venerdì 12 febbraio 2016

Mouzon Leroux & Fils Champagne Grande Réserve Extra Brut s.a.



Quando non conosco una maison – ahimè, sono tantissime – mi aggrappo all’etichetta. Raramente, una truce, custodisce un buon nettare; più verosimilmente, quella essenziale, mai pacchiana, riserva belle sorprese. Non è una regola, forse è culo ma, fatte salve le eccezioni, spesso funziona.

Prima ho bevuto, assai bene – è il loro base – appuntando 4 note in croce, poi ho cercato il sito - bello e sintetico, senza orpelli, interessante da sfogliare - che ti suggerisco di sbirciare.
Vignerons de père en fils depuis 1776, questo l’esordio sul web. L’azienda – in conversione biodinamica dal 2008 - ha sede a Verzy, comune Grand Cru, dove coltiva, divisi su 100 parcelle, 8 dei 10 ettari di proprietà – i restanti sono in altri tre villaggi vicini – nei quali figurano, oltre ai vitigni classici, anche ceppi delle vecchie varietà champenoise: Arbanne, Pinot Blanc, Petit Meslier e Pinot Gris.

Questo è 30 Chardonnay e 70 Pinot Noir, vendange 2008 al 65%, 35% vini di riserva degli anni che vanno dal 2005 al 2007, quattro anni sui lieviti, dosaggio a 2,5 gr./lt., dégorgement aprile 2013.

Tanto il naso, quanto il palato, non sono irrobustiti, nè appesantiti dalla bacca nera che, pur essendo maggioritaria, non picchia come un fabbro ferraio, giacchè il suolo di Verzy offre più garbo che muscoli. Dunque, tanta eleganza, unita alla freschezza, ai fiori bianchi, alle sensazioni agrumate, alle note della fragolina, del lampone e del ribes.


Signorilità e generosità, che ritrovo all’assaggio, con l’innesto della texture minerale, che conferisce ulteriore seduzione ad un sorso, la cui complessità e profondità superano, di gran lunga, un aperitivo disimpegnato.

giovedì 11 febbraio 2016

Castelbufalo vince al Festival


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Franco Moris con il suo fantastico Castelbufalo

Tra le tante bufale che si aggirano nei dintorni dell'Ariston questa è decisamente la migliore. Molte quelle che sono scese da Cuneo, ma quelle di Franco Moris non le batte nessuno. Ne avevo già parlato qui, ma di mozzarelle di bufala buone, in Italia ce ne sono diverse, e non necessariamente campane, anzi, quelle di Caraglio non sono seconde a nessuno, e perfino tipicamente prealpine.

La filiera, al caseificio Moris, consente di fare ogni cosa con bufale e bufali, anche tentare un esercizio virtuoso come questo, e cioè "inventare" il Castelmagno di bufala. Diversi gli esperimenti, diversi i tentativi andati a vuoto, e poi finalmente questo, da latte di bufala di Caraglio lavorato in loco e poi portato a stagionare lassù, in alta valle, a Castelmagno, per 19 mesi

Il risultato ricorda le migliori edizioni del festival del Castelmagno, quelle degli anni '80 e '90. quando la stagionatura paziente consentiva al formaggio di prendere almeno cinque sfumature di colore e di sapore, e soprattutto non diventare gessoso come siamo, ahinoi, abituati alla contemporaneità di questo grande formaggio piemontese, mediamente molto sceso di qualità negli anni 2000.


Cari amici cuochi e ristoratori piemontesi e liguri. Fatevi due passi a Caraglio,  e andate a provare questi formaggi. Il Castelbufalo vale il viaggio, finché ne resterà, di quelle poche forme prodotte, e che il gentile Franco Moris mi ha consentito di assaggiare nel suo punto vendita Sanremese, a 20 metri dall'Ariston: scelta vincente. Nulla è come sembra, neanche Dolcenera il giorno dopo, invece questo è proprio tale e quale.

Stavolta voglio spaziare tra robiola e scamorza ... 

... il mio abbinamento trasversale, che sa di pastorizia, e di carta ig

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mercoledì 10 febbraio 2016

Sono sparite le mosche


AAA

Se andate a Parigi, non potete trascurare una gita fluviale sulla Senna a bordo di un “bateau-mouche”. È forse l'accostamento più nobile per la fastidiosa mosca, frequentatrice di deiezioni pregne di coliformi fecali, famosa per aver provocato l'antica proverbiale pazienza di Giobbe con l'incessante posarsi sul suo naso. Essa è anche protagonista di un film del 1986, La mosca di David Cronenberg, che vinse l'Oscar al miglior trucco nel 1987. 

E giocare a mosca cieca? Oppure ai similari acchiappino o nascondino? Per puro caso è anche il nome della capitale della Russia, ma Mosca era in origine un villaggio che prese la denominazione dal fiume che anticamente la lambiva, la Moskvà.

Non contenta degli immeritati risultati ottenuti, la mosca (simbolica), certamente non per merito suo ma grazie a qualche umano disinvolto o addirittura incosciente, è sbarcata nell'Olimpo delle bevande tuffandosi nella Sambuca, un liquore sciropposo a base di anice stellato e distillato di fiori di sambuco. 

La solita leggenda risale agli anni della “Dolce vita” in un bar di Via Veneto a Roma, ove un buontempone gettò qualche chicco di caffè nella Sambuca del vicino, gridando alla mosca nel bicchiere. Prendiamo nota che ormai è un rito amato da molti estimatori di questo liquore, riscontrando che sono altrettanti coloro che correggono il caffè con la Sambuca in un simbiotico matrimonio.



Ma in agguato vi sono i venditori di cialde pronte, da usare con macchine appositamente prodotte, che inibiscono l'utilizzo tradizionale del macinino che frantuma ad hoc i chicchi profumati, che amerebbero fare, a richiesta, anche le mosche in un bicchierino di Sambuca.

È una moda che sta prendendo piede velocemente, lasciando delusi e costernati i richiedenti della Sambuca con mosca. Ma c'è un vantaggio. Se nei locali sprovvisti di macinino da caffè, notate nella minestra un esserino scuro, siete certi che è una mosca vera o qualcosa di similare. Ma purtroppo piove sul bagnato, in quanto anche per gli amanti del caffè corretto Sambuca, c'è per loro la novità sconvolgente di cialde al caffè aromatizzato sambuca (esse minuscola, sic), ma consolatevi, è all'aroma naturale. Sicuro?
AAA

martedì 9 febbraio 2016

La Guida Vini che vorrei


gdf

Mi è successo alcune volte di essere stato il primo ad entrare in un nuovo ristorante, quindi senza essermi avvalso di una Guida per arrivarci; ma non mi da neppure fastidio arrivare dopo, se ne vale la pena, anche quando il tovagliolo non è più immacolato.

Quando entro in un ristorante -tra i convenevoli d'abitudine- ho l'abitudine di buttare un occhio in giro per verificare se esiste un angolo libreria, oppure una postazione web.

Un'altra cosa che faccio come un tic, se questo è a vista, è sbirciare il librone delle prenotazioni -quasi sempre sponsorizzato da Ca' del Bosco-  per sapere se ci sarà compagnia in sala, e anche per intuire come andranno realmente le cose nei giorni successivi o se c'è stato movimento nei giorni precedenti, al di là dei buoni propositi del proprietario.

E' importante sapere se il ristorante lavora veramente o fa solamente 80.000 click dove è stato spinto allo sfinimento, inutilmente, e magari a pagamento.

Normalmente, l'angolo libreria, è scarsamente fornito di libri di cucina, e quando ci sono, sono quasi tutti di famosi chef francesi. E' pure evidente la quota importante di edizioni di diverse guide, sulle quali domina -quando il ristorante vi è recensito- la Guida Michelin. Sono quasi sempre almeno cinque le edizioni esposte, quando non di più.

Entrando in una piccola cantina, o in un'azienda vitivinicola di medie dimensioni, non essendovi libroni Ca del Bosco ... per le prenotazioni, ma solo -quando c'è- una lista privata degli appuntamenti del giorno, ho ancora più tempo, tra un bicchiere e l'altro, di osservare quale siano le letture preferite dei proprietari o di chi ci lavora per loro.

Le letture più gettonate qui sono abbastanza diverse, nel senso che sono i giornali e le riviste di vino a dominare la scena; con, in evidenza, le testate che hanno parlato in epoche più o meno recenti dell'azienda in questione. In seconda battuta ecco splendide opere editoriali, questa volta non francesi ma prioritariamente in lingua inglese. E le Guide.? Beh, non è che se ne vedono molte. Normalmente non più di tre, che possono essere quella del Gambero Rosso, quella de L'Espresso e quella del Touring, nell'ordine di presenza quantitativa per quanto concerne la mia privata statistica.

Cosa vorrà significare ciò? Bha, forse che i produttori preferiscono leggere dei bei racconti di persone che fanno il vino? Il tutto corredato da belle foto, e dove la noiosa parte tecnica rimanga assai marginale.


Per l'utente il punto di vista è ancora diverso, perché, se è vero che esistono ancora bevitori che vogliono essere rassicurati, credo che la maggior parte voglia scoprire vini che parlino di persone e di terroir, non importa con quale classificazione numerica. Prioritario oggi è il prezzo e una storia da raccontare, con un minimo di scansione tecnica, per i neofiti, necessaria.

A me, sui temi della tavola, l'editore chiede cose nuove e democratiche, mettendo in un angolo privilegiato i top, che nella ristorazione sono quasi sempre proporzionati alla qualità complessiva espressa nel piatto e del prezzo esibito in conto.

Per il vino è diverso. In casa ci portiamo un flacone ben confezionato, con dentro un liquido idroalcolico da cui aspettarsi una qualità conforme al prezzo, da versare nel tuo bicchiere, senza margini di allure dato da ambiente o servizio. Spesso non è così. Una bottiglia da 200 euro o più può deludere ben più di una cena di pari prezzo al ristorante.

Un Aston Martin usata ti interessa ancora?


gdf


lunedì 8 febbraio 2016

Ufficio oggetti smarriti


del Guardiano del Faro




A pensarci bene non ce ne sono molti di oggetti che si possono dimenticare facilmente al ristorante. Le chiavi della macchina no, se no come te ne vai. Quelle di casa neppure, perché le lascio in macchina. L'auto neanche, se ti ricordi dove l'avevi parcheggiata. L'ombrello si, ma solo se durante il pranzo ha smesso di piovere. La giacca neppure, perché se no dove lo infili il portafogli dopo aver sistemato il conto. Il telefono? Beh, quello si, ma appena te ne accorgi sai dov'è, e quindi ritorni a recuperarlo. Le Signore rischiano molto di più, perché andando in bagno a lavarsi le mani, alcune hanno l'abitudine di posare sul lavandino anelli ed orologio ... ahi ahi ahi ...

Elena, proprietaria della Trattoria Guallina
Tra le mie disattenzioni, la più fastidiosa fu targata Pinerolo, dal Maurilio Garola della Ciau del Tornavento, dove dimenticai una valigetta 24 ore piena di documenti. Vabbè, poco male; ci tornai 24 ore dopo a mangiare un altro paio di piatti, proprio per non girare a vanvera 48 ore. Volendo individuare l'oggetto più dimenticato non ci sono comunque dubbi: sono le sciarpe le più smarrite.

Alla presentazione dell'ultima Guida Touring a Milano, vengo avvicinato da una gentile signora che esordisce così: scusi, lei è il Guardiano del Faro? Anche ... mi dica... Sono Elena della Trattoria Guallina di Mortara... sette-otto anni fa ha dimenticato nel mio ristorante uno spolverino. Ah, e posso tornare a riprenderlo? Non so, dipende se lo ritrovo ... Apperò, proprio sfigato quello spolverino, abbandonato e nuovamente smarrito.


L'ampia scelta alla carta, con in evidenza i prodotti dei Presidi Slow Food

Smarrita è rimasta anche quella recensione, scritta a suo tempo sul forum del Gambero Rosso, ma finita dentro lo sciacquone della memoria digitale di quel sito. E' quindi venuta l'ora di chiudere il cerchio: tornare nella campagna pavese, in Lomellina, poco fuori Mortara, alla Trattoria Guallina, alla ricerca dello spolverino smarrito nel 2008, ma soprattutto per ricominciare un altro gioco dell'oca.



La sala principale

Notevole la carta dei vini, per numero di etichette e per profondità di annate.
Molta Italia, con particolare attenzione ai territori circostanti, ed uno sguardo alla Francia con focus sulla zona di produzione del Sauternes, vino d'elezione per l'abbinamento con il foie gras, ma se per esempio, volete farvi servire una verticalina di Masseto ... Beh, questo potrebbe essere il posto giusto

Un profumato e coloratissimo Cruasè dall'OltrePo

Culatello di Zibello strepitoso

Vitovska di una decina di anni di maturazione.
Orange wine da tutto pasto

Delicata crema di ceci, gamberi scottati ed erbette

L'intenso patè d'oca maison

Le sarde in saor, piatto che sta -giustamente- tornando "di moda" in molte trattorie del nord Otalia

Appagante rognone di vitello al Marsala con porri stufati

Sfiziose scaloppine di foie gras caramellizzate all'Armagnac

Il robusto raviolone di erbette e ricotta, tartufato e condito con burro noisette ...

... con sorpresa di tuorlo d'uovo

Quattro formaggi di grande personalità ...

... da abbinare con un ottimo Marsala

Mousse al cioccolato, giustamente poco dolce e molto soffice

Piccola pasticceria maison




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domenica 7 febbraio 2016

Ivrea prima della battaglia delle arance


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Curiosa esperienza -quella del giorno prima- per chi non conosce le abitudini degli indigeni. Eporediesi si chiamano, ed amano prendersi ad arance in faccia, alla faccia del Carnevale. Il giorno prima il set è così, pronto per la rissa, La battaglia deve ancora cominciare, si rischia poco oggi, mentre i proprietari degli edifici lungo il percorso della sfilata battagliera, hanno pensato bene di proteggere il lavoro dei decoratori con enormi reti, dove non è raro trovare incagliato qualche passante, finito nella nassa.

Chiese, palazzi, abitazioni, negozi, vetrine, parcheggi ... tutto quanto protetto da altissime reti, a limitare i danni da spremuta violenta da arancia meccanica. Ma oggi si rischia poco, salvo farsi tentare dagli improvvisati -ma nello stesso tempo organizzatissimi- spacciatori di hamburger e  panini con la porchetta ... e no, non ci avrete, perché ad Ivrea c'è sempre il Blu Pum degli Scabin, con novità.







Reti altissime per limitare i danni ...


Dietro la rete di protezione, non facile da evitare per non fare la fine delle triglie, c'è il Blu Pum rinnovato, non tanto nell'aspetto o nell'arredamento, ma nella struttura della gestione, ora in mano solo agli Scabin, senza i vecchi soci, e rinnovato nella proposta di mezzogiorno, più agile e servita nella parte alta del locale, mentre la carta più ampia della "trattoria", a parte il sabato, è riservata al servizio serale. Certo, impossibile non fare riferimento a ciò che Davide e Barbara hanno subito di contraccolpo dopo l'uscita dell'ultima Michelin. Un solo commento trapela " Così hanno aperto la gabbia al leone". 


A pranzo va orgogliosamente in scena la gustosa e vivace cucina ignorante




Profumato, certo, ma anche molto secco e dalla freschezza acida prorompente

La buonissima zuppa di cipolle e salame di patate

Esemplare insalata greca

Saturanti costine di maiale al sugo di pomodoro e peperoni su polenta arrostita

Intensa anche la zuppa di cotenne, testina e legumi ...

Tre pezzetti, solo tre, ma tutti ottimi, con toma delle Valli di Lanzo in evidenza

Finezze con il caffè

Qui le mosche non sono ancora sparite

30 euro a testa ... ci sta ...

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