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venerdì 14 marzo 2014

Con una punta d'appetito

gdf

Con una punta di fame, con una punta d’appetito, con quella sensazione di non completamente appagato, con quella voglia di mangiare ancora qualche cosa, con quell’idea di rimanere per qualche istante di più a tavola, oppure di ritornarci la sera stessa. Ecco quest’ultima sensazione è forse tra le più intense tra quelle che uno chef possa cercare di far trasparire sul fondo di un suo menù completo, ma che nella testa e nello stomaco del cliente gourmet non lo è stato : completo e pienamente soddisfacente

Quando iniziai ad interessarmi di alta cucina il mio referente alla Michelin mi trasmise proprio questo parametro di giudizio. Per lui una grande cucina meritevole di stella doveva trasmetterti, insieme ad altre emozioni, anche quella di non sazietà

Gli stessi Gault & Millau quando codificarono da Bocuse il decalogo della Nouvelle Cuisine francese, lo fecero proprio in funzione di quella sensazione di incompiuta leggerezza (licenza poetica), e così, dopo aver pranzato divinamente dal vecchio Paul, ci ritornarono la sera stessa, solo per quei famosi fagiolini verdi appena scottati e conditi, se non ricordo male, con una leggiadra vinaigrette di olio di nocciole e aceto di lamponi.

Chiaro, con 25/26 anni e pesando meno di sessanta chili mi riusciva abbastanza facile uscire dai ristoranti con una punta di fame, anche perché la scuola Marchesiana era già stata velocemente assorbita dai molti emuli che riducevano la porzione di pasta o di riso ampiamente entro i 50 grammi di prodotto. Quantità che secondo me è ancor oggi adeguata ad un menù gourmet italiano.

E forse anche perché in un epoca in cui il denaro girava come la pallina di un flipper, era più facile sommare parecchie frequentazioni in breve tempo, e senza ingrassare. Bello no?

Oggi invece, in piena crisi economica e di età, con un metabolismo che viaggia alla metà di quei giri, e con il denaro che gira a regime ancor più basso, diventa invece più difficile ritrovare quelle sensazioni.

Quando c’è crisi, si sa, le persone tendono ad appagarsi diversamente, quindi non riuscendo ad arrotondare il conto corrente quando si siedono a tavola pretendono di rialzarsi pienamente soddisfatti, almeno a tavola Un giorno pensi che ti manchino i soldi per arrotondare la giornata fino al raggiungimento della pensione e un giorno pensi che sia il giro vita ad essersi troppo arrotondato.

Ci ho ripensato dopo essere uscito poche settimane fa dal Mirazur di Mauro Colagreco, ritrovandomi piacevolmente per un attimo in quella condizione non dimenticata. Con chi mi ha dato riscontro via mail o per telefono mi sono confrontato proprio su questo tema, il tema dei molti (italiani) che continuano a non gradire quella cucina, che in Francia è considerata tra le migliori in assoluto, mentre dalla parte di qua della frontiera assolutamente no.

Cosa c’è che non va in questi piatti? Cosa manca? A guardar bene e rivedendo le immagini non manca sostanza ma una cosa sostanziale per un italiano medio o alto di cultura gastronomica : manca l’apporto importante del carboidrato, quello che placa la fame, anche più dei cereali o del pane stesso. Ci fossero pure patate, ma per l’italiano non basta. Ci vuole la pasta.

Potrebbe anche essere un aspetto psicologico più che di viscere, perché non c’è niente da fare, per un italiano medio, un menù senza una pasta o un risotto è incompleto, quanto lo può essere per un argentino un pasto senza carne. 

Allora mi sono andato a cercare le recensioni più o meno recenti di blogger italiani sulla cucina di Mauro, così, per cercare di capire se, come dicono i maligni, dopo un menù così ti devi per forza fermare all’autogrill per un Camogli a Bordighera.

Il materiale non manca. Tutti quelli che ci dovevano passare ci sono passati duranti gli ultimi anni, ed il giudizio medio è piuttosto alto, non elevatissimo come per i francesi, ma comunque alto, ed in controtendenza con quanto poi si ascolta in conversazioni private.

Insomma, fa figo in Italia dire che questa cucina è ottima anche in tempo di crisi di denaro ma dilatati di giro vita; poi in confidenza si confessa che senza quell’autogrill di Bordighera, si tornerebbe a casa con quella punta di appetito oggi non più condivisibile.

Stasera, dopo un pranzo che mi lasci una punta d’appetito, bollirò per pochi minuti dodici fagiolini verdi, proprio appena scottati in  abbondante acqua salata e poi conditi solo con una vinaigrette di aceto di lamponi e olio di nocciole… Che meraviglia! Che leggerezza. Che bella sensazione ritrovare quella punta d'appetito.


 gdf