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Con una punta di
fame, con una punta d’appetito, con quella sensazione di non completamente
appagato, con quella voglia di mangiare ancora qualche cosa, con quell’idea di
rimanere per qualche istante di più a tavola, oppure di ritornarci la sera
stessa. Ecco quest’ultima sensazione è forse tra le più intense tra quelle che uno chef
possa cercare di far trasparire sul fondo di un suo menù completo, ma che nella testa e nello
stomaco del cliente gourmet non lo è stato : completo e pienamente
soddisfacente
Quando iniziai ad
interessarmi di alta cucina il mio referente alla Michelin mi trasmise proprio
questo parametro di giudizio. Per lui una grande cucina meritevole di stella
doveva trasmetterti, insieme ad altre emozioni, anche quella di non sazietà
Gli stessi Gault
& Millau quando codificarono da Bocuse il decalogo della Nouvelle Cuisine
francese, lo fecero proprio in funzione di quella sensazione di incompiuta
leggerezza (licenza poetica), e così, dopo aver pranzato divinamente dal vecchio Paul, ci
ritornarono la sera stessa, solo per quei famosi fagiolini verdi appena
scottati e conditi, se non ricordo male, con una leggiadra vinaigrette di olio di
nocciole e aceto di lamponi.
Chiaro, con 25/26
anni e pesando meno di sessanta chili mi riusciva abbastanza facile uscire dai
ristoranti con una punta di fame, anche perché la scuola Marchesiana era già
stata velocemente assorbita dai molti emuli che riducevano la porzione di pasta
o di riso ampiamente entro i 50
grammi di prodotto. Quantità che secondo me è ancor oggi adeguata
ad un menù gourmet italiano.
E forse anche perché
in un epoca in cui il denaro girava come la pallina di un flipper, era più
facile sommare parecchie frequentazioni in breve tempo, e senza ingrassare.
Bello no?
Oggi invece, in piena
crisi economica e di età, con un metabolismo che viaggia alla metà di quei
giri, e con il denaro che gira a regime ancor più basso, diventa invece più
difficile ritrovare quelle sensazioni.
Quando c’è crisi, si
sa, le persone tendono ad appagarsi diversamente, quindi non riuscendo ad arrotondare
il conto corrente quando si siedono a tavola pretendono di rialzarsi pienamente
soddisfatti, almeno a tavola Un giorno pensi che ti manchino i soldi per
arrotondare la giornata fino al raggiungimento della pensione e un giorno pensi
che sia il giro vita ad essersi troppo arrotondato.
Ci ho ripensato dopo
essere uscito poche settimane fa dal Mirazur di Mauro Colagreco, ritrovandomi
piacevolmente per un attimo in quella condizione non dimenticata. Con chi mi ha
dato riscontro via mail o per telefono mi sono confrontato proprio su questo
tema, il tema dei molti (italiani) che continuano a non gradire quella cucina,
che in Francia è considerata tra le migliori in assoluto, mentre dalla parte di
qua della frontiera assolutamente no.
Cosa c’è che non va
in questi piatti? Cosa manca? A guardar bene e rivedendo le immagini non manca sostanza ma una cosa sostanziale per un italiano medio o alto
di cultura gastronomica : manca l’apporto importante del carboidrato, quello
che placa la fame, anche più dei cereali o del pane stesso. Ci fossero pure
patate, ma per l’italiano non basta. Ci vuole la pasta.
Potrebbe anche essere
un aspetto psicologico più che di viscere, perché non c’è niente da fare, per
un italiano medio, un menù senza una pasta o un risotto è incompleto, quanto lo
può essere per un argentino un pasto senza carne.
Allora mi sono andato
a cercare le recensioni più o meno recenti di blogger italiani sulla cucina di
Mauro, così, per cercare di capire se, come dicono i maligni, dopo un menù così
ti devi per forza fermare all’autogrill per un Camogli a Bordighera.
Il materiale non
manca. Tutti quelli che ci dovevano passare ci sono passati duranti gli ultimi
anni, ed il giudizio medio è piuttosto alto, non elevatissimo come per i
francesi, ma comunque alto, ed in controtendenza con quanto poi si ascolta in
conversazioni private.
Insomma, fa figo in
Italia dire che questa cucina è ottima anche in tempo di crisi di denaro ma
dilatati di giro vita; poi in confidenza si confessa che senza quell’autogrill
di Bordighera, si tornerebbe a casa con quella punta di appetito oggi non più
condivisibile.
Stasera, dopo un
pranzo che mi lasci una punta d’appetito, bollirò per pochi minuti dodici fagiolini verdi, proprio appena scottati
in abbondante acqua salata e poi conditi
solo con una vinaigrette di aceto di lamponi e olio di nocciole… Che
meraviglia! Che leggerezza. Che bella sensazione ritrovare quella punta d'appetito.
gdf