martedì 10 settembre 2013

Il rigurgito francese

del Guardiano del Faro

Sembrava una bella giornata,  ma che ad un certo mi si è rivoltata contro, dandomi poche vie di scampo. Mi sentivo stanco. I capelli mi puzzavano d’aglio, ci sarebbe voluto uno shampoo. Era tempo di lasciare alle spalle la Tour e rientrare nella dimora nascosta nella Foresta di Milly, che non è proprietà privata di una ricca signora scozzese volata in Francia per la dolcezza del suo clima, ma una libera isola verde e felice nell’Ile de France, dove poter lasciar volare via  lo stress della Capitale;  la responsabilità.



Crissy ne ha mangiate troppe di crocchette di patate all’aglio qui su al secondo piano della Tour Eiffel. Si chiama Jules Verne il ristorante stellato dove guardare sotto vetro la capitale delle stelle dall’alto in basso. 

Colpa di quel non decoro di Slavik, colmo di nero e trafitto da piccoli faretti alogeni, che ti costringono a concentrarti sul piatto e a mangiare troppe ma irresistibili crocchette all’aglio, insieme a rosee cotolette d’agnello, tentato e combattuto se approfittare o no anche dalle sue tenere gigottine.

La ragazza non se ne lamenta, ma non sta zitta un momento, alimentando il rigurgito. Non si possono aprire le piccole finestrelle del Jules Verne, come nel Nautilus, e anche la vista sulla città grigia sembra un acquario fosco di acque torbide che non consentono di render limpidi i discorsi.

Nell’aria si sente, e allora sarà venuta finalmente l'ora di cambiarla quest' aria, o di digerirla a fatica, anche con un finestrino aperto dell’auto, guidando e pensando a qualche cosa che possa far girare il vento, per sopprimere il comprensibile ma fastidioso rigurgito di frasi agliate, sperando che  nella foresta di Milly queste si disperdano nel verde.

Il rigurgito è diverso da il riflusso, malattia professionale degli Ispettori delle Guide, o dal reflusso, ondata politica di ritorno degli anni di Gaber. Non credo di poter placare il rigurgito, il suo, ma almeno deviarlo o confonderlo si. Il vomito verrebbe subito dopo, non sapendo più gestire un rigurgito, il materiale giornaliero non digerito dallo stomaco che risale verso l'esofago, la faringe, la bocca.

Per cambiare rigurgito ci vorrebbe qualche cosa di ancor più terrestre dell’agnello con crocchette di patate all’aglio del Jules Verne. Oppure provocarmene uno anch’io, e pareggiare i conti, andando verso un colloquio al massacro.

Pescare tra i prodotti nascosti 20.000 leghe sotto i mari a quel punto. No, fuori luogo, troppo delicati quegli alimenti, quegli elementi, quegli argomenti; e io non sono ancora così profondo, non ancora pronto per l'immersione. Invece, in questo luogo, nella foresta di Milly, si potrebbe nascondere l’ago nel pagliaio, o meglio, il chiodo scaccia chiodo.

Il gioco al massacro in una foresta di cinghiali da fare a pezzetti e cuocere piano piano, pressati in terrina, con erbe e tartufo nero. Con quel poco di aglio che mi ricordi l’esito del pranzo, prima che partissero i rigurgiti, con quel poco di aglio che si accorda così bene con i cubetti di tartufo nero pregiato, che si accorda così bene con i cubetti di carne scura del cinghiale.


Mi piace questo rigurgito tartufato. Ci fu un buon gourmet e grande scrittore che ne vantava gli effetti pomeridiani. Proprio al rigurgito del tartufo nero alludeva, tartufo nero pregiato, appena governato da una sfumatura d’aglio e da una carne bianca e giovane, dove appoggiarsi con il calice, bevendo un altro bicchiere di Pommard, e continuare a scrivere, in solitudine.


Quello scrittore poteva star comodamente seduto nel grande padiglione vetrato de La Grande Cascade, al Bois Boulogne dove i Rigatoni Rossini sono sempre stati particolarmente ricchi di farcitura di foie gras e ben ricoperti da bastoncini di tartufo nero del Perigord. Ah si, anche quel giorno, con quei rigatoni fatti maison… che rigurgiti letterari mi risalirono, misti alla tentazione di attraversare la strada per andare ad ingannare la sorte, giocandomela all'ippodromo, sui cavalli di Longchamp, per scavalcare l'ostacolo al loro posto.


Non mi viene proprio in mente chi fosse quello scrittore, datemi una mano a ricordare, ora, qui, dalle parti di Milly la Foret, precisamente a Barbizon, più precisamente in questo vecchio ed ex Relais et Chateaux; a L’Hostellerie du Bas Bréau; qui, dove Robert Louis Stevenson scrisse L’Isola del Tesoro.

Il luogo ispira, e non più consiglia: l’atmosfera mi si impregna addosso; più tardi mi dovrò lavare di nuovo i capelli, unti e grassi come le setole di un cinghiale. Ma prima della doccia tiepida e dopo la terrina gelatinata di cinghiale al tartufo nero ben venga anche una giovane Grouse scozzese chissà come piovutami nel piatto, dalla foresta di Milly.




Una giovane  Grouse glassata, posata su un letto di cereali, con il suo splendido fondo ben tirato , au jus des truffes. Una Grouse, chissà come caduta qui per motivi di caccia, da accompagnare con questo vecchio Volnay 1983 e poi a questo Gevrey 1978, così stimolato e inebriato dai vini e dall'aria fresca e frizzante della Foret da poter già immaginare una dolce conclusione verso un Porto sicuro, un Vintage 1961. 

Il direttore è italiano: Mr. Fava, e quindi in italiano gli domando: Che cosa ci sarà di contorno alla giovane Milly? Ma lui in francese mi risponde: Cher monsieur, avec sa jeune poulette de bruyère écossaise nous servons de champignons sauvages dans la casserole, et croquettes de pommes de terre à l'ail, bien sure. Forse non ci siamo capiti caro Direttore: Avez vous dit Poulette? Pas Milly? Et avec croquettes de pommes de terre à l'ail ??? à l'ail ?

Bien sure...la fin d'une histoire laisse souvent un goût final d'ail en bouche...




Confortatemi e non confondetemi : forse era Alexandre Dumas. Forse fu tra i suoi rigurgiti di tartufo nero che nacque Il Conte di Montecristo. Lui, il Conte, come mi definirono ironicamente alcuni per il mio stile troppo ostentato di un tempo passato, lui e i suoi diversi travestimenti,  spiegati a vela tesa per confondere gli altri e portare a termine il suo progetto.



10 commenti:

  1. Bonjour Le Gardien, a proposito di Volnay...Jean Monnier et Fils 2008 a 29 sacchi...mi butto ? Le Maire

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    1. Jean Monnier è un defilato produttore di Meursault, soprattutto, e anche di Pommard.
      Fa pure questo Volnay Village, e l’annata 2008 è buona, nel classicismo di quei vini, così poco espressivi in gioventù. Il prezzo però è più che accettabile, con l’aria che tira dai produttori più noti di Monnier. Ma si, prendine qualche bottiglia e dimenticala in cantina qualche anno. Quando sarà ben mattonato, con una poularde aux jus des truffes farà il tuo caso. Intanto, se ne trovi, prova i suoi Meursault Village, che non dovrebbe costare più del Volnay

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    2. Grazie mille per la consulenza sempre preziosa Gardien. Buona serata dalla (gia') fresca Dublin ! Le Maire

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  2. Letto ieri, dormito, svegliato con il gusto di tartufo in bocca..... bha...
    Franck

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  3. Non mi devo vergognare, oggi che si cita Milly a ripetizione, vorrei iscrivermi ad un corso di ripetizione, perché non credo si riduca tutto ad un po’ d’aglio indigesto in un pagliaio, certo la pernice potrebbe volutamente o no far pensare ad un superalcolico, e “rientrare nella dimora nascosta nella Foresta di Milly” si presta al doppio senso, c’è di più ma non ci arrivo…nemmeno il decoder di F. o un’Albaiutino potrebbero bastare, la card funziona al 50% perchè il 50% smart che significa anche acuto l’hai usato tutto tu e io mi sento un po’ ottuso.
    M 50&50

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  4. Oh! oggi abbiamo una trifula letteraria parigina. Che bella Parigi vista da lontano.
    Beppe

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  5. La verità vera non necessita di decoder. Immagina, visualizza, anche se non sei mai stato a Parigi. Se parti da dati di fatto ti muovi con più leggerezza. Si, Fabri ci si può avvicinare un po' di più per empatia. Ma la colpa e il merito è di Andrea, che periodicamente mi ricorda di non fare il Conte imborghesito ma lasciare correre le dita sulla tastiera come ho sempre fatto da clochard alcolista, senza correzioni, che non siano quelle dei rovescioni di vocali e consonanti, che durante la sera, con il bicchiere di Pommard, si rincorrono come cacciatori e cinghiali.

    E' bella Parigi vista da lontano. Da dentro ti consuma in fretta e furia.

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  6. …e allora l’ho fatto, mi sono lasciato trasportare, sulla golf del Checcucci che nella tormenta ci guidava con le termoaderenti a “censessanta” verso la nostra prima volta a Parigi, mi rivedo che assaggio la metropoli e il mio primo patè parigino in una rosticceria colma di gioielli.

    Rivedo gioiellerie che si mangiavano con gli occhi, la via della torta oggi fuori moda, le notti al Bain Douches e l’alberghetto in Saint Denis.

    Si rientrava alla stessa ora di un paio di ragazze che avevano una stanza in mansarda.

    Si rideva senza malizia tra coetanei, le ragazze dopo essere state donne di notte con noi all’alba tornavano ragazzine.

    M 50&50

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  7. Ho appena immaginato monsieur Fava che mi chiede se gradisco due piccioni e a questo punto mi si è rotto il dematerializzatore trasportatore. Che faccio desisto?
    Alba

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  8. Si... lasciali volare via e bada alla fava..... :-)

    Franck

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