzaglia di elementi, in alcuni casi si arriva a 40/50, dovrebbe generare armonia dei sapori.

Non più quindi la vecchia concezione che esaltava con qualche ingrediente aggiunto il sapore dell'elemento principe, coniugato anche con qualche tocco di fantasia, mai prevaricante sull'impianto di base. Anche l'estremizzazione delle tecniche non viene comunicata ad hoc, ed un esempio ci viene dall'uovo cotto per 63 minuti a bassa temperatura, se non è rapportato alla grammatura dello stesso, di 60 o 70 e più grammi.

Un po' come la cottura ai ferri della bistecca conseguente alle teorie della nouvelle cousine, rigidamente contenuta in tempi esatti, senza tenere conto dello spessore e del tessuto connettivo dell'alimento, magro, grasso, o marezzato, che indurrebbe a fidarsi meno del cronometro.

Il pedissequo cromatismo dei piatti sembra la panacea che dovrebbe esaltare la bontà della preparazione, in quanto sommamente appagante la vista, ossequio al detto che l'occhio vuole la sua parte. Il che non sarebbe disdicevole se il gusto finale fosse altrettanto soddisfacente, come in quei vini dall'intensità olfattiva eccellente, seguita da un'equivalente intensità gustativa.

Ma quella che sembra una persecuzione è l'insistenza sulla nota acida, data dagli agrumi o dagli aceti, ed in contrapposizione la nota zuccherina, sovente ambedue evocate nei piatti salati. Da cuoco naif quale ero e sono, sul pesce crudo da me molto amato e proposto, la nota acida era data da un cubettato di pomodoro crudo fresco, non molto maturo.

Anche i clienti cavia delle prove culinarie allineati alle nuove teorie (forse seguono corsi di aggiornamento), disquisiscono più o meno con competenza dei vari componenti, ma guai a lasciare una lisca di pesce, dicasi una, un delitto associato alla lesa maestà. In conclusione, anche se ci sarebbe molto altro da dire, vita dura per i tradizionalisti se refrattari alle novità partorite da una fantasia malata di concepire un unicum, testimone del proprio genio culinario.

Sigh! Come ho detto in altre occasioni, con l'avvento di nuove mode culinarie, tutti vanno all'università del nuovo corso, peccato il salto delle medie e del liceo, culinario ovviamente. Ma per finire veramente, sempre caro mi è un aforisma di Brillat Savarin: “La perfezione è la sintesi della semplicità”. Qualcuno dovrebbe ricordarsene e fare ammenda.  


AAA

domenica 13 marzo 2016

sabato 12 marzo 2016

purta' i scarp de tennis



"Entra, mangia e se ne va. Ma una spiegazione a questo suo comportamento c'è. La sua storia, raccontata dalla Stampa, ha suscitato molto clamore. Giovanna Tondella, classe 1940, nata a Torino, ultima abitazione a Ceriale (Savona) è una vecchina dai capelli brizzolati e lunghi, le mani ossute, l’aspetto un po’ trasandato e quelle calze di lana colorate e le scarpe da tennis bianche dalle quali non si separava mai. È lei che mangia a sbafo in bar e ristoranti. Cinque conti non saldati, nelle scorse settimane a Savona e Vado Ligure, e nel frattempo centinaia di messaggi su internet: "È una poverina, aiutatela" (... o )"E’ una truffatrice".

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Come spesso accade, anzi, quasi sempre, i commenti sono migliori della notizia, e così una quota di popolo di addetti ai lavori e accaniti di FB si sono chiesti se la signora non fosse la medesima che in passato frequentò non il savonese ma l'estremo occidente della Liguria con le medesime modalità e intenzioni.

Un altro ricorda di quella coppia che usava lo stesso sistema, nello stesso breve tratto d'Aurelia -dove questa si approssima alla conclusione- ma scegliendo di frequentare solo ristoranti stellati. Si sente in queste parole quasi nostalgia degli sbafatori che sapevano riconoscere la qualità. Trapela quasi lo sconforto piuttosto che la soddisfazione.

Ecco, oggi neanche a sbafo. In mancanza di tavole degne anche gli sbafatori si sono spostati nel savonese :-) ... ho messo lo smile, mi raccomando... ma poi che succede? e' di ieri la notizia che la Signora ha deciso di pagare il conto in un locale di Seborga, che non sarà Monaco ma è pur sempre un Principato: ha sborsato ben 10 euro, rigudagnandosi una buona quota di simpatia nell'estremo Ponente.

gdf

p.s. io ci vado spesso a piedi al ristorante, camminando dentro scarpe da tennis bianche.

venerdì 11 marzo 2016

Il venerdì del DJ :Tarlant Champagne Prestige 2000



Un’ottima bevuta, da vigne di quasi 50 anni, solamente tremila bottiglie, assemblate con 90 Chardonnay e 10 Pinot Noir, niente malolattica – un must per i Tarlant - sur lattes da maggio 2001 a dicembre 2011 (mica cotiche), con dosaggio da extra-brut (5 gr./lt.).
Poco meno di sedici anni, molto ben portati, visto l’esito nel bicchiere, già in spolvero alla vista: oro affascinante e perlage sottilissimo.

Eleganza, freschezza e gran tiro nei profumi, partendo da una forte impronta di gesso, mista a crema pasticcera, pesca confit e toni agrumati – mandarino e cedro – con una bella traccia di salvia e pasta di mandorla.
Un naso didascalico, per quanto sa muoversi lungo il contrasto tra maturità e freschezza.

Gran passo anche nell’assaggio, dove ritrovo sincronie e corrispondenze esemplari.
Vino davvero vivo, di drittezza mai belluina e fine a se stessa, con l’ossatura gessosa sempre piacevolmente in risalto, ben inserita all’interno di uno schema, sì strutturato, da chardonnay maturo, ma di raffinato equilibrio, dove non viene mai meno l’eleganza.

Il finale, di persistenza significativa, rinvia alla rocciosità marina e iodata, con lievi venature mellite, di agrumi caramellati e crema di nocciola.


In beva certamente adesso ma, vista la formidabile spina acida, anche no.

giovedì 10 marzo 2016

Nouvelle Vague Kollektiv


gdf



Che cos'è Nouvelle Vague Kollektiv? Abbastanza semplice spiegarlo. Si tratta di un'equipe di giovani talenti della ristorazione, di sala e di cucina, provenienti da ogni parte del mondo, uniti da un progetto, dall'intenzione di promuovere periodicamente eventi originali inseriti in luoghi inusuali per la ristorazione. Questo movimento culturale nasce da un'intuizione di due giovanissimi talenti del settore, giovanissimi ma già affermati. Tutti under 25 ma con basi solide e fondamenta già profonde.

Diego Pani, dopo aver lavorato nella brigata di Joel Robuchon a Montecarlo, è stato "prelevato" personalmente da Alain Ducasse, che dapprima l'ha piazzato in uno dei suoi locali parigini e poi l'ha inserito nella brigata del Louis Xv, sempre a Montecarlo. Siccome tutto il blocco edilizio di cui fa parte il Grand Hotel de Paris è oggetto di ristrutturazione pressoché integrale, Diego si è spostato per uno stage da Lorenzo Cogo, al El Coq di Marano Vicentino, ma presto rientrerà nel Principato di Monaco. Originario di Ventimiglia, Diego appartiene ad una famiglia di ristoratori della città di frontiera, che tuttora gestisce il ristorante Marco Polo, unico indirizzo rimasto sulla Guida Michelin nell'ultima edizione uscita.

Simone Turbiani. Pure lui si muove con disinvoltura negli ambienti dell'alta ristorazione monegasca, nel dettaglio a contatto con l'esigente clientela dei ristoranti del gruppo monegasco del lusso Giraudi. Nel suo curriculum esperienze diverse, dall'hotellerie australiana alla gestione manageriale della mitica spiaggetta dei Balzi Rossi, proprio a Ventimiglia. Oggi è impiegato con il compito di maitre nel ristorante scozzese The Kitchin, una stella Michelin ad Edimburgo.

Arriva da vicino -Bordighera- anche la responsabile grafica e di Interior Designer di Nouvelle Vague. Si chiama Sarah Possamai. Da un sunto della sua già brillante carriera leggiamo che "dopo la facoltà di Interior Design presso lo IED di Milano si appassiona al mondo del tessile, diventando allieva dell'artista Diana Springall. I riconoscimenti non tardano ad arrivare con la sua esposizione "LOOM" presso il salone del mobile, a cui seguono tre edizioni consecutive di Milano Unica, per la quale realizza 68 sgabelli in ferro, ognuno personalizzato con tecniche di tessitura differenti. Lavora attualmente presso lo studio Nicola Galizia a Milano, dove si occupa di product design collaborando con la Molteni e C. ,la comunità di San Patrignano e la Dada Cucine."

Questo ed altro, work in progress, in attesa del primo evento di Nouvelle Vague Kollektiv, che si terrà proprio a Ventimiglia, di fronte al grande mercato coperto, nei locali abitualmente adibiti alla ristorazione semplificata della Trattoria dei Pani, sempre gestita dalla famiglia di Diego Pani. Papà Marco e Signora in trincea ad affrontare ogni tipo di clientela durante l'anno, mentre il prossimo 25 e anche il 26 aprile, il locale diventerà teatro della manifestazione gastronomica numero zero dell'equipe internazionale Nouvelle Vague. Serate già sold out, e quindi, dopo averne dato riscontro, resterà solo da attendere di conoscere le future date e le "location" dedicate.

L'auspicio?  Che anche questa iniziativa sia utile a risvegliare i sentimenti verso l'alta gastronomia di questo lembo di terra vista mare, dove tra gli anni '90 e il nuovo millennio, Bordighera, Vallecrosia, Camporosso e Ventimiglia erano note non per altro, ma per i magnifici sei ristoranti stellati distribuiti in una dozzina di chilometri. Il 4% dell'intera nazione sparsi in un fazzoletto da naso.  Oggi? Zero a zero e palla al centro.

Ulteriori dettagli sulla pagina facebook dedicata






mercoledì 9 marzo 2016

Non ci crederai ma ...


Marco 50&50

…ma le mie considerazioni, ancora una volta, non sono altro che l’ennesima risposta al servizio che hai sparato colpendo lo schermo dell’Armadillo con la tua prima palla.
“le mail bisogna leggerle, lo dico sempre”
in fondo hai ragione eccomi:

No grazie, buonasera.

Ormai passo il mio tempo a rispondere al telefono agli sconosciuti che vogliono propormi, con insistenza oltre tutto,  qualcosa di imperdibile.

Tra uno squillo e l’altro controllo se nella posta elettronica abbia trovato posto anche qualcosa di almeno lontanamente interessante, poi dicono che sono diventato un orso, per forza, anche non dovesse piacermi il miele resto invischiato in situazioni paradossali, per poter rimanere in contatto con le persone a me care, devo tenere pulito il letto del torrente che dovrebbe garantirmi un flusso di dati a me utili, ma, per farlo, per evitare la piena che non mi consentirebbe di distinguere più nulla, trascorro molto più tempo a eliminare con foga quel che non mi serve di quanto ne passi a rispondere a chi mi scrive sperando in un mio cenno di riscontro.

Così rischio di  “bidonare”, succede, quel che meriterebbe più attenzione e nel sacco dei vestiti “smessi” ci finisce la tee shirt dei Baltimora Orioles, si perde il tuo profumo sul cotone consunto, i colori non più nitidi come i ricordi finiscono in un sacco destinato ad altri, va beh, mettiamoci una croce sopra, in questo caso rossa.

“Le mail bisogna leggerle, lo dico sempre”
…è vero, ma dobbiamo anche lavorare, non dico vivere, così cestiniamo come pazzi tutto quel che arriva con un occhio allo schermo, la mente altrove, i pensieri avanti, l’essenziale indietro, triturato dall’elica che non lascia scampo..alla Busara, figuriamoci alla Thermidor…

Groupon, Privalia, le migliori tariffe, Zalando, viaggi da sogno, inviti in discoteca, se prenoti per cena l’ingresso è incluso assieme al vino scadente che martellerà in testa come la musica del DJ, l’unico fuori quota che può condividere luoghi destinati ad altri, perché dopo i quaranta ”sei figo solo se la discoteca è tua”.

Tra le più divertenti, mi basta poco in fondo per sorridere, la proposta di “un prestito che estingue i tuoi prestiti” in teoria si potrebbe andare avanti così all’infinito, procrastinando…

Ma tra i sottocosto camuffati, a guardar bene, potrebbe saltar fuori la proposta irrinunciabile, perché se è vero che i soldi non fanno la felicità, spesi bene potrebbero farla, dalle Tenute Al Bano Carrisi me lo fanno notare in modo convincente.

Le bottiglie mi arriveranno a casa insieme al CD, …felicità, è un bicchiere di vino prodotto a Cellino…



M 50&50

martedì 8 marzo 2016

lunedì 7 marzo 2016

Ho smesso di andare in treno


Perché è proprio vero che il treno ti concede solo una visione laterale della vita.
 Guidarlo sarebbe diverso.
 Se qualcuno decidesse di attraversare i tuoi binari non ci potresti far nulla per evitarlo

Gran birra Gabriele, tanta roba. Finalmente una con le palle. Imperiale!

Nadir


domenica 6 marzo 2016

Il Caposcuola di una nuova corrente culinaria



Piselli emancipati alla quarta con scampi

La Cucina Bianca sulla Via del Sale

Qualche cosa di più raffinato di una banale cucina mari & monti

POST CONDIVISO

venerdì 4 marzo 2016

Pol Roger Champagne Rosé 2002



Sottotitolo: comunicazione ai naviganti.
Non è stato facile reperire questa boccia, era tanto che la rincorrevo e, quando l’ho incrociata, l’ho messa nel carrello del web, ben consapevole dei rischi che correvo.
E’ successo che si è rivelata leggermente ossidata.
Il discorso è sempre il solito: se le bottiglie avessero il conta chilometri…

La mia, quasi sicuramente, ha sofferto di cattiva conservazione (temo drastiche escursioni termiche, innanzitutto), giacchè il tappo era in condizioni ottimali, in linea con un vino che ha trascorso sette anni sui lieviti e ha un dégorgement di 5 anni, neanche un’enormità.

E’ rosè di assemblaggio, che vede prevalere il Pinot Noir sullo Chardonnay nella misura di 60 a 40, con un 15% di bacca nera, sempre PN, “ferma”, aggiunta prima del tirage.

Il colore parla prima del naso, con nuances aranciate, che hanno modificato la cromia di partenza. Tuttavia il naso si difende e si destreggia tra freschezza e mineralità, tra frutta – dagli agrumi ai frutti di bosco – florealità e toni speziati. Certamente penalizzato dalla piega oxyd, che funge, in parte, da camicia di forza.

In bocca è carnoso, perfino vinoso, con un bel taglio speziato che, unito a discreta vivacità, le provano tutte a isolare la virata ossidativa e consentire l’espressione degli aromi che, per una parte ci sono e, per l’altra, data l’elevata materia sono, fortemente, immaginabili. Chiude sul frutto e sfumature di rabarbaro.


Il senso del post, stavolta lo esprime il sottotitolo: stiamoci vicino e chi ne ha ancora, stappi, mentre chi non ne ha (più) si (ri)metta alla ricerca. Questa è una delle maison della cui qualità non si può dubitare e il 2002, ne sono certo, non è al capolinea, anzi.

giovedì 3 marzo 2016

Vamos a bailar



Marco 50&50

Ieri ho conosciuto Paola&Chiara.

Le serate iniziano tutte allo stesso modo, ci si sente, ci si mette d’accordo, ci si vede, poi, per fortuna, prendono pieghe diverse, inaspettate e da una cena tra amici arriva energia in abbondanza da tenere in panchina per il momento del bisogno.

Le luci e i colori della Darsena sono dietro l’angolo nel vero senso della parola, il lotf offre spazi talmente ampi e diversificati che potrebbero consentire a chi preferisce la privacy di non incontrare nessuno ma, sarà il profumo del cibo in preparazione, sarà il rumore dei tappi che saltano, tutti si riversano in cucina.

Baci, contatti verbali, calici di bollicine, qualcosa di solido, insomma in attesa del risotto le bocche giocano comunque un ruolo prioritario così apro la mia e chiedo alle sorelle Iezzi, visto che si sono rimesse insieme, se possono farmi un pezzo a cappella di Vamos a bailar, loro mi guardano con aria interrogativa, stupita ed incredula, poi il padrone di casa mi riporta all’ordine e brandendo il mestolo per il risotto mi invita a seguirlo in postazione, loro, divertite, ridono di gusto tra loro, la serata scorre ed avvolge e come un extravergine toscano di nuovo raccolto sopra una fetta di pane senza sale, lascia segni e ricordi.

Paola&Chiara, in realtà, sono due avvocati in gonnella che alternano toga e toga party, completamente a digiuno di diritto penale, indosso simbolicamente i panni di John Belushi in Animal House e, dopo il decimo calice di bollicine, metto qualcosa nello stomaco in attesa di riempirlo con una quota dei mille grammi di risotto a quattro mani pere&gorgonzola.

La “mia” dose ottimale per preparare al meglio un risotto credo sia trecentotrenta grammi per quattro persone, abbiamo comunque, in qualche modo, portato a cottura, bagnandolo regolarmente col brodo, il chilo di carnaroli targato Mortara dopo aver effettuato una tostatura con cipolla fatta precedentemente appassire in olio e burro e sfumato con bollicine italiane.

Qualche minuto prima della mantecatura fuori fuoco col gorgonzola dolce, abbiamo aggiunto al riso un bel paio di pere tagliate a dadini e completato il piatto con una spolverata di pepe nero.

Riuscito il contrasto tra la semi acidità delle pere e la dolcezza piccante dello zola, azzeccata la cottura e la cremosità, avrei dovuto rischiare un’onda più spumeggiante e salina e puntare la mia fiche sul pepe bianco ton sur ton.

Chiara è sorridente, aperta e vicina al senso più profondo del suo nome, credo stia prendendo confidenza con il posto vuoto a fianco del mio amico che con un inaspettato colpo di coda, (lei è davvero notevole) ha ridato senso e completamento ai suoi mille interessi.

All’intrigante Paola, afflitta e perseguitata (controllata ed insidiata a distanza al limite dello stalking, dal nipote di un potente magistrato e collega) che, nonostante l’ansia, sa come muoversi al meglio in questo toga party, circondata ed “interrogata” da un piccolo branco di sconosciuti maschi alfa non più di primo pelo, non un consiglio ma un’indicazione, cara sconosciuta, con la quale ho parlato come se ti avessi ritrovata, stacca ogni collegamento social e non social, togli la spina e togliti la spina dal fianco, cambia numero e vita…ah una cosa, lasciami il numero nuovo, magari ti chiamo e ti chiedo se puoi cantarmi Vamos a bailar



M 50&50

mercoledì 2 marzo 2016

Wine, Food and Design


Una maniera diversa di osservare il cibo ed il vino e poi comunicarlo. Comunicarlo attraverso le sue forme. Le forme del cibo, del contenuto e del contenitore. Un nuovo sito, un nuovo blog, un nuovo approccio al tema del food e di ciò che gli ruota intorno. Ecco il Mauro Olivieri blog, designer affermato, vincitore del Compasso d'Oro per la progettazione di un nuovo formato di pasta, e di mille altri progetti portati a termine con successo partendo da un concetto avvolgente, da un approccio olistico; appunto quello del progettista - disegnatore olistico. Un numero uno da conoscere meglio.

Se volete saperne di più ecco il collegamento : http://www.mauroolivieri.it/blog/



martedì 1 marzo 2016

Il corretto uso del pestello

Marco 50 & 50


Il Maestro Gianni Bruzzone ci insegna il corretto uso del pestello

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Se una mela al giorno toglie il medico di torno, un pesto a Mele cosa fa…

Mi sembri giù, avresti bisogno di un pesto al sole…
Ce lo giochiamo domenica ventotto sulla ruota panoramica di Genova Mele…

OK, avviso il pestifero

Quando si tratta del pesto di Gianni Bruzzone del Baccicin du Caru servono davvero poche parole per accordarsi, questo è un vero metà strada tra appassionati brianzoli e piemontesi emigrati in Riviera, si parte.

Sono ancora di umore nero ma in via di “schiarimento”, diciamo tendente al grigio come il cielo sopra Masone, l’allarme meteo da rosso diventa arancione, superato il Turchino imbiancato di neve che copre l’azzurro, siamo ad un passo, nel vero senso della parola, dal verde brillante, lo accendiamo, e pesto sia.

Inaspettata, autoctona, beverina 

Sotto il Turchino si produce un lardo magnifico, e una testa in cassetta da perderla 

Ci sarebbe del cotechino? 

Due Cote du Rhone dove il Sirah si dimostra essere il vitigno più cortigiana del pianeta 

Polenta "au tuccu" 

Il must della casa : maltagliati al pesto fatto al momento 

Baccalà al forno 

Stoccafisso (ben) accomodato 

SuperTortons
Cioccolatoso Pernigotti 

Golosità al cucchiaio 

Per far tardi

“Una Domenica così non la potrò dimenticar”…in effetti un pranzo che si apre col lardo di cinta senese e si chiude con i cantucci riportandomi indietro col pensiero e con i ricordi non può che mettermi di buon umore.
Se fossimo in un ring dovremmo dire fuori i secondi, ma dopo la bella sequenza di antipasti, con menzione speciale per la testa in cassetta, e l’uno due, u tucco & pesto, passo direttamente all’ananas avvantaggiato di sambuca in versione gdf e mentre Nasone da Meda continua a versare, percepisco un ronzio in sottofondo, sono le donne che ci accompagnano, quando sento la parola canarino tendo distrattamente l’orecchio, “e tu come lo prendi ?”, si chiedono cospirando entrambe, senza indugio rispondono bollente, allora capisco che ho fatto bene ad iscrivermi ad un corso sull’uso del pestello.
Sono emozionato e a disagio mentre aspetto il mio turno, credo di non essere all’altezza, soprattutto al cospetto di un giudice, Gianni Bruzzone, la cui autorevolezza in questo campo è riconosciuta a livello mondiale, come il suo pesto.
Chi mi precede è già dentro da un po’, dovrebbe toccare a me, si apre la porta e con apprensione ancora maggiore realizzo che quello che sta uscendo è Rocco Siffredi, cos’è successo, gli chiedo, temendo già la sua risposta.
“Mi ha bocciato sull’uso del pestello” mi dice in lacrime prima di andarsene.

M 50 & 50