giovedì 19 gennaio 2017

Prove di Rossese Day per Delio


-gdf-


Non commemorativo. Neppure musealizzabile. Esiti superabili.

Non sapendo fare il vino ne' sviscerarlo tecnicamente lo annuso, trattengo il fiato, poi lo bevo e sedimento cerebralmente il residuo secco.

Lo faccio anche il giorno dopo, attraverso il retrogusto della mattina, se persiste un motivo e se ne vale la pena, andando oltre il bicchiere.

Il bicchiere resta, mentre il suo contenuto è sì effimero, ma non lo è più se esiste anche il giorno dopo. I significati nascosti dietro ad un'etichetta possono andare ben oltre il valore del liquido. Il senso di un vino va ben oltre la sua qualità organolettica. Per me.


Ho speso volentieri i 23.70 euro richiesti in enoteca in cambio di questa bottiglia di vino, in realtà barattata con un' indolore strisciata di carta di credito. Avrei potuto salire da Giovanna e attingere, gentilmente.

Invece no. Quando ho letto da dietro il vetro Curli sono dapprima rimbalzato e poi entrato. Entrato e comprato. Così dando un valore certo ad un'idea e ad un progetto.


Emotivo, succube del Mito del vigneto Curli ho subito stappato. E tutto quanto bevuto. Gradazione bassa, emozione alta. Colore tenue, sentori disciplinati: mora selvatica, rosa appassita, lampone fresco, eucalipto rinfrescante. Elisir per la mia sinusite.

Erano 6/8 euro una dozzina di anni fa. Nessun senso per un vino -il Rossese di Dolceacqua in genere- che parla il linguaggio di un territorio duro e di un clima dolce declinato lungo un paio di vallate che si allungano e si allargano. C'è un poco di pepe a ricordare di chi è il vino. Tacco alto, anche in vigna. Gonna corta, persistenza prolungata in mente.


Non serve andare oltre per spiegare il Vigneto Curli, quello mille volte replicato nella fantasia del bevitore dopo le storiche affermazioni di Veronelli; quelle che ho più volte recuperato e replicato sul web, ritrovando finalmente un valore aggiunto degno della qualità di una denominazione così nobile quanto -per due decenni- sottovalutata.

Gira, gira il vino nel bicchiere, come usavo e osavo dire a suo tempo sul Forum del Gambero Rosso, quando di questi vini se parlava tra quattro gatti, 2 liguri e 2 romani. Borgogna e Rossese. Gira e rigira il vino nel bicchiere, ma non per cercare altri descrittivi improbabili, quanto per trovare un buon motivo per ricordare degnamente Delio Viale, che -anche lui- molto ha fatto per questo vino e per la gastronomia di questo territorio.

Un tramite, un tramite quest'ultimo bicchiere di vino che se ne va via in un fruscio di seta, senza far rumore o clamore.

Allora? Lo facciamo un altro Rossese Day? Per noi, per Delio, per il Rossese di Dolceacqua.



Probabilmente è vero.
I premi servono solo a chi li dà e a chi li riceve.
Resto comunque fiero di aver preso quella strada impervia per l'ultima edizione di un premio storico.
L'ultima Ruota d'Oro (non c'è più stata dopo) l'ho voluta -e ottenuta- per lui. Per l'Ambasciatore del Rossese di Dolceacqua e della cucina di questo entroterra.

Due anni fa. 58 di Rossese (non sono tutte qui) per quattro gatti

Delio Viale e Massimo Viglietti, artefici di quella giornata 

gdf

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