giovedì 5 aprile 2018

Il grano di pepe



- di Michela Brivio -

CIAK SI CUCINA. Rieccomi al nostro bar…  ne sentivo la mancanza.
Mi accomodo e in attesa che qualcuno mi faccia compagnia, magari con un bel bicchiere, vi racconto il mio sabato pre pasquale, un regalo di piacere, dei sensi/gola e dell’incontro, o meglio l’inverso.
Nasce tutto da una chiamata con Rino Duca e da uno scambio di numeri tra amici comuni, ed è magia sin da subito perché si parla la stessa lingua, si condividono le stesse passioni, e si vuole realizzare qualcosa di bello insieme.

Dà lì al conoscerci personalmente passa un po’ di tempo ma è comunque tempo di frequentazione diversa, tramite social e wa, che non fa che accrescere il mio desiderio di realizzare da lui e con lui quello che ho in mente, ma soprattutto incontrarlo e viaggiare nel suo set cinegastronomico.
L’occasione di passare la Pasqua proprio a Ravarino, i casi della vita ... mi regala lo spettacolo. Ora d’inizio: pranzo. Luogo: Il Grano di Pepe.


Mi aspettavo una visione tutta in privato, vista la pre festività, ma ci sono altre due coppie che hanno come me pensato di coccolarsi in momenti giusti e tranquilli, con le quali ovviamente poi si creano attimi di condivisione e scambi di battute, non previste da un copione mai fermo ma in continua evoluzione.

Ma non vedevo l’ora della fine della proiezione, per avere l’attore tutto per me. E come sempre è un turbinio di emozioni, nell’entrare nel suo intimo, ascoltare la sua storia, sensazioni, stimoli, ricordi, incontri, ispirazioni ….. e quindi conoscerci per capire che è la persona che immaginavo e anzi di più.
E’ il tempo che scorre e il dovere, sollecitato dai ragazzi in cucina, ad interrompere il tutto. Anch’io però ho un’altra persona e il suo aceto balsamico tradizionale ad aspettarmi. Quindi torniamo sulla terraferma e ci separiamo, felici che le nostre strade si siano finalmente incontrate e con una nostra data riempire di contenuti. 29 settembre. Saprete.


“Da ragazzo volevo fare il regista” e questo sogno si è comunque realizzato in cucina, perché la sua cucina è racconto, un racconto che unisce diversi fili di connessione per costruire ogni pellicola/piatto.

Ed è lui stesso ad interpretare il tutto, prima in cucina e poi in sala, con un’opera bella da vedere, buona da mangiare e meravigliosa da godersi ascoltandolo.

Essere soli al tavolo ti permette di percepire ogni sfumatura, senza distrazioni ….. non è vero. Si è distratti dall’ “amico” cellulare, perché vuoi condividere immediatamente quel qualcosa di bello che ti sta capitando, e dalla curiosità di sedersi per un momento con gli altri, perché leggi le sensazioni dai loro volti, senti i loro commenti e gli scambi che hanno con il cuoco.

Rino racconta ogni singolo piatto, ma non è una descrizione puramente tecnica e di ingredienti, cosa che fanno benissimo anche gli aiuti in cucina, ma è una vera e propria storia, che parte dall’ispirazione per arrivare alla realizzazione del piatto con il suo tocco interpretativo molto carico di personalità.

E’ talmente coinvolgente che vorresti assaggiare anche ogni piatto non previsto nel tuo percorso di degustazione mentre lo descrive ai tavoli, e sei semplicemente felice quando invece lo ascolti raccontare e poi arriva anche a te.

Lo stesso vale per glia altri presenti, che ascoltano, rapiti dalla sua passione, e desiderano lo stesso.
Atmosfera magica!

E anche se la storia l’hai già sentita riascoltarla aggiunge dettagli e diventa tua e solo tua, perché poi si carica di domande e curiosità che gli danno spunti da aggiungere al copione.
Una cucina che ti entra nel cuore. Succede semplicemente questo.

C’è ovviamente tanta Sicilia, per le sue origini (“Enna per nascita e Palermo per scelta”) e per un senso di pace ritrovata con la stessa, e poi c’è il suo attuale territorio. Su queste solide basi c’è poi il capitolo dell’evoluzione, frutto di esperienze e viaggi, tra cui l’ultimo in una Scozia che ha fatto breccia nel suo cuore e rivoluzionato un po’ il menù con una serie di suggestioni tematiche, a tavola e nei bicchieri.
Ma veniamo al concreto, perché sto solo raccontando come lui ma senza un piatto davanti.
E partiamo proprio da qui, da questo suo ultimo incontro fulminante e che lo ha fatto innamorare, ispirandolo.

Immaginiamoci proprio lì, al mare e in uno dei giorni freddi e piovosi tipici del luogo, con un forte bisogno di un piatto fumante per riscaldarci, il Cullen Skink. Una zuppa succulenta e sostanziosa che ritroviamo proposta dal cuoco abbinando i tre elementi fondamentali della ricetta tradizionale: l’affumicato, la parte “materna”, come la chiama lui a base di panna e latte, e il pesce.
L’originale prevede l’uso dello smoked haddock, un pesce dei mari del nord introvabile in Italia, sostituito quindi dal merluzzo, cotto a bassa temperatura e adagiato su una delicatissimo fondo cremoso di porro, pane e patate.

Ed è davvero avvolgente, una coccola che ti abbraccia. E a completare il piacere ecco un altro ingrediente, che non si mangia ma si beve, ovviamente rimanendo al km 0 d’ispirazione, un distillato, non uno qualunque: Scotch Whisky Bowmore.




Cullen Skink & Scotch Whisky Bowmore
  
E poi arriva un estratto del copione al tavolo.




E subito dopo il piatto … o meglio lattina.
Aperta, versata sul piatto.


Mac & Cheese

E ti trovi sola con lei, che ti inebria con la sua carica di profumi creando un desiderio da soddisfare senza troppi pensieri.

Appagata, divertita, e coinvolta ora puoi ascoltare come e perché è nato questo piatto.
Sempre dal suo viaggio. “Uno dei posti che ti permette di conoscere al meglio dove sei è frequentare i loro posti. Tra questi il supermercato. Ho trovato un’intero scaffale dedicato alla pasta in scatola, alla scozzese. Un gioco irriverente, considerando anche che per loro è un contorno.” Da qui l’ispirazione, per riportare al doveroso posto uno dei nostri simboli gastronomici, sempre giocando, ma in modo intelligente. La pasta viene cotta molto al dente, “inscatolata”, e finita al forno, per poi arrivare al tavolo perfetta. Modernità ma anche profonda tradizione italiana nella proposta di una cacio e pepe.
Applauso.

Ora però dedichiamoci alla sua Sicilia.
Punta dritta dritta al cuore, senza deviazioni, sin dall’inizio.
Sfincione e Pane e panelle, due uomini che non rimangono soli ma sono proposti con una donna al loro fianco. Al carattere forte, deciso e sicuro di sé si affianca qualcosa di delicato, da scoprire, misterioso, anche un po’ timido, ma che una volta svelato/raccontato esplode con un carattere e personalità che non può che conquistarti e farti innamorare.

 Sfincione e sfoglia di rapa con yogurt e shiso


Pane e panelle e salsa di arachidi con sorbetto al campari

La degustazione non avrà mai note piatte o costanti. E’ una giostra dei sensi, di ingredienti, consistenze e sapori che non si ripetono mai. E’ puro desiderio nell’attesa del prossimo piatto, che non è mai prevedibile, e proprio per questo tu stessa giochi con questo desiderio, perché ora vorresti la tradizione, ora la creatività, ora il locale, ora il viaggio, ora l’orto.

Già, proprio questo. Il suo però. 200mq  di terra a cui si dedica con tanto amore.
E pure questa non è moda ma profonda convinzione per un progetto che cammina con lui e il suo lavoro.

E’ l’esperienza da Enrico Crippa ad accendere questa fiamma che ora lo avvolge e che lo ha profondamente cambiato.

“La natura ti ridimensiona. Il nascere della vita dà un nuovo ritmo alla tua, perché è la natura a dettare i tempi e tu non puoi fare altro che attenderla, ascoltarla, capirla.”
Una presa di coscienza che si riflette nel suo lavoro e che in molti dovrebbero sperimentare, invece che preoccuparsi a rincorrere la mondanità e l’apparenza attuale.

E’ doveroso rallentare per recuperare una professione che si sta snaturando, ma che fortunatamente continua a vivere grazie a persone vere e di sostanza.



Seppia, piselli e patata viola.

Altro grande elogio nell’utilizzo di pochi ingredienti, tutti valorizzati al meglio singolarmente e nel matrimonio d’amore che li unisce.





Zuppa di pesce tra Palermo e Marsiglia

E ora torniamo in Sicilia. Ad un ricordo. “Da bambino a Palermo guardavo spesso le navi in partenza per Marsiglia. Poi da giovane ho avuto l’occasione di andarci personalmente e assaggiare la Bouillabaisse, una zuppa di pesce stufata servita con una salsa di accompagnamento con lo zafferano”.

Da qui l’ispirazione, da qui l’interpretazione e contestualizzazione. Il piatto arriva in tavola strutturato a strati con pane, formaggio Piacentinu (non devo dirvi che ha all’interno lo zafferano vero? Se frequentate questo bar lo sapete ne sono sicura), e ovviamente il pescato. Viene poi versato un brodo di pesce che di rosso non ha solo il colore, perché è un’esplosione d’intensità e succulenza. Ovviamente da scarpetta. Anche questa firmata con le sue mani, con i suoi lievitati che hanno vita breve a tavola, perché peccaminosi … è una delle mie debolezze a cui non so resistere, ovviamente se fatti in un certo modo. E qui è nel modo che mi attrae.



Pane, grissini e pizza al formaggio.

E ora tuffiamoci nel colore e folclore dei mercati di Ballarò e Vucciria e lasciamoci inebriare dal profumo di griglia delle bistecche alla palermitana. Lo stesso aroma sprigionato dalla panure di olio, pane e origano lo ritroviamo nella sua versione di mare. Un tonno strepitoso, che nella sua semplicità sprigiona tutta la qualità della materia prima e della cottura/non cottura perfetta.
Ovviamente a corredo e completamento altri ingredienti autoctoni, come il cappero e l’insalatina di finocchi e arance.

Fantastico anche l’impatto coreografico nel piatto. Un regista davvero attento anche al dettaglio.
Il sale lascia il segno e “macchia”.


Tonno alla palermitana & Ribolla Anfora - Gravner

Manca ancora un piatto per chiudere la mia degustazione. E qui è ancora un tripudio alla materia prima, con un’impiattamento e presentazione molto contemporanea.


Crudo di gambero rosso di Mazara del Vallo con gocce del suo estratto, salsa al pistacchio, rapa e finocchietto.

Passiamo al dolce?
Prima che ne dite di una Weiss?
Altro bel gioco che è e ci dev’essere a tavola, perché crea davvero stupore e divertimento, fondamentale nell’esperienza a tavola.

Un fresco stacco pre dessert, non alcolico. Ma se non è birra cos’è?
Un’insalatina di agrumi: succo di arance (indovinate da dove arrivano?), condito con olio, sale e pepe e sopra la spuma di limone.



Insalatina di agrumi.

Casa dolce casa. Dopo viaggi, incontri, ispirazioni e rivisitazioni alla fine si ha sempre bisogno di tornare.


Cannolo e sorbetto al pistacchio.

What else?

Un’ultima cosa. Vini. Gran bella selezione, in linea con il suo credo, la sua cucina, e la sua selezione di produttori giusti. Come vi ho già detto completa la proposta una carta dei distillati altrettanto lodevole.
E’ amore!
E ora chi mi offre da bere?





Si consiglia la prenotazione – Chiuso il lunedì

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