venerdì 13 dicembre 2013

La libertà di parola

Marco 50 & 50
Buonasera sono Pinco, vorrei prenotare un tavolo per due, domani, 20.33.
Certo signor Pinco, domani, tavolo per due, ha detto alle venti e trentatre…
Si, da quando è entrata la percentuale nella mia vita mi è venuto il Pallino della precisione.

Veniamo da lì, se guardiamo un po’ oltre le teste dei nostri bisnonni, scorgiamo la tradizione orale che ha dato luce al nostro passato e ci indica il futuro.

Che siano scritte o che volino, le parole, così come l’opzione la voce del silenzio, sono tra le caratteristiche primarie che ci distinguono dal mondo animale, qualunque sia la quantità di sale contenuto nella zucca, chiuso a doppia mandata diventa insipido, una riserva, dovesse capitare un pagellone da infornare è giusto tenerla, ma giusto l’eccedenza per i fortunati possessori di un surplus.

Oltre al gioco dell’oca con l’oca, la femmina alfa e il maschio analfabeta, col maschio alfa con quota d’alta gamma, poche cose sono rimaste inalterate nel tempo, facendo finta di dimenticarci la Livella di Totò, rimangono le chiacchiere intorno al fuoco e al tavolo, assieme alle persone che ci emozionano.



Non ho mai avuto la fortuna di ascoltare le storie dei vecchi al calore di una stalla, né di condividere una polenta sul tagliere fumante in mezzo al tavolo, ma ritrovo il senso di questi racconti in alcuni dialoghi, apparentemente freddi, tra tastiere e nei pranzi e nelle cene dove un tagliere di pizza ha preso il posto di quello della polenta.

Le parole di un amico che rinfresca ricordi un po’ appannati, non possono competere con le storie vere dei briganti sentite da piccino “in collo” al nonno, il senso però è lo stesso, emozioni tramandate e accudite, il piacere di raccontare per sentirsi parte di qualcosa.

Ma è tutto qui ?
No, ma è l’essenza, senza il resto è niente.
Ma sono solo parole.
Appunto, dici niente.

Abbiamo bisogno dei numeri, un po’ meno di darli, a volte di farli, ma potremmo sopravvivere senza, senza le parole, almeno quelle poche che ci frullano in testa, senza i pensieri che vita sarebbe, beh senza pensieri non sarebbe male…

Nessuno pensa ai numeri, se ne pensiamo qualcuno è un evento e ce lo giochiamo, ma è impossibile non pensare a niente, a cosa stai pensando? A niente.

Come vuoi, ma non è così.
Ma dovrei stare attento, potrei essere smentito, infatti si dice quello ha i numeri anche se per dirlo si usano parole e descrittivi.

I pensieri sono parole che alcuni trasformano in musica o in opere ma nascono come parole, dalle parole ai fatti, sono la scintilla per i grandi cambiamenti, l’arte che avanza, sono l’avanguardia silenziosa pronta alla svolta sono il rischio che va preso e il rospo che va ingoiato, sono la vendetta fredda e la gioia a caldo, dentro la stessa risposta a monosillabi sono l’incomprensibile per alcuni e tutto per altri.

Sono consigli inutili per decisioni già prese, poesie eterne o semplici rime che il professore di glottologia avrebbe voluto farmi declamare al microfono a casa sua, ma ho preferito declinare, avrei concesso volentieri l’intervista alla bella signora che ci insegnava la prima declinazione latina e ci concedeva solo qualche sbirciatina, nessuna al Campanini Carboni.

Sono la lingua derisa che è il nuovo sotto la cenere, sono le frasi di ieri che continueremo a dire domani, sono parole nuove che non avranno la loro legittimazione dai linguisti ma saranno autenticate dopo l’uso con un bel timbro, qualunque sia il timbro di voce che le ha pronunciate la prima volta, qualcuno le ripeterà con un altro timbro e vidimate entreranno nel linguaggio comune.

Ma anche parole dall’uso comune e dal significato, almeno per me, totalmente diverso da quello che avevo in testa insieme alle pigne, come, ad esempio, formidabile : spaventoso, tremendo, terribile ma anche straordinario.

Straordinario : non consueto, fuori dal comune, e anche lavoro svolto oltre l’orario e il relativo compenso. Quindi dopo una grande performance potremmo sentirci dire : sei stato spaventoso ecco il compenso per il lavoro svolto oltre l’orario.

Oppure, ma non è da tutti, le parole si possono usare cosi :
“Ora il sonno lo abbandonava più spesso, non una o due bensì quattro, cinque volte la settimana. Che cosa faceva in quei momenti? Non passeggiava a lungo dentro gli arabeschi dell'ALBA. Non aveva un amico tanto intimo da sopportare il tormento di una telefonata. Cosa dirgli? Era una questione di silenzi, non di parole.” (Don De Lillo)

Forse di più immediato delle parole c'è solo l'espressione, come quella di stupore sul mio viso quando ho capito che con le parole, come con gli scampi, bisogna usare le pinze facendo attenzione a non confondere, se non sporadicamente, quelle per le chele con quelle da fabbro.

Mi presento alle 20.32 e quando mi sento dire, tra 60 secondi potrete accomodarvi,  realizzo che qualcosa non sta andando per il verso giusto, vedo il nostro  tavolo apparecchiato per due ma senza sedie e ne ho la certezza.

Mi arrendo, pur sapendo la risposta chiedo spiegazioni, bisogna saper perdere.
“Caro Signor Pinco, Lei aveva chiesto un tavolo per due senza accennare ad alcuna sedia, a volte leggo le sue parole in libertà sul blog e mi sono preso anch’io la mia libertà, così ho colto la parola al balzo”

Marco 50&50

2 commenti:

  1. Notevole, soprattutto ricordarsi della sbirciatina.....Latina al Capucci..no.
    Ma dopo cosa è successo? Avete cenato in piedi? Sconveniente e soprattutto improbabile per cui ti chiedo cortesemente di farmi conoscere il seguito:
    La libertà di parola...IL RITORNO

    Pallock

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    1. Volentieri, se continuerò ad avere libertà di tastiera
      M 50&50

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