giovedì 7 novembre 2013

Devero Hotel | Enrico Bartolini

patate uovo uova capperi lo sai.....

di Fabrizio Nobili


melanzana: amuse bouche di crema di melanzane;  rivestita è grande come una noce


alici marinate come in saor ripiene di cipolle, alghe, gocce di cavolo rosso 


Lo chef Enrico Bartolini neo bistellato non ha bisogno di presentazioni, per chi non lo dovesse conoscere, sicuramente in rete può trovare riferimenti mediatici che gli fanno il capello in quattro. 


Cibreo


Il mio ermetismo interpretativo che tende a raccogliere l'essenza delle cose e delle persone mi ha fatto dire sabato sera allo chef qualcosa che lo ha colto impreparato ma non lo ha turbato, anzi...


Bottoni all'olio e lime, caciucco e polpo alla brace

All'ordinazione del vino ho visto gli sguardi soddisfatti ma trattenuti in sala (eravamo il primo tavolo occupato) come se avesse segnato la propria squadra del cuore ma si è tra i tifosi avversari. A me l'annata 2010 in Cote de Nuits piace un sacco, senza se e senza ma.



In carriera i piatti simbolo per uno chef possono diventare un'ossessione da non mettere in carta ma Enrico di “classici” non ne ha uno solo e corre il rischio che le alici possano fare la stessa fine anche se manca la componente di golosità che si trova gli altri piatti storici. Però mio figlio alla domanda: è buono? Ha risposto: Fantastico!


Anca di pollo arrosto, salsa yuzu...

Ciò che caratterizza la cucina di Enrico è la raffinatezza e l'eleganza, la golosità e l'armonia delle sue realizzazioni. Ma la vera anima che viene espressa è la parte maschile nelle scelte degli ingredienti e come riesce a trasformarli. Riesce a far indossare lo smoking a chiunque riscontrando rispetto negli altri uomini ed ammirazione nelle donne: proprio come Rocco.


Petto di piccione al Porto,millefoglie ai grani di senape, le cosce al foie gras e rabarbaro.



Agnello e le sue animelle, cipolle alla brace


Lamponi e liquirizia


Gelato di rose


e ricordati di citare Hitchcock e metterlo in bianco e nero... Fabrizio Nobili

...come no, te lo metto anche nero su bianco il nostro ... gdf


mercoledì 6 novembre 2013

Stampante di menù di ristorante in 3d | L'alta risoluzione a tavola


del Guardiano del Faro

Fernand Point stava seduto su una comoda poltroncina collocata sotto un grande platano nel giardino del suo ristorante  tristellato di Vienne. Si stava facendo fare la barba mentre leggeva una lettera proveniente da Parigi. Alternava la lettura e il taglio di barba sorseggiando un calice di Dom Perignon. Leggeva quella lettera, che non era la prima e non sarebbe stata l’ultima a contenere un invito a Parigi per il grande cuoco di Vienne.

Una volta ci andò, a Parigi, per dovere verso il suo amore. Ci andò per il suo viaggio di nozze, ma si rese subito conto che non era nel suo modo di intendere la vita viaggiare. La fatica, il peso, l'altezza, la stanchezza, gli alberghi... Da una parte gli dispiaceva deludere i suoi amici, colleghi e clienti che tentavano di precettarlo ed ospitarlo nella Capitale mondiale della Gastronomia, ma per lui Vienne era ben più di un campanile, perché lui stava bene solo all'ombra della Pyramide.

Quel pomeriggio Madame Mado Point colse sul suo volto il disagio e avvicinandosi amorevolmente gli disse: Non preoccuparti, se proprio non ti va di andare in giro per il mondo, tutto il mondo verrà da te. E così fu.

Fernand Point - La Pyramide - Vienne

  
Finalmente me l’hanno consegnata. Speriamo funzioni. Intanto gli ingredienti. Non tutti facili da trovare. E poi il prezzo, notevole. Però, poi, pensa che bello non doversi più muovere per avere quel che vuoi a casa, al meglio, sempre che le ricette siano state inserite esatte, codificate in 3d senza errori da quei furbacchioni di chef, che vorrebbero che la gente andasse ancora fin da loro per mangiare quei meravigliosi piatti d’autore. 

Basta con quella inutile applicazione che ti dice solo dovresti andare, perché ci devi comunque andare con i tuoi mezzi. Ti teletrasportasse capirei il senso, ma se mi devi solo dire dove dovrei andare, se ti limiti a comunicarmi un indirizzo gps, allora ti ci mando io.

Invece questa si che è una diavoleria tecnologica davvero utile. Accidenti, tiene parecchio spazio, bisognerà rivoluzionare un po’ la cucina, ma vuoi mettere il risparmio? Sono trent’anni che mi faccio decine di migliaia di chilometri in giro per l’Europa per andare a pranzo o a cena dai miglior chef europei. Da solo è pesante. Il viaggio sarebbe bello con la compagnia giusta, ma da solo non ne ho più voglia.

E pensate a quelli che prendono addirittura un aereo per qualche piatto d’autore. Per poi avere un bellissimo ricordo di tante altre cose, su questo sono d’accordo, ma raccontare un piatto, mi rendo sempre più conto che abbia poco senso, perché difficilmente quando lo andrò a provare lo troverò uguale o avrò le stesse sensazioni di chi me lo sta raccontando.

Invece così si, così il piatto è sicuramente come l’ha pensato lo chef. Come si fa? Beh, il procedimento è di una logica e di una facilità di esecuzione disarmante. Ci si collega con il p.c. al sito del ristorante, ovunque esso stia, e si scarica il file di un singolo piatto o di un intero menù di degustazione previo pagamento del suo prezzo con carta di credito.


Poi, si accende la stampante 3d, anzi, meglio accenderla un po’ prima, perché le diverse temperature degli scomparti dovranno raggiungere i gradi necessari per la preparazione. Che siano positivi o negativi, ma qualche minuto di attesa è indispensabile per avere a disposizione il piatto servito alla giusta temperatura.

Invece delle cartucce colori e del nero andranno inserite altre cartucce, contenenti liquidi e polveri corrispondenti agli ingredienti, negli appositi contenitori. Vedi quant’era avanti Adrià quando inventò le Texturas? Da Fernand a Ferran, da principio a principio, ma più o meno il principio è quello, e a breve sui siti specializzati saranno in vendita i liquidi e le polveri liofilizzate di almeno 150 ingredienti, e siamo solo all’inizio. Fondere e formare due tipi di cioccolato per fare cremini o fondere plastica e formare una statuina non fa molta differenza per una stampante 3d. I cioccolatieri di Parigi spero mettano presto le informazioni necessarie on-line.



Chiaro, se scaricassi qualche piatto estremamente, complesso, tipo El Bosque Animado di Quique Dacosta di cui parlavo giusto ieri su Reporter Gourmet dovrei rivolgermi direttamente alla dispensa on-line dello specifico ristorante, e pagare un po’ di più per avere tutti gli ingredienti precisi, come solo lo chef può aver selezionato. 70 ingredienti per quel piatto, accidenti, ci metterà un bel po’ di tempo questa stampante 3d, credo.



Intanto cominciamo con qualche cosa di più semplice: il dripping di pesce di Marchesi per esempio. Viene preciso preciso il dripping. Potrei addirittura fare una play list del mio menù degustazione ideale con questo aggeggio. Fare un Greatest Hits dei migliori dieci piatti dello scorso secolo, di dieci cuochi diversi, riordinarli in una cartella e poi inviarla alla stampante, et voilà, ecco il mio menù degustazione in 3d che comincia a uscire. Non potrò avere la versione 3d della brioche de foie gras di Fernand Point, e questo mi lascia comunque infelice,  per non essermi alzato/nato abbastanza presto per far colazione con quella brioche, ma che spero di ritrovare nella quarta dimensione.

gdf 12 minuti

martedì 5 novembre 2013

Vi presento Palato Fine


gdf


Non bevo abitualmente un Americano, ma come tutti i cocktail, quando è equilibrato come questo, anche un Americano va giù benissimo, con o senza qualche tartina di qualità. Mi hanno invitato a bere questo aperitivo per spiegarmi un nuovo progetto di blog food and wine. Un altro, direte... e fosse veramente il solito avrei bevuto anche il secondo americano e avrei nicchiato intorno alla tartina con coppa e brie o con quella più capricciosa.


Ci vuole un po' di selz per dare brio alla chiacchierata, e così salta fuori che i tre amici, due Alfredo e un Danilo, hanno messo in piedi un nuovo blog (più che nuovo rinnovato) e si sono messi in testa di allargare il progetto, oltre alle consuete recensioni su vini e ristoranti, verso la ricerca di una visibilità importante tramite canali ben più ampi.

Qui l'Americano c'entra perché la collaborazione sarebbe a sei cifre  http://www.lavocedinewyork.com/ . Insomma, non le solite frequentazioni, o visualizzazioni di pagine che veleggiano sulle decina di migliaia mensilmente. Ben altro.

Oltre alla vetrina italiana da esportare oltre Oceano, i tre pare siano anche molto bravi a cercare e trovare sponsorship e pubblicità di vario genere. Non ultimo, anzi, questo è il primo step, anche l'organizzazione di eventi è nei programmi di http://www.palatofine.it/chi_siamo/ . Il primo, il prossimo 5 di dicembre si terrà ad Imperia. 

Barolo e Champagne saranno i temi della giornata, tanto per far capire cosa hanno in testa i due Alfredo e il Danilo, che vada come vada, potrebbe senza dire che è Colpa d'Alfredo, l'uno o l'altro. Palato Fine è un marchio registrato, oltre che un Associazione culturale. Per informazioni di ogni genere questa è la loro mail: info@palatofine.it


gdf

lunedì 4 novembre 2013

Salvo - Cacciatori - Oneglia


gdf



Quanti ne abbiamo visti di ristoranti aperti con la fanfara e che si sono subito fatti notare per i toni ambiziosi più che per la solidità e la serietà del progetto. Un anno, tre anni, cinque anni. E poi mestamente chiusi o trasformati in una pizzeria al taglio o in un bar mordi e fuggi. E allora quando entri in un locale come questo, che ha superato ampiamente il centenario di vita ti chiedi come sia stato possibile attraversare due secoli non leggeri per i mille eventi che hanno contraddistinto la nostra vita, nel corso delle ultime generazioni. Qui la storia è così lunga che preferisco riferirla tale e quale, per non rischiare di oscurare qualche passaggio, facendo solo notare con le immagini come la modernità ospiti con discrezione la storia, attraverso oggetti che testimoniano tutti i passaggi vitali di questa istituzione della cittdina capitale dell'olio: Oneglia.

Nel 1905, Luigi Salvo, commerciante di vini, in seguito alla grave crisi economica di inizio secolo, ridusse il suo commercio ad una piccola rivendita affacciata su piazza Dante allora fulcro degli scambi commerciali di Oneglia. 
Nella piccola trattoria si incontravano venditori e mediatori d’olio che solevano parlare di affari davanti ad un bel piatto di zuppa di fagioli fumante accompagnato dal vino delle vallate . 
La moglie Angela, abile commerciante, decise di incrementare gli affari proponendo sempre più piatti agli avventori e ben presto data la bontà della sua cucina la trattoria divenne troppo piccola per soddisfare tutti i palati. 

Nel 1919 venne così comprato un grande magazzino di olio ubicato in via Vieusseux allora piazza Umberto1° . 
Luigi fece del locale un punto di ritrovo per tutti i cacciatori suoi amici che dopo una giornata in cerca di Pernici, Fagiani, Tordi, Beccacce e Lepri si fermavano a mangiare un piatto caldo; fu così che il locale prese il nome di “Cacciatori”. 

Nel 1958 Agostino, uno dei figli di Luigi ed Angela che aveva intrapreso il mestiere di famiglia, portò la trattoria ad un radicale cambiamento strutturale nel quale la Cucina aperta sulla sala diventava il cuore del nuovo locale. Questa mostrava la preparazione dei piatti rendendo la cucina protagonista assoluta del locale. 
Da allora, Agostino, grazie soprattutto a sua moglie Enrichetta, superba regina della cucina dei Cacciatori, e alla propria vivissima personalità portò il suo locale ad un prestigio internazionale. 

Vero precursore della dieta mediterranea, innamorato dell’ umilissima Cucina ligure valorizzò con costanza e determinazione i prodotti semplici del nostro entroterra e del nostro pescoso golfo. 

Personaggi nazionali ed internazionali di spicco come ad esempio il Principe Ranieri di Monaco, Gregory Peck, Dalì, Walter Chiari, Nino Manfredi, Fedele Confalonieri, Enzo Biagi, Gianfranco Fini, Giordano Bruno Guerri, Adriana Asti, Don Baget Bozzo, Antonio Ricci, Remo Girone e molti altri, hanno frequentato e frequentano tutt’ora il ristorante. 

Dal 1996 il ristorante e’ gestito direttamente della figlia di Agostino, Angela e dal nipote Enrico che con la stessa determinazione e con lo stesso amore continuano quella che ormai si può definire una tradizione di famiglia. 

Dopo cento anni di storia giunti alla quarta generazione i Cacciatori sono sempre nel cuore di Oneglia, fedeli interpreti di una passione forte che si è saputa rinnovare ma senza mai perdere di vista il legame con la propria città, con le proprie origini. 


Il locale propone cucina di forte tradizione ligure come l’imbrogliata di carciofi ,il tortino di trombette, la frittata di bianchetti, la zuppa di fagioli di Conio, il pescato del golfo di Oneglia,gli spaghettini alle triglie di scoglio, lo stoccafisso all’Onegliese e nel periodo invernale la selvaggina .

Una delle due cantinette a vista

Angolo salotto

Quando si pagava il Lire e centesimi

La moderna cucina a vista

La sala interna, con vista sulla cucina

Non poteva mancare una Berkel

E le vecchie foto dei VIP che frequentarono il locale...

La sardenaira è appena stata sfornata



Crocchetta di baccalà su salsa di peperoni arrostiti

Frittino di acquadelle, spunciacurente e bastoncini di verdure...

Zuppetta di riso e cereali con moscardini


Spaghetti alla colatura di alici, briciole di pane tostato e limone

Un grande pagello in crosta di sale al Gin


Cottura precisa... giusta giusta...

Dessert al cioccolato

Che fai, gliela lasci?

Piazza Dante, Oneglia. Dove la storia iniziò 108 anni fa...



gdf

sabato 2 novembre 2013

In viaggio con lo sbirro


del Guardiano del faro

Quanti ne aveva raccolti lungo l’autostrada. Dentro e fuori dai tunnel, sopra o sotto i viadotti. L’autostrada è un mondo che raccoglie milioni di mondi in viaggio, milioni di microcosmi in movimento. Ognuno dentro la propria scatoletta di lamiera, plastica e vetro. Tutti materiali in grado di sfidare la legge dell’impenetrabilità dei corpi.

Lamiere, vetro e plastica, sono ben in grado di vincere l’impenetrabilità dei corpi umani, trafiggendoli, sfregiandoli o uccidendoli, mentre si spostano su un nastro d’asfalto, steso sotto di loro, già nero di suo. Chissà perché deve essere nero l’asfalto. Ve lo siete mai chiesto? Potevano anche farlo blu o verde. Perché è nero il nastro d’asfalto?

Le scatole di lamiera, vetro e plastica possono anche essere rivestite internamente di tenera pelle o morbido velluto, e costare dai 10 mila al milione di euro, ma sempre di una scatola su quattro ruote con delle persone vive dentro si tratta per lo sbirro.

Se vai via liscio, anche se un po’ troppo forte, lui ti lascia andare, perché gli levi un problema, quello di fermarti e dunque ripetere per la millesima volta la medesima procedura, senza concludere poi nulla.

La leggenda che gli sbirri vadano piano e in coppia, come due… e sulla corsia di destra per fregarti, non è assolutamente vera. Se però fai mosse strane, allora si che ti vengono a prendere, ma solo per la tua sicurezza.

Più interessati a quelli fermi che a quelli in movimento, perché se ti fermi in autostrada, e la sosta non la fai in autogrill, vuol dire che qualche cosa ti è andato storto, e quindi lo sbirro ti viene in soccorso, con la sua auto blu puffo su nastro nero.


Diverso ma non troppo è quando lo sbirro sta fuori dalla sua scatola blu puffo e aspetta che passi, o che arrivi. La percezione della velocità da fermo o in movimento è diversa, e anche il rumore del motore che avverti è per forza diverso. Sembra di più

Quella Porsche Turbo 4 si avvertiva all’orecchio già da prima che uscisse dall’ultimo tunnel prima di raggiungere la frontiera. Per lo meno un chilometro prima. Allora lo sbirro preparò la paletta, come si preparerebbe un bravo tennista a rispondere al servizio di Federer. Non dico fermarla, ma almeno rallentarla, quell'auto in arrivo a 250 chilometri lanciati.

Ma alla frontiera ti devi fermare per forza, che ci sia ancora o no non c’entra; quel che c’entra è la barriera dei caselli autostradali, anche loro costruiti apposta per sfidare l’impenetrabilità dei corpi.

Quando la Porsche Turbo 4 uscì dal tunnel lo sbirro si buttò in mezzo ed estrasse la paletta, fermando quella macchina con i freni a fuoco. Brucianti. Dal volante, con sorpresa, non uscì un attempato milanese in fermento per passare una bella serata al Casinò di Montecarlo.

C’era una modella piangente al volante. Documenti prego! Si, ma. Ma la modella piangente non la smetteva di piangere, e andava troppo forte, e cosa ancora più grave, era anche pochissimo vestita: solo da un abitino retato come si sarebbe portato appresso un pescatore per uno strascico.

Sotto, nulla, forse perché uscita di fretta, in preda ad un momento di panico o sconforto. Lo sbirro dal fisico possente in questi casi è fondamentale per gestire la situazione, già angosciosa di suo, eh! e che quindi non prenda pieghe ancor più drammatiche.

Il documento suo la dichiarava danese, e come dubitarne. Il marito, invece, architetto milanese: i documenti dell’auto parlavano altrettanto in maniera chiara. Ma, una volta scesa dalla macchina, quel metro e ottanta da paginone centrale con rete traforata larga, continuava a piangere maledicendo il marito, sorpreso a mettere in discussione l’impenetrabilità dei corpi con la segretaria, mentre lei arrivava in ufficio da lui con un regalino per il loro mesiversario.

Allora il compassionevole sbirro le parlò chiaro: No, non puoi andare a casa in queste condizioni. Non sei in grado di guidare, E poi fino a dove? Fino a Montecarlo dichiarò in un fiume di lacrime la modella danese. In uno di quei grattacieli dalle parti del Grimaldi Forum.

Lo sbirro buttò un occhio in giro, poi disse ai colleghi: tenetemela d’occhio un momento, vado a cambiarmi e poi la accompagno a casa, questa, cazzo! lo vedete tutti che questa non è in grado di guidare in questo stato! Tornò in un lampo, sfidando tutti gli autovelox disposti sul suo tragitto e si ripresentò in borghese, per portare in salvo e all’estero la povera disgraziata modella danese tradita dall’architetto milanese, che sbadatamente si dimenticò due dettagli fondamentali, e cioè lasciare sia la porta aperta del suo ufficio mentre verificava le virtù della sua segretaria, che le chiavi della Porsche sul bordo della scrivania, così preso a sfidare la legge dell’impenetrabilità dei corpi.

Lo sbirro prese in mano le chiavi e, piano piano, accompagnò a casa la ragazza piangente, che lo pregò, prima di tutto di parcheggiare la Porsche dentro il garage sotterraneo, e poi di accompagnarla di sopra all’appartamento impeccabilmente arredato dall’architetto milanese.

Lo sbirro si trovò immediatamente a suo agio in quell’ambiente. Il divano, nel dettaglio, si rivelò particolarmente adeguato per verificare quante possibilità vendicative ci fossero per dimostrare l’inefficacia della legge sull’impenetrabilità dei corpi. Leggi esatte ne esistono poche, e possono sempre e comunque venir messe in discussione, ma solo fino a quando, 36 ore dopo, il citofono si mise a suonare come un'auto blu.

gdf 12 minuti




“Ho visto una ragazza in un vicolo a senso unico muoversi furtivamente giù per una via contromano, per tutto il mondo proprio come un torero urbano, aveva le ruote ai piedi, le auto facevano le loro danze abituali, solito vecchio percorso e lo strisciare lungo il bordo del marciapiede..."  Skateaway. 


venerdì 1 novembre 2013

Marascia



Marco 50&50


Le prime note positive arrivano da Tom Waits :





Prima della ricompensa a Lecco il fiume miscelerà le sue acque nei laghi di Olginate e Garlate. La località è Lavello nel comune di Calolziocorte, sulla sponda dell'Adda, ci sarebbe anche un percorso ciclopedonale, una sorta di anello verde smeraldo, adesso le piante hanno colori più autunnali.
L'anello potrebbe servire a smaltire le calorie in eccesso, mentre solitamente un anello fa l'effetto contrario, sarà colpa delle pantofole. Comunque l'intenzione stavolta è quella di una cenetta tranquilla all'Osteria Marascia, quindi niente corsette.

Si pensava di riprovare il loro piatto unico con una buona bottiglia, o meglio, il contenuto solido del piatto e quello liquido della bottiglia. Siamo in un ex cascina di contadini, ristrutturata con gusto, ad un passo dal fiume Adda, in realtà sono i locali dell'antica foresteria dei Padri del Monastero dei Servi di Maria.


Goffredo da Bussero alla fine del secolo XIII, ci attesta al Lavello la presenza di una chiesa di Santa Maria.....Il 25 aprile 1480, l’eremita Jacopino, nell’atto di riparare la chiesa diroccata riportò alla luce un’antica tomba e sotto il cadavere che vi era contenuto prese a zampillare acqua da una fonte..... un segno della Provvidenza...il giorno dopo un bimbo di sette anni infermo e paralizzato dopo esserne stato bagnato avrebbe preso a camminare normalmente.....seguirono altri miracoli registrati in seguito dalle cronache.


Marascia è, come l'ambiente circostante, un luogo di grande fascino, se il tempo lo permette è possibile cenare all'aperto ma posso dire di essere stato bene anche all'interno in piena estate, ben protetto dai muri antichi e rinfrescato da qualche bollicina.

"L'Osteria è amore per la tradizione della cucina semplice, tipica e casereccia tramandata da cinque generazioni dal "Marascia", soprannome attribuito a Francesco I Valsecchi che già negli anni trenta esercitava il mestiere dell'oste" 

Accoglienza nella norma, temperatura del locale ottimale, comode sedute in pelle martellata di Franzoni. Cestino del pane non entusiasmante con l'attenuante della Domenica sera. Oltre a qualche piatto di carne o di pesce di mare, nel menù troviamo sia negli antipasti che nei primi e nei secondi proposte di territorio : lavarello, missoltini e, come nella bergamasca, "casonsei",  il comune infatti, fino al 1992 faceva parte della provincia di Bergamo.

Ordiniamo due porzioni di filettini di persico dorati su risotto alla parmigiana, nell'attesa una porzione più che sufficiente (per quantità e qualità) di salumi da condividere. Crudo, coppa, salame, pancetta e Cecina de Leon sono accompagnati da olive taggiasche denocciolate, cipolline in agrodolce,  giardiniera sott'olio e polenta nera. Un risotto di grande tradizione territoriale viene impreziosito da una risorsa locale, il persico; sapienza tramandata e materie prime a miglia  lacustri zero e a euro sedici per essere precisi.

Il Franciacorta Gran Cuvèe Brut Saten DOCG Bellavista è prodotto in quantità limitata, ma sufficiente a soddisfarmi, da uve Chardonnay di una sola annata, provenienti da vigneti esposti a Sud. Le persone che ci fanno compagnia, quando non eccedono in dolcezza, risultano essere  morbide e piacevoli. Anche nelle preparazioni dolci non amo l'eccesso di zuccheri, i dolci siciliani meritano un discorso a parte, godendo come la regione di autonomia. Questo Saten, rispetto ad uno spumante base, contiene meno zuccheri e fa una bella compagnia.

Sembra sia una Cuvèe di prestigio, forse perchè come il gioco scompare, quando ho terminato la bottiglia ho chiesto se il coniglio fosse compreso o meno nel prezzo, una gentile cameriera con la coda di volpe (forse frutto di un mio desiderio inconscio) mi ha detto che avrei dovuto presentarmi col cilindro, e che per la colomba ero comunque troppo in anticipo. Dovrò trovare un modo per spiegare alla mia quota rosa che è la volpe nella coda che ha meritato la mancia e non la graziosa ventenne che aveva raccolto i suoi capelli. Bella serata e un buon Q/P.

È una notte buia e silenziosa, si percepisce il fiume, nessun rumore, una favola, si intravedono anche delle lucciole. Passando vicino al fuoco una voce baritonale mi propone un giochino, un extra Q/P. Pur apprezzando Mario Biondi preferirei una bella mora ad una falsa bionda così, se sul P. non metto lingua, per quanto riguarda il Q. declino l'invito. Avevo fatto il bravo, peccato, la notte da buia e silenziosa si preannuncia buia e tempestosa, ma dai "quota", sto a scherzà.
Marco 50&50