venerdì 2 marzo 2012

Una generazione di sopravvissuti


- del Guardiano del Faro -

Il cretinetti avrà ventidue anni, massimo ventitre. Attaccato al muro c’è l’attestato che certifica una Sabrina - classe 1970 - quale sommelier professionista e responsabile del bar. Il cretinetti deve essere il figlio, quindi, forse ne ha due o tre di meno. Sabrina ha fatto in fretta, ma non credo così in fretta, vediamo se arriva. Al cretinetti intanto domando un bianco, ma fosse stato pure un  Rosso Conero o un Musigny per lui è chiaro che è uguale. Oltre a farti vedere il vetro e il colore del contenuto non riesce comunque a spingersi avanti neppure con le intenzioni. Un'unica forma di dialogo: c’è questo! Va bene?

No, non va bene perché questa ciofeca di Pigato  si vede da metri di distanza che l’hai aperto non sai neanche tu quando, o la tua mamma per te, chè il polso lo avrai sviluppato per scopi diversi. Gli si legge l’ossidazione da un metro, e al naso non potrà che confermare quanto facilmente intuibile. Ma lo faccio andar giù lo stesso con queste insulse patatine; neanche una fetta di prosciutto sei in grado di affettare, e allora adesso mi fermo e ti affetto io, piano piano. Si vede che alle elementari ti sono sempre venuti a prendere con la macchina, mica ti perdessi per questo villaggio di 800 abitanti. E sicuramente alle medie ti hanno proibito di andarci in bicicletta perché c’è un pezzo di salita, avresti potuto anche sudare cercando di arrivarci in cima. Il motorino alle superiori, con il casco e il giubbotto imbottito, così da non rischiare di vedere rotta quella testa vuota. E chissà quanti tè freddi prima di salire in macchina, se no con quella faccia i Carabinieri ti fermerebbero subito: un Negroni a te ti stenderebbe di schianto.

 E figuriamoci se non ti suonava anche il telefonino, e dover andar fuori dal locale per rispondere a quella spacca maroni che ti ha appena mandato tre sms per vedere se stavi veramente al bar a lavorare o in spiaggia con la tedeschina col culo grosso che sta finendo la focaccia salata con il cappuccino dolce. Lo sai che con tre gettoni telefonici, quelli che avevano lo stesso odore di ossidato di questo Pigato noi ci portavamo in giro tre ragazze diverse? La quindicenne curiosa di capire come andava il mondo e che saltava la scuola il mattino per cominciare a prendergli le misure, la diciassettenne già stanca del matinèe al cinema e che voleva vedere come andava la programmazione del pomeriggio, e la diciannovenne già sdoganata alla discoteca serale. Quel gettone dispari con le tre fessure dispari apriva tante di quelle fessure dispari che nessun telefonino riuscirà mai a fare. Ma lo sai che alle elementari era il vigile che doveva rincorrerci per riportarci a casa? Uno per volta, se no ci trovavano quattro ore dopo senza pranzo ma immersi nel fango del campo di calcio dell’oratorio.

E non appena  le gambe diventavano  lunghe abbastanza da avvicinarsi ad un paio di pedali, a casa ci vedevano la prima volta la mattina alle sette e la seconda la sera alle otto. Il motorino? Il casco? Ma come abbiamo fatto a non romperci mai la testa attraversando mezza Europa senza metterci un casco in testa? Ma eravamo proprio pazzi vero? Spendevamo più di coiffeur che di caschi integrali. No, ma ti rendi conto che neanche il poggiatesta era obbligatorio? Non ti dico le cinture di sicurezza, mai messe fino al primo editto inappellabile, ma neanche il poggiatesta sembrava indispensabile, più che altro una cosa da fighetti, da ostentare, come l’aria condizionata o i vetri elettrici.

Oh, questa è sicuramente Sabrina. Beh! Caspita. Si, me l’aspettavo così una Sabrina, la morettina che lascia il segno. Come mamma avrà molto sofferto, ti guarda come un deficiente, ma ormai è andata così. Oh, ma arriva anche il marito, che è sputato il figlio. Ma Sabrina, ma eri veramente troppo giovane, ma non potevi aspettare che il gettone lo inserisse qualcun altro?



Roberto! Questa sera Roberto ne compie 19. Tu quanti ne hai?
20.
Che fate stasera dopo la cena qui da noi?
Prepariamo qualche panino e poi prendiamo la barca da pesca, qui fuori Cannobio, andiamo a buttare le reti,  qualche persico ci cadrà dentro, e poi tiriamo dritto verso Ascona, c’è un night, di là, dove tirare tardi. Poi, verso le sei torniamo a tirar su le reti. Ci rivediamo qui in albergo per far colazione.






Solo una cosa ragazzi, da mamma, Mi raccomando che questo panino con coppa e maionese non  vi resti sullo stomaco...






- gdf 2012 -

8 commenti:

  1. Straordinario !!!!!

    Ciao

    Vignadelmar

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ciao Luciano, anche tu ti sarai chiesto come mai quelli come me e come te sono ancora al Mondo nonostante tutto.

      Elimina
  2. Incredibile pensare di essere ancora vivi senza avere usato il casco e le cinture di sicurezza :-)))
    B.

    RispondiElimina
  3. bellissimo davvero pulloverino..

    RispondiElimina
  4. spaccato generazionale di fioretto

    RispondiElimina
  5. vado ad accarezzare l'ultimo bronzeo gettone...

    u gianchetto milanao...

    RispondiElimina
  6. 2 stelle michelin anche per questo racconto.:-)
    Roberto

    RispondiElimina
  7. Avendogli anche risparmiato il resto al cretinetti ( copyright Franca Valeri ) Che sarebbe stato di lui se lo avessero caricato di uno zaino da 30 chili e messo a merciare in montagna con un garand alla spalla?
    R.

    RispondiElimina